
Nell’ambito della geopolitica il dibattito sul multipolarismo acquisisce maggiore nitidezza alla luce dell’affermazione di scenari nuovi nei quali alcune nazioni svolgono una accentuata influenza in certe aree geografiche.
Il primato degli Usa è messo in discussione, date anche le crisi economica, sanitaria e soprattutto di identità (la cancel culture, il wokismo ecc.) che stanno attraversando. Ha il suo peso anche l’emergere di nuove realtà che, in prospettiva possono divenire veri e propri imperi, come la Cina e il suo regime capital-comunista, la Turchia, che vorrebbe rilanciare una politica con richiami storico-politici all’impero ottomano, o la Russia, che aspira a riprendere il suo ruolo di Impero.
Il numero di Eurasia 2 del 2023 (pagg. 207; euro 18; ordini: www.eurasia-rivista.com) illustra questi scenari mostrando le evoluzioni in corso. Nell’editoriale, “La terza Roma e la quarta guerra punica”, il direttore, Claudio Mutti, sottolinea, con un preciso excursus storico, la Translatio imperii da Costantinopoli a Roma, nel IX secolo, quando papa Leone III incoronò a Roma il re dei Franchi e del Longobardi, re Carlo. Il primo trasferimento geografico dell’imperium romanorum avvenne nel 330, quando Costantino fondò una sede nuova, a Bisanzio, per la parte orientale dell’Impero romano. L’excursus storico di Mutti è utile per comprendere dinamica e contenuti della nascita delle tre capitali: Roma, Costantinopoli, Mosca. Attualizzando l’interpretazione storica, l’articolo dimostra come gli schemi Roma-Cartagine da un lato ed Eurasia-Usa (con la sua appendice britannica in Europa) dall’altro si ripropongano ai giorni nostri. A interpretare questo scenario multipolare ha dato un contributo rilevante con le sue opere Jean Thiriart, militante europeista e politologo.
Il fascicolo è particolarmente ricco. Nella sezione di Geopolitica vengono analizzati la guerra in Ucraina, il ruolo della tecnica, la strategia euroasiatica di Mahan, la “guerra cognitiva” come strategia, e la guerra ambientale. Nella sezione Continenti interessanti analisi sull’attualità del Brasile e la svolta verso il multipolarismo, il percorso di pace fra Ankara, Mosca e Damasco, i rapporti fra Russia e Iran, uno studio sulla disciplina fiscale dell’Ue e l’Africa fra sviluppo e investimenti cinesi. Nella sezione Documenti, il testo di una conferenza dello studioso Johann von Leers e un articolo di Girogio La Pira su Mosca e Roma. Chiudono il fascicolo un’intervista del direttore Mutti a Mohammed Reza Sabouri, ambasciatore dell’Iran in Italia, e la rubrica di recensioni.
Non scorgo nessun vero mondo multipolare in arrivo. Sempre USA, Cina, Russia.
La geopolitica la fanno imprenditori come Tim Cook o Elon Musk che passano settimane a Pechino a curare i loro interessi con o senza l’avallo di Washington
Bisogna incominciare a pensare che le entità che contano sono extra nazionali ed extra territoriali
Del resto 1 singola di queste realtà economiche ha una capitalizzazione pari ad un Pil da G 20
Gli stati con velleità da media potenza, al momento, giocano ognuno per conto proprio e su più tavoli in una situazione che definire fluida è poco
PS Musk è a Roma con la Meloni
Accontentiamoci dell’illusione di essere importanti per il suo mercato
Walter, per noi e tanti altri è senza dubbio così, ma per Pechino no. Il capital-nazional-comunismo cinese non permette agli imprenditori di fare il bello e cattivo tempo come accade da noi. Piaccia a no, così è.
Le entità che contano sono la tecnologia e le armi. Il resto …a seguire!
Difatti si prefigurano 2 tecno capitalismi
Quello americano dove grandi Major collaborano con il Governo ( o viceversa) basta vedere il rapporto di Musk con la Nasa e quello capital statalista cinese dove è il partito a dettare obiettivi e linee di sviluppo lasciando la libera iniziativa libera di produrre utili privati solo sino a quando è funzionale e non interferisce ( vi ricordate Jack Ma che oso’ chiedere la capitalizzazione in borsa di una sua finanziaria? Ricomparve dopo un anno chiedendo scusa della sua intraprendenza)
Può piacere o meno ma Pechino è l’unico posto al mondo dove la politica ha ancora il primato sull’ economia
Poi qualunque sia il modello che risulterà vincente non mi sembra un grosso passo in avanti per la democrazia
Al momento hanno tutti e 2 più interesse a non accelerare i dissapori
Sono troppi gli intrecci economici che li uniscono
Anche chi parla di dedolarizzazione non ha ben chiaro che con il debito americano in pancia a Pechino la Cina non ha interesse ad una sua svalutazione mentre sarebbe , per assurdo, molto più conveniente per Washington
Gli altri come ho già detto sono costretti a giocare su più tavoli contemporaneamente per non essere definitivamente attratti da un magnete o dall’altro
Nulla di definito da pensare ad un multipolarismo in fase di strutturazione
La stessa piccola Taiwan , che ha l esclusiva dei conduttori di ultima generazione, ha più peso di Mosca che può solo offrire materie prime e di questi tempi a prezzi scontati (Gazprom ha diminuito del 33,% i suoi utili in un anno)
Musk per me è l’epitome del nemico, anzi, insignificante come uomo ed imprenditore, ma pericoloso per l’aura menzognera e mefitica che riesce a spargere attorno a sè, ascoltato come una ‘gretina’…