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Mughini: “Perché sono favorevole a intitolare una strada a Giorgio Almirante”

Tornano le polemiche per l'intestazione di una strada di Gioia del Colle al leader del Msi

by Giampiero Mughini
8 Marzo 2023
in Politica
3
Giorgio Almirante

Tornano le polemiche, dei soliti predicatori di divisioni dell’Anpi, per l’intitolazione a Giorgio Almirante di una strada in Puglia, a Gioia del Colle, città ben amministrata dal sindaco Giovanni Mastrangelo. Qui riportiamo l’opinione espressa dallo scrittore Giampiero Mughini sulla polemica legata alla toponomastica e al leader missino. Il testo è stato pubblicato da Dagospia a gennaio 2020


Caro Dago, ti confesso che se io fossi in un qualche consesso politico che dovesse decidere se votare sì o no l’intestazione di una strada cittadina al nome di Giorgio Almirante, voterei sì. E vengo a spiegarti il perché, che è semplicissimo.

Almirante fa parte della storia italiana che è la nostra e in questa storia ha avuto un ruolo, il recupero alla vita pubblica dei “vinti” del 1945, di quelli che avevano fortemente parteggiato per i “vincitori” del 1922, quel fascismo storico che è impossibile ridurre a mera esperienza criminale. E’ un pezzo di storia del nostro Paese.

Nel 1922 tutti menavano le mani. Più tardi, dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti vennero uccisi per rappresaglia otto fascisti fra cui un parlamentare. Non erano rose e fiori gli anni Venti e Trenta, da nessuna parte in Europa: non lo furono in Germania, in Austria, in Spagna, dove la guerra civile durò tre anni con orrori a bizzeffe compiuti da una parte e dall’altra. Attenuare quegli orrori, quelle zuffe mortali, quelle guerre civili latenti o guerreggiate significa non capire nulla del secolo appena trascorso.

In quel tempo e in quel periodo Almirante debuttò da giovane giornalista in un quotidiano diretto da Telesio Interlandi. Gli sedeva a fianco un coetaneo, Antonello Trombadori, futuro comandante militare dei gap comunisti durante la “Roma città aperta”. Più tardi Almirante divenne una sorta di redattore capo de “La difesa della razza”, la fetenzia antisemita voluta da Benito Mussolini e diretta dallo stesso Interlandi. Una colpa intellettuale morale non da poco, certamente.

 

Alla mattina del 26 luglio, con il suo distintivo fascista all’occhiello Almirante stava recandosi alla tipografia de “La difesa della razza”. Un suo amico lo intercettò e gli disse che non era il caso e lo convinse a starsene alla larga.

Le cose poi sono andate come sono andate. Com’è nel diritto di chiunque Almirante – e lo ha scritto impareggiabilmente Mattia Feltri nel suo “buongiorno” di oggi – Almirante ha mutato pelle e identità. L’antisemita degli anni Trenta in lui è morto, esattamente – e tanto per fare un esempio -come “il comunista” da anni Ottanta è morto nel mio carissimo amico Oliviero Diliberto, oggi tutt’altro personaggio e di tutt’altra caratura morale e intellettuale (anche se lui dice di no e sostiene anzi che io sono un “comunista” come lo era lui una volta).

La storia ci tritura e ci seleziona, tutti noi raschiamo e raschiamo quello che eravamo ancora ieri e l’altro ieri. Almirante mi raccontò la volta che nell’immediato dopoguerra andò a fare un comizio missino in non ricordo più quale comune “rosso” del nord Italia. A un certo punto gli arrivarono addosso in molti e cominciarono a tempestarlo di cazzotti e pedate. Lui andò giù, ne uscì indenne, si accorse che gli mancava l’orologio. Si rivolse protestando a un dirigente comunista che si trovò innanzi. Dopo pochi minuti l’orologio gli fu restituito.

 

Almirante è stato per 40 anni il testimone vivente di quella parte del Paese che nel fascismo ci aveva creduto. Uno di loro era mio padre, che mi ha pagato gli studi universitari e l’acquisto dei libri Einaudi dai quali ho imparato l’antifascismo. Una volta che avevo scritto delle “squadracce fasciste” mio padre mi chiese se sapevo che lui ne aveva fatto parte. Gli risposi di sì, pronto alla pugna. Papà non aggiunse altro. Per stile di vita e tutto, lui era l’opposto esatto del “fascismo” in cui aveva creduto, come lo era l’avvocato Battista padre del mio carissimo Pigi Battista che gli ha poi dedicato un libro quanto mai toccante.

 

Il fascismo c’è stato nella storia d’Italia, e nessuno lo può cancellare. Nella storia successiva Almirante ha avuto un ruolo, e nessuno lo può cancellare. A dirla in una sola parola, il suo nome ci può stare sulla targa di una strada. La volta che lo intervistai a lungo nel suo studio in via della Scrofa, guardavo dietro di lui alla foto di Mussolini e al gagliardetto della Juventus. Una foto di Mussolini simile a quella che mio padre teneva dietro il suo tavolo da lavoro.

Giampiero Mughini

Giampiero Mughini

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Tags: giampiero mughinigiorgio almirantemsiStradatoponomastica

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Comments 3

  1. luciano+zippi says:
    2 settimane ago

    Mughini parla da italiano e spesso le sue parole difendono la storia del fascismo e del MSI ben più della quasi totalità dei dirigenti FDI. Memorabile il suo intervento per il 25 aprile 2022, quando si scagliò contro l’antifascismo che si è attribuito un merito, la cosiddetta liberazione dell’Italia, solo millantato.

  2. Ferna.. says:
    2 settimane ago

    Queste considerazioni bisognava farle negli anni 70/80.Troppo comodo ora.Me le ricordo le sue sparate dialettiche, antifasciste,sue così come quelle di Battista.Comunque meglio tardi che mai!!

  3. Pruzzo Pruzzo says:
    2 settimane ago

    Negli anni Settanta, non so, ma nel 1988 Mughini scrisse un bel saggio, Compagni addio, che gli suscitò moltissime ostilità nella sinistra. Unicuique suum.

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