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Home Cultura

Quando camminando il poeta e il viandante cercano in silenzio i campi d’oro

Gli haiku di Sabrina di Seclì e di Cosimo Rodia letti e interpretati dal poeta ecologista Sandro Marano

by Sandro Marano
27 Giugno 2023
in Cultura
0

«Scrivono versi
il poeta e il viandante
tra campi d’oro»

«Il vento soffia
con rabbia sugli alberi
dorme un uccello»

Questi due haiku sono tratti dalla raccolta “Haiku”, scritta a quattro mani da Cosimo Rodia e Sabrina Di Seclì e pubblicata nella collana di poesia di Interzona news con il bel dipinto di copertina e i disegni interni di Gabriella Rodia. Realismo e simbolismo, meditazione e religiosità si fondono e si confondono in questi versi.
Il primo haiku è di Sabrina Di Seclì, laureata in economia del turismo ed autrice di favole per bambini e brani musicali. La poetessa ci suggerisce un suggestivo accostamento tra il poeta e il viandante. Il loro camminare non è un mero esercizio fisico, un’attività sportiva e salutista, ma un viaggio interiore, un andare osservando che è un cercare, e quel che si cerca è sempre la verità, cui sembrano alludere i “campi d’oro”. Ricordiamo, en passant, un brevissimo e magnifico testo di Christian Bobin intitolato “L’uomo che cammina”, dedicato alla figura di Gesù, in cui l’autore lo identifica e lo tratteggia non con un nome, ma con un gesto, che è per l’appunto il camminare. Ed Henry David Thoreau, precursore dell’ecologismo, nella sua conferenza tenuta al Concord Lyceum il 23 aprile 1851, successivamente pubblicata col titolo “Camminare”, scriveva: «Penso che non riuscirei a mantenermi in buona salute, sia nel corpo che nello spirito, se non trascorressi almeno quattro ore al giorno – e generalmente sono di più – vagabondando per i boschi, per le colline e per i campi, totalmente libero da ogni preoccupazione terrena».
Il secondo kaiku è di Cosimo Rodia, docente, poeta, saggista e direttore del portale di letteratura, arte, musica, costume e società Interzona news. Qui l’autore mette a confronto il vento che soffia con rabbia, che sembra alludere ai mille impegni e alle mille cure della quotidianità, da cui siamo presi e che ci estraniano dal nostro autentico Sé, con la tranquillità, la sicurezza, la solidità degli alberi che proteggono il sonno degli uccelli. Da dove deriva questa tranquillità, questa sicurezza, questa serenità di fronte alle bufere della vita? «Rispetta gli alberi e la loro saggezza / di avere radici buie e di puntare al cielo», ci ricorda il poeta Giuseppe Conte, nella sua poesia “E non dimenticarti mai del mare”. Ed è vero. Senza radici, senza memoria, non solo perdiamo la nostra identità, ma non siamo nemmeno in grado di affrontare le difficoltà della vita. Restiamo, per dirla con Mogol e Battisti, «preda dei venti».

@barbadilloit

Sandro Marano

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Tags: cosimo rodiahaikusabrina di seclìsandro marano

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