La guerra è dentro di noi. Siamo ostaggi di guerre combattute, annunciate, minacciate o “soltanto” guerreggiate. Qualcuno dice che viviamo giorni che preludono alla Terza guerra mondiale. Mai, dal 1945 in poi, si è visto tanto spargimento di sangue.
Miseria e paura dominano le vite di almeno tre continenti. Altrove le cose non vanno meglio. Nelle stesse etnie ci si ammazza senza pietà. Il mondo islamico è un sobbollire di conflitti, dal centro dell’Africa, al nord, ad est ad ovest e al sud: ovunque si spara, e le guerre a “bassa intensità” non sempre sono le meno pericolose.
Gli scontri tribali, per fare un esempio, danno luogo a regimi nelle cui viscere esplodono conflitti tra clan che non si placano dai quali emergono domini militari o jihadisti che piuttosto si vendono a potenze occidentali ed orientali che pagano bene servizi sporchi e ricchezze sottratte a popoli che cercano di fuggire dai loro Paesi.
In nome di religioni falsate si uccide, si stupra, si tortura, si imprigiona, si esilia. Da Boko Haram ai delinquenti dell’Isis, ai pirati sanguinari del Corno d’Africa, ai banditi che costeggiano il Mediterraneo orientale: è conseguente e logico il salto nel profondo Medio Oriente, nella Penisola Araba e nelle repubbliche caucasiche regioni dove i tamburi di guerra emettono un sinistro rumore che si ode ai quattro angoli della Terra, mentre in molte aree martoriate vittime innocenti chiedono tregua e giustizia, come in Iran ed in Afghanistan dove è in corso una guerra asimmetrica, nel senso di una persecuzione costante delle minoranze e una soppressione nel sangue dei diritti di uomini e donne che non sanno a chi guardare dopo che l’Occidente dal primo ha deciso di “assentarsi” fin dal 1979, dopo la rivoluzione khomeinista e dal secondo è fuggito a gambe levate senza un motivo comprensibile dopo anni di permanenza nell’illusione di riportare dietro l’Hindu Kush un minimo di ordine civile. I banditi talebani si sono ripresi ciò che ritengono gli appartenga, anche l’anima delle donne imprigionate nei burka. Una storia irreale che dura dall’anno dopo la strage delle Twin Tower.
L’ultimo allarme arriva dal Sudan dove continua ad aggravarsi il bilancio della guerra civile dopo il sanguinoso confronto tra le forze armate e il gruppo paramilitare Rsf. Secondo quanto dicono i medici sudanesi, sono almeno cinquantasei le persone uccise, mentre i feriti sono diverse centinaia. Nella sola capitale Khartoum sarebbero venticinque i morti ed oltre trecento i feriti tra la popolazione civile e i militari.
Lo scontro di potere in atto tra il capo dei paramilitari Mohamed Hamdan Dagalo e il leader della giunta al potere Abdel Fattah al-Burhan è ciò che appare. Ma dietro le quinte della guerra, che rischia di coinvolgere altre aree africane, ci sarebbe una guerra per procura tra Usa e Russia. Intanto l’ordine mondiale è quello di evacuare Khartoum e le altre città: un’impresa quasi disperata.
Così come è disperata la guerra infinita tra Russia ed Ucraina che dura da mesi, al cui preludio assistemmo attoniti del 2014, per evitare la prima di farsi accerchiare dalla Nato, ossia dagli Stati Uniti, mentre la seconda risponde al fuoco nemico per non farsi derubare dei territori che le appartengono, dalla Crimea al Donbass.
Il teatro russo-ucraino è certamente quello che tiene maggiormente in apprensione il mondo, e coinvolge militarmente, politicamente e diplomaticamente tutta l’Europa. Fino a quando dalle nazioni dell’Unione europea continueranno ad arrivare armi a Kiev non ci sarà nessuna speranza che il conflitto si attenui.
L’appello del papa abbiamo l’impressione che resterà lettera morta. Anche perché non ci sembra che affiorino sintomi di buona volontà da parte di nessuno.
È una guerra di conquista e di sopravvivenza. Russia e Ucraina non sanno come smettere e soprattutto perché dovrebbero farlo, mentre l’Europa, debolissima tra i giganti in campo, non è capace di disarmare i contendenti. Si limita, come la Finlandia, a reggere l’urto di un possibile allargamento del conflitto costruendo muri, mentre Polonia, Moldavia e Georgia sono sotto lo scacco di Mosca. E temono per il loro futuro.
Le milizie di Putin, in particolare i mercenari della Wagner, stanno facendo le pulizie di primavera, mentre una guerra sommersa, di stampo terroristico si fa sentire confusamente nella stessa Federazione Russa dove il tempo sembra scandire regolamenti di conti interni che s’intrecciano con la guerra vera e propria contro l’Ucraina.
Quanto durerà il massacro? Impossibile dirlo. Se solo l’Europa fosse una potenza vera ci sarebbe qualche speranza di fermarlo. Ma disgraziatamente non lo è.
Intanto il Pacifico risente della escalation delle tensioni tra Cina e Taiwan. Pechino mostra i denti come non mai, ha la capacità di invadere Taiwan entro il 2025, si teme, e le tensioni con la Repubblica Popolare Cinese sono le peggiori degli ultimi quaranta anni, ha avvertito il ministro della Difesa di Taipei, Chiu Kuo-cheng, dopo che centinaia di aerei da combattimento dell’Esercito Popolare di Liberazione cinese hanno solcato lo spazio aereo di difesa innumerevoli volte.
Si dice che la Cina, complice il partito del Kuomintang, quello che occupò Taiwan con Chiang Kai-Sheh dopo la sconfitta inflittagli da Mao Ze Dong, passato agli ordini di Xi Jinping, si prepari all’offensiva finale. Non si sa quando accadrà, ma per opposti motivi, dalla Corea del Nord al Giappone nessuno dorme sonni tranquilli.
Ma non basta. Si combatte in Nigeria, tra Pakistan e India (che ha superato demograficamente la Cina e forte delle braccia in più non si accontenterà di meno di ciò che pretende), in Messico contro i cartelli della droga, in Etiopia, in Afghanistan, nella Repubblica democratica del Congo, tra Israele e Palestina, il conflitto più antico e forse insanabile.
Non si sa se si combatte ancora ed in che modo nello Yemen, dopo l’accordo tra Riad, Teheran e Pechino che per il momento sembra abbia posto fine almeno sulla carta ad una guerra tra le più crudeli degli ultimi decenni, mediato dall’Onu e dalla Croce Rossa (ma fino a che punto e con quali garanzie?). Questo accordo alimenta le speranze di porre fine, una volta per tutte, alla lunga guerra nel sud della Penisola araba, che ha causato 150.000 morti e provocato una gravissima crisi umanitaria.
Le altre guerre che abbiamo definite a “bassa intensità”, ma che mietono incalcolabili vittime e pertanto sono ad “altissima intensità” soprattutto per le popolazioni coinvolte, provocano esodi biblici soprattutto verso il Mediterraneo e l’Europa occidentale, mare e terra dove sostanzialmente stazionano in permanenza flotte russe e cinesi e popolazioni arabo-africane senza un destino. Ma quello europeo sembra purtroppo segnato e non è detto che il terrorismo che ci sta sotto la cenere non sia nel nostro continente una forma di guerra difficilmente qualificabile.
Il mondo, insomma è un assordante palcoscenico di dolore. Lo scenario di una possibile guerra totale. È presto per dirlo con certezza; ma dai lugubri rumori che si odono sembrerebbe proprio di sì. Una premonizione terrificante.