Pubblichiamo un estratto della prefazione di Giovanni Sessa, Metapolitica. Escatologia religiosa e civile in Silvano Panunzio, al volume di Silvano Panunzio, Che cos’è Metapolitica, a cura di Aldo la Fata, Solfanelli, Chieti 2023, pp. 208, euro 15
Sostanzialmente, la Metapolitica è una disciplina che precede e supera la Politica. Dalla Germania e dall’Europa centrale, un’eco di tali posizioni raggiunse De Maistre, il quale la lesse come “metafisica della politica”. Il senso del termine, ha circolato, a dire di Panunzio, nelle opere di molti autori nel corso dei secoli: da Agostino a Gioberti, da Berdiaev a Sturzo. Chi intese correttamente i contenuti della Metapolitica ebbe, però, contezza che essa non ha tratto, sic et simpliciter, religioso, ma possiede anche valenza civile.
Sostanzialmente, la Metapolitica è una disciplina che precede e supera la Politica. Dalla Germania e dall’Europa centrale, un’eco di tali posizioni raggiunse De Maistre, il quale la lesse come “metafisica della politica”. Il senso del termine, ha circolato, a dire di Panunzio, nelle opere di molti autori nel corso dei secoli: da Agostino a Gioberti, da Berdiaev a Sturzo. Chi intese correttamente i contenuti della Metapolitica ebbe, però, contezza che essa non ha tratto, sic et simpliciter, religioso, ma possiede anche valenza civile.
Lo comprese, quale vero e proprio iniziatore di tale disciplina, Platone. L’Ateniese, animato da vis metafisica, pensò la realtà umana articolata dal basso verso l’alto. Per la qual cosa, ritenne la stessa dimensione politica, dover essere anagogicamente trascesa. Come riconosciuto da Werner Jaeger, a Platone: «mancava solo il lievito profetico del Cristianesimo». La Città platonica in Agostino si fece specchio della Città di Dio, quindi: «Metafisica e Metapolitica sono […] gemelle».
La Metapolitica mira all’archetipo della trascendenza riflesso nella storia, è metafisica in atto. Panunzio la definisce in modo lapalissiano: «è il disegno architettonico che, con l’ideazione e collaborazione dei Cieli, gli uomini si sforzano di compiere in Terra vincendo le resistenze inferiori». L’ideale agostiniano fu rinverdito dall’escatologia cristiana, che trovò ascolto in Campanella e, più tardi, in Bossuet e Solov’ev.
Panunzio in Che cos’è Metapolitica, affronta il tema del bìos theoretikòs che, nel mondo antico, fu messo in discussione da Dicearco con la rivalutazione della frònesis. A tale posizione, nel mondo romano, tra gli altri, fu prossimo Cicerone, il quale intese il filosofare quale servizio: «per un’organizzazione attiva della vita», tentando di riavvicinare Platone a Licurgo, in nome del primato del bìos politikòs. Per Panunzio l’autentica Metapolitca, può invece essere colta solo nella dimensione profetica atta, a suo giudizio, a realizzare il: «bìos sìnthetos che non è […] un magro compromesso, ma una fusione originale […] della sophia e della frònesis[…] nel nuovo genio dell’Uomo universale». Tale affermazione, chiarisce come la visione del mondo di Panunzio sia eminentemente una teologia della storia.
[…] A questo punto è bene chiedersi qual sia per Panunzio la reale funzione della Metapolitica.
Egli attribuisce due compiti essenziali alla Metapolitica. 1) Sviluppare in termini organici e analitici la critica della modernità; 2) Ricostruire il disegno divino in terra. Gli uomini dovrebbero preliminarmente riconoscere la necessità di compiere tabula rasa del presente, in vista di una rinascita. Anzi, Panunzio è fermamente convinto che saranno gli agenti “della mano sinistra di Dio”, le forze che hanno prodotto la lacerazione moderna, a farla implodere. […] La visione panunziana della storia mira a un fine, è centrata sull’: «ottimismo finale, ma trascendente».
Nella sua prospettiva, Dio tollera i “demoni”, solo in vista della loro azione inconsapevole, in vista della catarsi finale. La strutturazione del percorso storico è centrata sull’intersezione di tre piani diversi: terrestre, celeste e infero. Gli spiriti agenti nel mondo sono tanto catagogici, quanto anagogici. I primi mirano a degradare la natura umana a quella ferina (in questo, evidenti “segni dei tempi” sembrano confermare le tesi di Panunzio), i secondi spingono verso l’alto l’uomo, verso il conseguimento della natura angelica. Tale duello tra forze celesti e infere è millenario. Il tempo attuale è pero l’Età Ultima, siamo al momento “decisivo e finale” della crisi. In tale contesto, l’unico obiettivo da prefiggersi è la salvezza delle anime, altro non si può fare. […] Pertanto, la Metapolitica è Escatologia acquisita, e quest’ultima è Metapolitica ispirata dai Profeti che l’hanno rivelata nel simbolo. […]La Metapolitica include in uno metafisica, escatologia e politica: è quadridimensionale. […] Per questo, i temi centrali della Metapolitica sono i due Soli, Impero e Chiesa. La romanitas, con il lascito imperiale, rappresenta la perfezione umana, la christianitas mira a realizzare la perfezione che discende da Dio. Cristo, essendo vero uomo e vero Dio, è autenticamente “romano”.
