Torino – Di solito le “operazioni nostalgia” funzionano sempre, quindi è probabile che avrà successo anche questa. Al Salone del Libro di Torino, che inaugura oggi, verrà presentato il primo libro in assoluto (non solo in Italia, nel mondo) dedicato a “Happy Days”, la fortunata serie televisiva americana che andò in onda per un decennio fra il 1974 e il 1984. Chi ha più di 45 anni non può non aver visto, almeno una volta nella vita, le simpatiche imprese di Richie Cunningham e della sua famiglia, di Fonzie, Ralph e Potsie nell’immaginaria Milwaukee degli anni Cinquanta (in realtà era tutto girato in studio). Ma anche le generazioni successive potrebbero essersi imbattute in una delle tante repliche che ancor oggi vengono trasmesse dalle tivù locali.
È per questo motivo che il volume “La nostra storia. Tutto il mondo di Happy Days” di Giuseppe Ganelli ed Emilio Targia (Minerva Edizioni) ha tutte le carte in regola per diventare un piccolo successo editoriale. Anche grazie alla prefazione di Henry Winkler, cioè Fonzie in persona, e alla postfazione di Max Pezzali, che infilò un riferimento alla sit-com americana in una famosa hit degli 883 (“Gli anni”, canzone del 1996).
«Può sembrare incredibile – spiegano gli autori – ma fino a oggi non esisteva un libro su Happy Days, nemmeno in America, quindi non abbiamo potuto accontentarci di essere seri: abbiamo dovuto essere maniacali». Nelle 448 pagine del volume, frutto di tre anni di lavoro, c’è una miniera di storie, aneddoti, immagini. Dalla lavorazione sul set (dove fece un salto anche John Lennon) all’analisi episodio per episodio, fino agli approfondimenti più laterali, come il capitolo su Robin Williams, che debuttò proprio in Happy Days.
Com’è facile immaginare, tra macchinoni americani, flipper, giubbotti in pelle e balli universitari c’è ampio spazio per la nostalgia. Nostalgia per quell’immagine allegra, ingenua e ottimista degli Stati Uniti che circolava in Italia negli anni Settanta (malgrado il Vietnam e “Usa go home!”) ma anche nostalgia per il periodo della nostra adolescenza, quando alla sera le famiglie si riunivano dinanzi all’unico televisore di casa per una mezz’ora di risate davanti alle sbruffonate di Fonzie e alla timidezza di quei ragazzi in cui vedevamo rispecchiati noi stessi.