“(…) Stipati nella stiva soffocante, con il collo ammanettato e i corpi tormentati da dissenteria e vaiolo, 320 schiavi africani: 223 uomini e 97 donne. Rapiti dai loro villaggi, ora sopportano le condizioni infami di un tragitto di 4.000 miglia verso Cuba. Migliaia di altri come loro avrebbero potuto trascorrere il resto della vita come schiavi se non fosse stato per il coraggio degli uomini della HMS Pickle e delle altre navi della West Africa Squadron della Royal Navy, task force costituita nel 1808 per supportare l’abolizione dello spregevole commercio. …Fra il 1840 e il 1850, le operazioni britanniche contro la schiavitù coinvolsero 36 navi e 4.000 marinai…eppure oggi sentiamo poco parlare del loro lavoro, oscurato dalle critiche al ruolo della Gran Bretagna nella tratta degli schiavi.
…Nel luglio 1823, un ufficiale della Royal Navy, Cheesman Binstead notò un numero spropositato di squali mentre la sua nave, HMS Owen Glendower, pattugliava i mari al largo dell’Africa occidentale. I suoi superiori spiegarono che una nave intercettata aveva gettato il suo carico umano in mare e nelle fauci dei predatori”: l’articolo di David Leaf è del 22 aprile 2023 su Mail on line. Evitiamo sarcasmi ma si nota una punta di orgoglio fuori luogo. Prima i Brits generano il mostro della tratta degli schiavi poi tentano di debellarlo dicendo: “Visto quanto eravamo bravi? Le altre nazioni perché non facevano come noi? Nessuno ci dà merito.”
Protetta da una spessa lastra di cristallo una targa al British museum (che ha ostracizzato il suo fondatore Il medico e naturalista Hans Sloane per i suoi legami con lo schiavismo) recita:
“Britain è stato uno dei paesi protagonisti nel commercio degli schiavi; contro la loro volontà milioni di Africani furono ridotti in schiavitù, trasportati a forza nelle Americhe. Molti di loro lavoravano in condizioni brutali nelle piantagioni di canna da zucchero. I profitti diretti in Europa insieme alle merci erano enormi. Dopo l’abolizione della schiavitù i proprietari di schiavi furono compensati economicamente per la perdita di ciò che veniva considerato di loro proprietà.”
Intanto l’ex giornalista della Bbc Laura Trevelyan ha chiesto a King Charles di scusarsi per il coinvolgimento nella tratta degli schiavi; lei si è recata a Grenada e ha “recitato” le scuse formali a nome della sua famiglia agli isolani discendenti dagli schiavi. Ha annunciato l’istituzione di un fondo per l’istruzione di 100.000 sterline prelevato dai suoi stessi risparmi. Alcuni suoi avi avevano posseduto almeno un migliaio di schiavi sull’isola caraibica…
Trevelyan ha dichiarato a The Times: “Noi ci siamo scusati, perché il re non può fare lo stesso? La resa dei conti sta arrivando”. E ha aggiunto: “La prosperità economica della Gran Bretagna, e in particolare la rivoluzione industriale, furono costruite sulla ricchezza accumulata attraverso la schiavitu. Penso che sia necessario andare oltre alle scuse”.
Paolo Valentino su Il Corriere della Sera, 21 aprile scorso: “Nel 2021 il governo tedesco ha chiesto perdono per i «crimini della Germania coloniale» in Namibia ai primi del Novecento.
Le scuse più nette sono state quelle del premier olandese Mark Rutte: «Per secoli, l’Olanda ha reso possibile, stimolato e approfittato della schiavitù. L’Olanda porta la responsabilità delle immense sofferenze causate agli schiavi e ai loro discendenti». Ignoro se Rembrandt sapesse dell’ ignominia.
Mentre Il Corriere della Sera: “La Spagna si rifiuta di presentare scuse pubbliche per il passato coloniale, il commercio degli schiavi o il genocidio dei Maya e degli Aztechi, nonostante richieste formali di Messico e Venezuela. Identico rifiuto da parte del Portogallo. E di scuse ufficiali, che farebbero scattare la questione degli indennizzi, non vuol sentire parlare il re del Belgio, Filippo, che tuttavia ha espresso «profondo dispiacere» per i milioni di vittime causate in Congo dal terrore imposto dal suo antenato Leopoldo II”.
Il coperchio è stato sollevato ma chiedere scusa costa un botto di quattrini, e gli europei lo sanno.
Fino alla Rivoluzione Industriale ed all’introduzione delle macchine (fondamentali le navi a motore) sempre c’è stata schiavitù. A volte non denominata come tale. Forse che la servitù della gleba, abolita in Russia solo 150 anni fa, ai tempi di Alessandro II, non era schiavitù? Fondamentale è stata l’economia, non l’etica, non Lincoln. L’emigrazione europea ha sostituito in gran parte la schiavitù, soprattutto nelle Americhe. Al tempo della schiavitù in Brasile, abolita solo nel 1889, molti schiavi appartenevano agli Ordini Religiosi, alla Chiesa…
Oltre a quello europeo ci fu la tratta degli schiavi africani subsahariani dei mercanti arabi prima dell’ islam. Chiederanno scusa quei Paesi?
In Arabia saudita e monarchie del Golfo la schiavitù fu legale fino a pochi anni fa.
La pratica della schiavitù era ampiamente diffusa anche in Africa. Le varie tribù si facevano la guerra per fare prigionieri da costringere al lavoro. Poi apparvero i mercanti arabi di schiavi, che li acquistavano e rivendevano ai negrieri europei. Nel frattempo i pirati musulmani facevano prigionieri molti europei, cedevano le donne agli harem, facevano lavorare i maschi nelle galere quando non li eviravano per servire come giannizzeri. Quando i francesi entrarono a Tripoli, trovarono schiavi cristiani nel bagno penale. Non mi risulta che i musulmani abbiano chiesto scusa ai cristiani per tutto questo; siamo noi che abbiamo l’ossessione di batterci il petto e umiliarci.
La rivoluzione industriale è stata favorita senz’altro dai guadagni della tratta, ma è stata resa possibile dall’ingegno degli europei, che ha condotto a enormi progressi scientifici e tecnologici. Questo in un primo tempo ha comportato condizioni di vita peggiori per certe categorie di lavoratori. ma alla lunga ha nettamente migliorato il tenore di vita non solo di noi europei, ma anche dei popoli colonizzati. Con i guadagni derivanti dalla vendita di schiavi agli europei, i mercanti arabi si sono limitati ad assicurarsi un effimero benessere.
Le richieste di rimborsi da parte dei lontani discendenti degli schiavi mi sembrano infondate. Si può chiedere un risarcimento per i danni subiti da un parente stretto, non certo da un ipotetico antenato. Se si dovesse applicare il principio, chi dovrebbe risarcire i discendenti dei martiri di Otranto?
Queste giuste riflessioni, bisognerebbe farle discutendo in programmi televisivi.
Verità storiche
Bisognerebbe farle conoscere al grande publico sempre.