La situazione del precariato in Italia non è poi così terribile come viene descritta dai media. Anzi, è notizia di ieri che due bidelle precarie della provincia di Modena siano state messe in ruolo e, da oggi, non dovranno più preoccuparsi di attese angosciose per i rinnovi dei contratti. Vale lo stesso per una professoressa di educazione artistica del grossetano, anche lei arrivata al traguardo di una meritata stabilità economica dopo anni di incertezze. Finalmente queste donne potranno fare quei progetti “a lungo termine” tanto attesi. Potranno pianificare la loro vita con una prospettiva priva di scadenze mensili, che permetterà loro di accendere mutui, altrimenti negati dalle condizioni di lavoro precario. Forse, consentirà anche di coronare il loro amore per i propri compagni arrivando all’altare. Se poi la scienza darà una mano, in tempi brevi, potranno anche fare un pensierino sull’idea di maternità.
Certo, dovranno sbrigarsi. Principalmente perché le due bidelle hanno 66 anni a testa e la professoressa 62, ma in tempi di riforme del lavoro che allungano l’età pensionabile e soglie di “giovinezza” e “adolescenza” che si protraggono fino ai 50 anni, in fin dei conti, queste signore sono da considerarsi appena adulte. Niente piagnistei dunque. Non è il caso di far recriminazioni contro un sistema del lavoro che brucia la vita di chi è cosi “fortunato” da riuscire ad accedervi, sfruttando e rendendo impossibili i più semplici progetti personali. Non è un gran guaio essere impossibilitati a comprare una casa, sposarsi o fare dei figli prima della sessantina. Cosa dovrebbero dire, allora, i nuovi Senatori a vita? Nemmeno loro hanno raggiunto il traguardo del posto fisso in tenera età.