Giovanni Sessa (Milano, 1957) ha insegnato filosofia nei licei e ha tenuto corsi in alcuni atenei italiani. È segretario della Fondazione Julius Evola. Proprio al filosofo ed esoterista romano ha dedicato uno studio intitolato “Julius Evola e l’utopia della tradizione” (Oaks Editrice, 2019). Un altro importante saggio, sulla filosofia di Andrea Emo, era stato pubblicato dal nostro autore con il titolo “La meraviglia del nulla” (Bietti, 2014). Altro lavoro rilevante per comprenderne il percorso intellettuale è stato “L’eco della Germania segreta” (Oaks Editrice, 2021). Proprio da quest’ultimo studio prende le mosse il saggio di cui ci occupiamo in questa sede, uscito di recente per Oaks, dal titolo “Icone del Possibile. Giardino, bosco montagna”, con prefazione di Massimo Donà e Introduzione di Romano Gasparotti (docenti dell’Università Vita-Salute San Raffale di Milano con i quali il prof. Sessa trova da anni una profonda sintonia di pensiero).
Il pensiero basato sulla natura
La visione che anima “Icone del Possibile” consiste in un ritorno sulla scena filosofica del lógos physikós, il pensiero basato sulla natura – potente riemersione del sentire dei filosofi aurorali nella Grecia arcaica, i quali, prima che Platone e Aristotele gettassero i germi della decadenza metafisica, avevano conservato un contatto diretto e dialogante con la natura (intesa, appunto, come physis). Natura come vita pulsante, forza che spinge al cambiamento, eterno tentativo – sempre disatteso – di dare forma compiuta ad un eterno principio che è di là dalle forme (pur vivendo in ognuna di esse), unica trascendenza. In tale contesto, la natura non è approcciata come fondo illimitatamente sfruttabile, consegnata all’uomo dal dio della Bibbia affinché se ne serva per i propri scopi terreni. Dunque, natura come oggetto, res extensa, disanimata, semplice teatro dell’agire umano – una visione che l’uomo moderno non rifiuterà; anzi, egli giungerà al completo fisiocidio, alla totale dimenticanza del senso originario della physis, di là dalle forme che appaiono. Ma anche se agiamo continuamente su di essa, per lo più violentandola, non abbiamo in effetti alcun vero potere.
Nel giardino, nel bosco e nella montagna, il nostro autore, anche per via di esperienze personali, rinviene tre luoghi archetipici i quali, vissuti con apertura e dedizione, possono riattivare il senso perduto della physis.
Potenza distruttrice e creatrice al tempo stesso – creatrice “in quanto” distruttrice e viceversa; sintesi di materia e spirito, cielo e terra, caos e forma, un vertiginoso pensiero dell’unità che nel corso dei secoli ha avuto interpreti di rilievo, puntualmente evidenziati nel volume. Uno di questi fu Johann Wolfgang von Goethe. Egli seppe infondere, da vero uomo “integrale”, in ogni sua attività – poeta, romanziere, scienziato, statista – l’idea originaria della natura, che ci avvolge e ci impregna di sé – noi incapaci di uscirne, ma anche di penetrare più addentro. Essa ci afferra continuamente nel vortice della sua danza, preme verso il mutamento; ma noi, dormienti nelle nostre forme ordinarie, lasciamo che questo processo ci travolga passivamente, finché forse un giorno, stanchi della nostra condizione servile e presi da un rinnovato coraggio, scioglieremo il nostro ego illusorio tra le sue braccia.
Essa ripropone continuamente l’originario in forme sempre nuove, eterno ritorno del principio di libertà che parla a noi da ogni angolo, senza però tradire mai il suo segreto (e come potrebbe?). Dapprima l’uomo è avvolto nella tenebra, inchiodato alla terra; ma poi è spronato continuamente a vincere nella luce, attraverso imprese sempre nuove. Eterno divenire, moto perenne – eppure la natura sembra non compiere alcun passo in avanti: ogni primavera è al tempo stesso uguale e differente dalle altre. Le sue creature, suscitate dal nulla, non sanno da dove vengono né dove vanno.
Riscoprire le radici
Compito degli intellettuali come Giovanni Sessa è allora ricondurre l’uomo alle proprie radici, riaffermando la potenza del lógos physikós contro la logica immobilizzante del pensiero metafisico, che pone la verità “altrove” e tende a fissare gli enti, a distanziarli e differenziarli, fondandosi sul principio di identità e non contraddizione. Secondo questa impostazione, dunque, gli enti sono ridotti a quello-che-sono, a ciò che appare fenomenicamente; sono esperiti come rigida e gelida presenza, ci si pongono innanzi per essere adoperati e manipolati, sul piano conoscitivo e pratico. In questa prospettiva, viene del tutto escluso che gli enti possano essere anche ciò che NON mostrano di essere e che l’occulto e il velato possano valere tanto quanto ciò che si manifesta (se non di più).
Fissare l’attenzione sull’ente smarrendo il senso dell’essere è stata anche la tesi di fondo sulla filosofia occidentale che ha avviato la riflessione di Martin Heidegger a partire da “Essere e tempo”; riflessione proseguita poi mettendo al centro la questione della tecnica moderna, che ha imposto definitivamente al pianeta un contatto puramente meccanico e omologato con l’ente.
L’uomo moderno concepisce gli enti come “reali” e riduce il mondo a un insieme di cose indipendenti. Il processo conoscitivo prende le mosse quando quest’ultime si presentano alla coscienza del soggetto che le osserva e le rappresenta. Questo modo di vedere l’essenza dell’ente, seppure valido per le scienze moderne, non può comprimere le molteplici modalità in cui “si danno” gli enti. La “realtà”, la stabile presenza, è solo “un modo di essere” tra gli altri. Questa realtà va resa ora nuovamente fluida: obbedendo all’impulso della physis, testimoniando la nostra appartenenza ad essa, dare forma sempre più compiuta e luminosa al nostro essere; superando la forma (meta-morfosi), imprimere al divenire una forma più elevata, nella quale risplenda e traspaia l’eterno mistero della physis.
Il libro di Giovanni Sessa vuole essere un invito a ripensare il contatto con l’altro, rimuovendo l’ordinario intorpidimento, partecipando al richiamo della physis in modo diretto e iniziale, slegandosi dall’uniformazione e dal meccanicismo che la società di massa impone brutalmente.