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La filosofia dei Rolling Stones

Lo studioso Massimo Donà ricostruisce le vicende del gruppo rock collegandole al pensiero europeo

by Giovanni Sessa
31 Maggio 2023
in Cultura
1
Il libro su Rolling Stones di Massimo Donà per Mimesis

La produzione libraria del filosofo Massimo Donà, già notevolissima sia in termini qualitativi che quantitativi, è stata di recente incrementata dalla pubblicazione di un   nuovo volume, La filosofia dei Rolling Stones, nelle librerie per Mimesis (per ordini: 02/24861667, mimesis@mimesisedizioni.it, pp. 141, euro 12,00). Il libro segue di qualche anno altri due testi, La filosofia di Miles Davis (Mimesis, 2015) e La filosofia dei Beatles (Mimesis, 2018). Una trilogia attraverso la quale il pensatore e jazzista conduce il lettore a cogliere i tratti filosofici della musica contemporanea. Per quanto attiene al libro di cui discutiamo, l’autore non solo ricostruisce con dovizia di particolari le vicende che portarono alla formazione del mitico gruppo delle “Pietre rotolanti” (nome scelto casualmente durante una telefonata tra Brian Jones e un giornalista: lo sguardo del chitarrista cadde sulla copertina di un disco di Muddy Waters, la cui prima traccia era intitolata Rollin’Stone), le vite sregolate dei cinque musicisti “dionisiaci”, sospese tra trasgressioni, tradimenti, uso di allucinogeni ed alcool che portò alla tragica morte di Brian Jones, ma trae dall’analisi delle loro musiche significative considerazioni teoretiche.

  Prima riflessione da farsi, ricorda Donà, è la seguente: la musica dei Rolling Stones è un’esperienza che si sottrae, e sottrae l’ascoltatore, alle distinzioni dualiste che hanno connotato di sé il pensiero europeo (essere/divenire, eternità/tempo, universale/particolare), mostrando, in tutta evidenza: «che un altro pensiero è ancora possibile» (p. 135), e che, al contrario di quanto insegnato dal logocentrismo, tertium datur. La loro musica mostra che l’universale si dà solo nel particolare, espressione: « della pura datità […] di un “immediato” che non si costituirà mai […] come “altro” dalla mediazione» (p. 139). I Rolling Stones, come gruppo, hanno costituito, dai primi anni Sessanta a oggi, pur nel differenziarsi dei componenti della band: «una vera e propria universalità vivente. Che, in quanto vivente, sarà sempre rigorosamente individuale» (p. 139). Pertanto, come nel mondo l’universale vive nelle determinazioni individuali, nelle loro musiche, ogni “assolo” si risolve nell’ onda ritmica, suscitata da tutti gli strumentisti.

 All’inizio del loro percorso, guardarono con estremo interesse ai musicisti neri del rhythm and blues. Ciò spinse Keith Richards e Mick Jagger a valorizzare un sentire dal tratto indeterminato, sintonico al darsi della “nuda vita”, all’ “immediatezza”: la stessa che il pensiero occidentale ha tentato di tacitare sussumendola nell’orizzonte “relazionale” inaugurato dal concetto e facendo, in tal modo, della predicazione centrata sul principio di non-contraddizione l’unico luogo del darsi della “verità”. Nell’idealismo e nel neo-idealismo iniziarono a mostrarsi le faglie di tale apodittica certezza. Gentile, rileva Donà, comprese che il sentimento cui guardarono gli Stones è, per antonomasia, materia d’arte. Tale sentimento, che scuote dal basso, dall’interno i nostri corpi, è indistinto, è uno. E’ qualcosa che non esclude i “diversi”, afferente a ciò che Deleuze ha definito “piano d’immanenza”. Un sentire a-finalistico, che indusse i Nostri, tanto nella musica quanto nella vita, alla pratica della dépense, del dispendio dionisiaco-poietico di cui ha detto Bataille. L’arte si sottrae al principio di utilità, ha tratto non progettuale. «Sorge da un sentire sordo e indecifrabile, privo di ragioni e di scopi, che pur tuttavia muove ogni cosa» (p. 25). Ecco, la musica dei Rolling Stones, di cui Donà analizza con persuasività argomentativa tutte le fasi, ci pone di fronte al senso delle cose, ben oltre la loro mera dimensione significante e rappresentativa.

   Il notissimo brano Satisfaction pare tradurre in riff, quanto teorizzato da Deleuze a proposito di differenza e ripetizione. In esso il riff, ripetuto sempre uguale all’infinito: «viene suonato con una ritmica sempre leggermente spostata […] La differenza è apparentemente minima ma decisa» (p. 44). Tali differenze generano l’onda musicale che: «caratterizza un po’ tutti i capolavori degli Stones» (p. 45). Essa disegna una circolarità imperfetta, in cui a mostrarsi è il senso, la dimensione ambigua, “barocca” della vita. Il differente sorge dalla ripetizione dell’identico: un identico, si badi, non concettualmente inteso, ma dal tratto liberante in forza di quelle quasi impercettibili distinzioni che donano al procedere ritmico effetti incantatori e allucinatori. Il musicista e il fruitore di tali produzioni musicali si trovano proiettati nel “mondo alla rovescia”, in cui le cose non sono mai quel che dicono di essere, e dove vige la magica possibilità dell’impossibile. L’approccio “fantastico” consente, sotto il profilo gnoseologico, di superare il limite della nostra intelligenza, che per Bergson conduce ad un’incomprensione della vita, staticizzandola attraverso le idee, i concetti.

  I Rolling Stones sono rimasti aperti all’incipit vita nova. Riuscirono a mettere in atto processi di contaminazione con molte espressioni musicali, il loro rock si lasciò alle spalle l’influenza del blues per poi recuperarla in forma nuova. Con la struggente ballad You Better Move On, si avvicinarono al pop, rivaleggiando con gli “apollinei” Beatles. 2000 Ligth Years From Home, il cui testo fu scritto da Jagger, parla della solitudine di un uomo nello spazio. Anche in essa si rileva la necessità di pensare a un mondo diverso, altro, di destabilizzare i confini entro i quali la realtà è stata descritta dall’ontologia. La fantasia musicale degli Stones, invita a pensare “al contrario”, a unire gli assolutamente opposti. Si tratta della riproposizione delle “logiche” che furono alla base della visione ermetica. La loro creatività, chiosa Donà, fu sostenuta: «da quella spietata “indifferenza” che nulla c’entra con il disinteresse, ma funge da condizione imprescindibile per mantenere viva la lucidità dello sguardo o dell’ascolto» (p. 67).

   Tale indifferenza, a partire dagli anni Settanta, li guidò verso un obiettivo paradossale: divenire soggetti capaci di sperimentare in uno, dolore e gioia della vita, in forza di un sguardo gettato sul reale centrato sul “sogno ad occhi aperti”, senza bisogno di ricorrere alla “acque corrosive”, comportanti rischi e pericoli. Almeno alcuni tra loro compresero di certo che, l’indifferenza, implica la libertà dalle cose e da qualsivoglia dipendenza. Il libro di Donà mostra quanto i Rolling Stones siano una cartina al tornasole sulla quale il nostro tempo ha disegnato le contraddizioni in cui si dibatte, ma anche la possibilità di re-incontrare il senso profondo della realtà e delle nostre vite.                                     

@barbadilloit

Giovanni Sessa

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Tags: Giovanni Sessala filosofia dei rolling stonesmassimo donàmimesis

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Comments 1

  1. Guidobono says:
    2 anni ago

    Filosofia da pub londinese scalcinato ed invaso dalle droghe.

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