Digiuno e preghiera: sono queste le sole armi della fede contro i conflitti bellici. Sono anche e ovviamente le uniche a disposizione della Santa Sede. Non fosse altro perché il Vaticano non conta neanche un’armata tra le proprie dotazioni sacramentarie. Un dettaglio che non sfugge di certo a Papa Francesco. Sarà forse per questo che ha imposto per il 7 settembre, a tutti i cattolici, ma anche ai cosiddetti “uomini di buona volontà”, che rinuncino al cibo come segno di ostilità radicale rispetto alla possibilità di un intervento militare “alleato” in Siria.
Un ordigno assolutamente spirituale, dunque, da sganciare durante la veglia, organizzata in Piazza San Pietro alle ore 19 di sabato prossimo, per la vigilia della natività della Vergine Maria: la Regina della pace, appunto.
Quello del digiuno può apparire sicuramente ai non cristiani un gesto, per quanto importante, confinato nella sfera del simbolico. Non la pensa ovviamente così il Pontefice regnante, che lo definisce addirittura un “atto concreto”. Come non la possono pensare così tutti quei credenti che hanno praticato, anche solo una volta, l’efficacia della penitenza. I frutti, stando alla logica del soprannaturale, sono assicurati. Ma non solo. Oltre la fede, anche una logica squisitamente razionale (e laica) può riconoscere come valido il principio che sostiene una manifestazione ascetica di tale intensità politica: non si combatte una guerra con la guerra!
O meglio ancora: non si contrastano le armi chimiche di Assad, utilizzate (mancano ancora le prove!) contro la popolazione civile, bombardando a sua volta popolazioni inermi. È una contraddizione. Il principio degli interventi umanitari ha già rivelato infatti, e in più di una occasione, la propria ipocrisia. Lo stesso vale per le guerre preventive e le campagne di democratizzazione armata. L’autorevolezza di qualsiasi richiamo morale, cosa che una certa intelligenza a-stelle-e-strisce non intende ancora a dovere, deve passare dalla credibilità di chi lo formula. Chi ha disintegrato Hiroshima e Nagasaki, non è nella posizione più comoda per pontificare. Di converso, può dire realmente “no” alla piratesca spartizione di un bottino di guerra, solo chi, anche attraverso un digiuno, dà prova di rifiutare l’istinto degli appetiti. L’esempio di Gandhi è chiarificatore.
L’invito di Francesco deve valere dunque come un invito dall’alto profilo spirituale e civile. Un monito a non giocare con le parole, a non piegare i grandi principi universali ai propri desiderata particolari.Un atto d’accusa che travalica ogni protocollo diplomatico. Anche perché sia “ Dio che la storia umana” – è questa il riferimento di Bergoglio – il proprio verdetto, soprattutto se lapidario, prima o poi lo esprimeranno.
Il digiuno però non ha nulla a che vedere con un certo pacifismo arcobaleno. Anzi, come gesto, lo sconfessa su tutta la linea. Appunto perché le sofferenze di un digiuno vanno in direzione opposta al “fare l’amore”. La scelta della Santa Sede contro la guerra, soprattutto in epoca moderna, non è fine a se stessa, ma fa da specchio ad un imbestialimento dei conflitti che non ha pari nella storia. Con l’utilizzo delle armi “a distanza”, con il coinvolgimento delle masse, la guerra ha perso ogni etica, divenendo letale per la sopravvivenza stessa di tutto il genere umano.
La presa di posizione del Papa vale quindi come un atto di civiltà. Un’opzione figlia di quello stesso occidente, in parte cristiano, che ha già detto “no” ai fondamentalismi, religiosi o ideologizzati che siano. Un dettaglio non da poco, se si pensa che il blocco franco-statunitense intende intervenire contro il regime di Assad sulla scorta di un dettato civilizzante. Il dubbio, però, se il cannibalismo praticato dal ribelle Abu Sakkar– come documentato da Fox Tv – sul cadavere di un soldato lealista, sia affine o no al senso di dignità umana conosciuto finora in Occidente, è aperto.
Come resta aperto pure l’interrogativo se l’abbattimento di regimi come quello di Saddam Hussein in Irak, Assad ora o futuribilmente degli ayatollah in Iran, aprendo le porte ai regimi islamisti, possa garantire quell’esercizio della libertà religiosa che ha segnato la nascita della modernità. Un’attenzione che dal Vaticano II è nell’agenda di tutti i romani pontefici. Ed è infatti questa preoccupazione a scuotere oggi Papa Francesco: difendere le minoranze cristiane, garantirne la sopravvivenza fisica.
Un allarme, dopo il conflitto iracheno, sempre più concreto e urgente. Insomma, il vescovo di Roma ha sulla questione idee chiare, se non chiarissime. Lo squilibrio che porterebbe il conflitto siriano su tutto lo scacchiare mondiale, sia in termini morali che politici, sarebbe incalcolabile, soprattutto in vista di una retta interpretazione del concetto di civiltà e delle sua continuazione. Se alla salvaguardia di tutto ciò può contribuire dunque una giornata a consumo zero, ben venga.