[…] Per comprendere appieno la lezione panunziana è bene tener in debito conto la distinzione tra Metapolitica e Criptopolitica. In questo senso, la Politica va interpretata come una prima linea alla quale si può pervenire dal basso o dall’alto, al servizio delle forze infere o di quelle sùpere. In antico, l’iniziazione regale introduceva al piano propriamente metapolitico. La secolarizzazione delle organizzazione che presiedevano all’iniziazione, ha dato luogo al sorgere di partiti e di sindacati. Si è giunti, lungo tale via, alla Criptopolitica. La vera Criptopolitica collima: «con le manovre della Guerra occulta e con le trame mondiali della Sovversione». Vi è poi la Criptopolitica elementare (appendice della politica militante), che è diretta dalla Criptopolitica ufficiale. L’unica risposta seria a tale condizione, è il riferimento alla Metapolitica, i cui tempi di realizzazione sono lunghi, anche se, l’intervento dai Cieli, data la situazione generale, prevedibilmente, non tarderà molto a manifestarsi. Chi guardi, calandosi nella politica, alle forze dei Cieli e sia da esse guidato, mostrerà inusuale consapevolezza, e sarà disposto, perfino, all’estremo sacrificio. Nella fase attuale tali uomini devono necessariamente operare nella dimensione intellettuale e radicarsi nella “Tradizione Universale”: «Un vero risorgimento iniziatico non può procedere dal basso, dall’umano, per quanto rettificato e reintegrato».
[…] Mentre i Profeti vetero-testamentari puntavano sul Messia, il nuovo profetismo panunziano ha tratto micaelico. Michele Arcangelo è profeta del “Cristo venuto” e del “Cristo ritornante”. All’inizio dei tempi fu Melchisedech, alla fine Mikael. […] Per “rinnovarci” nella Tradizione, dobbiamo divenire Mikael, partecipare della sua natura angelica, trasfigurarci.
[…] In altra opera, Panunzio si è fatto latore della necessità di riformare il “tradizionalismo integrale”guénoniano. Condividiamo pienamente la sua intenzione. La sua idea di riforma in senso escatologico e cristiano del “tradizionalismo integrale”, non è però la nostra. […] Chi scrive, ritiene certamente che lo “spirito geometrico” e di sistema di Guénon debba essere vitalizzato dallo “spirito di finezza”. Tale qualità era viva e presente nella tradizione Misterica greca, in particolare nel dionisismo che mai, nell’atto aristotelicamente inteso, pensò di normare e tacitare la dynamis, la potenza-libertà del principio. Pertanto, qualora esistesse un esoterismo cristiano, centrato sull’idea di un dio che muore e rinasce, “potente” e “sofferente”, sarebbe debitore e succedaneo dei Misteri antichi, a cui è necessario tornare a guardare oltre le scolastiche tradizionaliste. Inoltre, pensare al Principio in termini di non, in termini di negazione, ci porta lontani dalle prospettive di filosofia della storia e di teologia della storia, come quella panunziana. Per chi abbia una visone tragico-dionisiaca, il mondo è appeso al Principio libertà-potenza. Nella storia e nel tempo l’origine è sempre possibile (la potenza è possibilità) a condizione che l’azione umana sia convenientemente sintonizzata su di essa. In caso contrario, a nostro parere, l’origine può andare incontro al suo definitivo oblio, senza che per questo la storia abbia fine. Non vi è, a parere di chi scrive, una fine predeterminata del percorso storico. Siamo prossimi alla concezione aperta e non necessitata del tempo. Concezione sferica, non ciclica: fu ri-affermata, negli anni Ottanta del secolo scorso, da Giorgio Locchi, stante le lezioni in tema di Nietzsche e Heidegger .
La riforma del tradizionalismo di Panunzio ha esito escatologico, soteriologico, teologico-storico. La nostra proposta, al contrario, guarda al primo Evola (e all’ultimo, quello di Cavalcare la tigre), per suggerire la possibile fuoriuscita del pensiero di Tradizione dal necessitarismo storico-temporale.
Nonostante ciò, consigliamo vivamente le pagine di Panunzio, eleganti nello stile e stimolanti nei contenuti. Dal confronto con uno studioso di tal fatta si esce sempre arricchiti, a prescindere dalla propria visione del mondo.
una nota bio-bibliografica di Silvano Panunzio ci sarebbe stata bene, credo…