In occasione del Centenario di fondazione dell’Aeronautica Militare (1923-2023), lo scorso 29 marzo su Rai1 è andato in onda «I cacciatori del cielo», un docu-film su Francesco Baracca (rivedibile qui), Asso dell’Aviazione italiana nella Prima Guerra Mondiale, interpretato da Giuseppe Fiorello, attore che ci mette impegno e passione ogni qualvolta è chiamato a svolgere delle parti difficili.
Con la regia di Mario Vitale, il docu-film è sato prodotto da Gloria Giorgianni per Anele, società di produzione cinematografica, con Luce Cinecittà, in collaborazione con Rai Documentari, con il Patrocinio e la partecipazione del Ministero della Difesa, Aeronautica Militare e Difesa Servizi, con il Patrocinio del Ministero degli Affari Esteri.
Si è trattato di un lavoro apprezzabile specie in un contesto come l’attuale, dove i sentimenti patriottici sono estranei ad una larghissima parte se non alla maggioranza del popolo nostrano. Non a caso ci ha colpito la dichiarazione del noto storico del Risorgimento, Achille Ragazzoni che, nell’esaltare «I cacciatori del cielo», ha avuto modo di sottolineare:
«A me è piaciuto. In un paese come il nostro dove qualcuno ha esultato per la decisione delle Corte di Cassazione francese di negare l’estradizione in Italia dei terroristi rossi che, al riparo dalle pene da scontare, vivono impuniti in Francia, il film su Baracca è un bene. È un bene necessario per far conoscere, specie ai più giovani, che c’è stata un’altra Italia, che ci sono stati altri uomini».
Il docu-film, opportunamente arricchito da filmati d’epoca e corredato da riproduzioni fumettistiche, alterna ideali, amori, passioni, preoccupazioni intervallati dalle riflessioni dei protagonisti in un contesto bellico dove, chi si libra nel cielo della battaglia con il più pesante dell’aria, non è sicuro di fare ritorno alla propria base.
Forse, un po’ fuori luogo è apparsa una certa fraseologia che si addice più ai tempi attuali che non all’epoca in cui è vissuto Baracca: ci riferiamo, ad esempio, a quel «Tranquillo» che abbiamo udito con una certa sorpresa. Anche la disciplina, fondamento essenziale per ogni militare, come anche taluni rapporti personali, a nostro parere sono apparsi poco aderenti alla realtà dell’epoca.
Non sappiamo se nei prossimi decenni il Baracca interpretato da Fiorello avrà successo sappiamo, però, che c’è stato un altro film che nel corso del tempo e della Storia si è rivelato e confermato un autentico Monumento alla Patria, alla Cavalleria, Arma d’origine di Francesco Baracca, all’Aviazione, Idea Meravigliosa che vide protagonista indiscusso lo stesso Baracca. Ci riferiamo a «Cavalleria», celeberrima pellicola del 1936 di Goffredo Alessandrini.
Anche per la somiglianza – che ha dell’incredibile – a Francesco Baracca, l’astro nascente del cinema italiano, il mitico Amedeo Nazzari, nelle vesti di un appassionato, entusiasta e brillante ufficiale di Cavalleria, Umberto Solaro, recita un copione talmente sensazionale da farlo apparire come un vero ufficiale. Per prestanza, portamento, eleganza e modi comportamentali tipici di un navigato ufficiale, autentico galantuomo, il capitano Nazzari-Solaro inculca e rimarca ai giovanissimi ufficiali, quei valori di «fermezza, coraggio, audacia» essenziali per diventare «buoni soldati, buoni cavalieri». Ispirato alla figura di Francesco Baracca, Solaro, divenuto Asso dell’Aviazione italiana nella Grande Guerra, morirà nel corso del conflitto durante un mitragliamento a bassa quota sul nemico. Il film non elude una romantica ma avversata storia d’amore che ha per protagonista Solaro, innamoratosi di un’avvenente Speranza, giovane donna della nobiltà torinese, ottimamente interpretata da Elisa Cegani.
Nazzari sarà protagonista nelle vesti di aviatore in altri celebri film quali «Luciano Serra pilota» (1938) ed «Il cielo brucia» (1957).
«Cavalleria» non ebbe clamore solo nell’epoca in cui venne girato, il suo successo si riverberò anche nei decenni successivi, tant’è che nel 1961, Centenario dell’Unità d’Italia, quale film ispiratosi al Risorgimento, venne inserito in un’apposita programmazione televisiva-rai. Era un’Italia in cui era vivo il sentimento patrio, in pratica c’erano più senso dello Stato, più Nazione, più senso di appartenenza, più senso della comunità.
Riproposto in epoche successive, con l’affievolirsi degli ideali patriottici e nazionali, «Cavalleria» è quasi scomparso dalla tv.
Mi dispiace raffreddare gli entusiasmi dell’autore dell’articolo e di Ragazzoni, ma a me il Baracca floreale è piaciuto sino a un certo punto. Fiorello è bravo, non ne dubito, ma trovo nello sceneggiato non solo alcune incongruenze cronologiche (l’Aviatore aveva nel 1918 trent’anni: non certo troppi per avere figli, a differenza di quanto dice alla donna amata) e alcune cadute di gusto (i cartoni animati per descriverci le sue imprese), ma una deleteria indulgenza al buonismo dilagante. Baracca era certo un cavaliere del cielo, consapevole delle sofferenze che la guerra comporta, ma questo rientrava in una visione aristocratica del conflitto che ha poco a che vedere col pacifismo anni Sessanta. L’inserimento della figura del meccanico, che si lamenta perché lui e gli altri motoristi dormono in una stanza umida mentre gli ufficiali sono alloggiati più confortevolmente, è indice del tentativo di leggere in chiave di lotta di classe i rapporti umani. Tra l’altro la camera dove dorme il motorista mi sembra piuttosto ampia: altro che camerate con i letti a castello; doveva semmai essere contento di non essere in trincea, dove ufficiali e truppa condividevano fango e topi, e morte. Purtroppo è tipico della nostra Tv e in particolare di chi commissiona, realizza, accetta docufilm e fiction “liofilizzare” i personaggi, regalandoci, in questo caso, un Baracca pacifista. E vedremo che cosa succederà col comandante Todaro: ne faranno il santo protettore delle Ong?
Guardando speso i canali TV cavo Europa Europa ed Europa Channel rilevo anch’io, purtroppo, una nostra minore capacità di far bei film oggi. Le scneggiature han poca credibilità, i rapporti umani sono, appunto ‘liofilizzati’, artificiosi, superficiali, suonano falsi, imperversa un vomitevole politically correct…
Mi pare che l’estensore dell’articolo non si entusiasmi proprio, si limita a descrivere il film non lesinando critiche.
Vedendo il film di Nazzari non ci sono paragoni fra la pellicola di Alessandrini e quella del 2023…vince alla grande Cavalleria.