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Focus. Il missile in Polonia? Era “ucraino”, ora torna “russo”

Nell'intervista al "Venerdì", Lucio Caracciolo ricostruisce la vicenda controversa del razzo finito vicino al confine polacco. Qui il commento di Massimo Lavezzo

by Massimo Lavezzo
4 Gennaio 2023
in Corsivi
1
Una foto del missile caduto in territorio polacco

– “Abbiamo sfiorato davvero la terza guerra mondiale?”

– “Sì, fino a quando Stati Uniti e Cina, ma anche Russia, hanno stabilito che non si poteva entrarci per il Donbass. Il momento decisivo è stato il 15 novembre, il giorno del missile russo prontamente travestito da ucraino caduto in territorio polacco. In quel frangente le potenze hanno dimostrato tutta la loro saggezza.

Mentre in Italia già si diceva “prepariamoci a difendere la Polonia” Biden e Xi dichiaravano che 1) il missile non era russo 2) comunque era finito oltre confine per errore 3) era addirittura ucraino. Specificazione, quest’ultima, che serviva anche come segnale a Kiev di darsi una regolata”.

Domanda e risposta provengono da un’intervista al direttore della prestigiosa rivista di geopolitica “Limes”, Lucio Caracciolo, apparsa sul “Venerdì di Repubblica” dello scorso 30 dicembre a firma Riccardo Staglianò. Il corsivo è nostro e intende far risaltare un’affermazione sorprendente, quella della provenienza russa del missile, che avrebbe dovuto incoraggiare almeno qualche organo di stampa a tornare sulla questione. Invece, silenzio assoluto: eppure, “Limes” ha rincarato la dose il giorno seguente, pubblicando nel suo ultimo numero del 2022 un pezzo dell’analista geopolitico Mirko Mussetti dall’esplicito titolo “Perché un missile russo è diventato ucraino”, secondo il quale “la vestizione con abito ucraino del proiettile russo è stata (…) una scelta pragmatica per evitare un confronto frontale fra Nato e Russia”.

Il Venerdì con l’intervista al direttore di Limes Lucio Caracciolo

Caracciolo, studioso fortemente realista, propone analisi non sempre condivise dal nostro mainstream (cui peraltro la sua rivista, edita come noto dal gruppo Gedi, non si può dire estranea); ed è da alcuni addirittura considerato virtualmente filorusso, dato che la sua visione raramente coincide con la narrazione della guerra da noi prevalente. 

Risulta quindi abbastanza paradossale che proprio “Limes”, a un mese e mezzo dai fatti, abbia dato ragione al Presidente ucraino Zelensky che, per diversi giorni, aveva invano tentato di smentire la versione ormai divenuta definitiva; per poi rinunciarvi, molto probabilmente a seguito di pesanti pressioni degli Stati Uniti e della Nato.

Si è assistito in effetti, nell’occasione, a un vero e proprio rovesciamento di ruoli: chi, fin dall’inizio della guerra, aveva accusato la Federazione Russa di aver aggredito l’Ucraina senza alcun plausibile motivo ha difeso Mosca nel caso del missile caduto in Polonia; chi, come “Limes”, pur senza giustificare la sciagurata “operazione militare speciale”, ha invece sempre cercato di esaminarla alla luce di concrete ragioni geopolitiche, attribuisce ora alla Russia la responsabilità dello sconfinamento, pur dovuto a un errore di lancio.

Non possiamo che compiacerci dell’unanimità mostrata dai leader mondiali dopo i fatti del 15 novembre: come fa notare lo stesso Caracciolo, una cosa è aiutare l’Ucraina a difendersi, altra accettare a scatola chiusa tutte le informazioni provenienti dal regime di Kiev, rischiando – nel caso specifico – di far scattare il ben noto art.5 del Trattato del Nord-Atlantico sulla difesa reciproca e di dare così il via a un’ipotetica terza guerra mondiale. Nell’occasione, le accuse – a questo punto, dobbiamo pensare, non del tutto ingiustificate – di Zelensky sono state rimandate al mittente in maniera brusca, mentre lo stesso Cremlino inneggiava al senso di responsabilità dimostrato da Washington.

Eppure, nelle ore immediatamente seguenti la caduta del missile, molti media occidentali e, quel che è più grave, diversi uomini politici anche italiani avevano rilanciato la notizia di un attacco diretto della Russia al territorio Nato, invocando un’immediata reazione in difesa della Polonia: senza rendersi conto degli effetti devastanti che tale non ponderata presa di posizione avrebbe potuto causare. Dopo l’“ordine di scuderia” di cui si è detto, il dietrofront è stato immediato: l’Occidente deve parlare con una voce sola (possibilmente con accento americano). Né può curarsi, adesso, di quanto scritto da una sia pur autorevole rivista italiana.

Concludiamo questo breve intervento ricordando che, fra i novelli Churchill nostrani, si era distinto nell’occasione il segretario del Partito Democratico, On. Enrico Letta (pur coautore in anni passati di due libri con Lucio Caracciolo), il quale aveva affidato a Twitter le seguenti, solenni parole: “A fianco dei nostri amici polacchi in questo momento drammatico, carico di tensioni e paure. Quel che succede alla Polonia succede a noi”. 

@barbadilloit

Massimo Lavezzo

Massimo Lavezzo

Massimo Lavezzo su Barbadillo.it

Tags: massimo lavezzomissile poloniaRussia-Ucraina

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Comments 1

  1. Guidobono says:
    1 mese ago

    Sarebbe bene che il sacrestano Letta, e tutti i creduloni ‘atlantici’ come lui, si dessero una mossa. Se non vogliamo la Guerra dei Cent’Anni, o peggio ancora l’olocausto nucleare, dobbiamo solo sperare che il Cremlino trovi il modo di vincerla questa sciagurata guerra. Gli USA ne approfittano per schiacciare l’Europa, intanto… Nessuno, forse, è più visceralmente anticomunista del sottoscritto, ma basta farci prendere per i fondelli e la gola dallo scorreggione Biden & Co. e da quel fesso di Stoltenberg… suo devoto vassallo/lacchè.

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