Come ho avuto già modo di evidenziare diffusamente in altre sedi [cfr.: LAFFI, 1988; DE CUSATIS, 1998], l’itinerario portoghese di Laffi, con le relative descrizioni dei luoghi da lui visitati e ammirati, è molto suggestivo oltre che interessante [cfr. LAFFI, 1691: 300-358]; in particolare, lo sono le pagine dedicate alla Lisbona del ‘600 [cfr. IBID.: 304-328] – quella pre-terremoto, per intenderci – quasi del tutto scomparsa, e che, di conseguenza, si configurano, in un certo qual modo, come un documento d’importanza unica per la storia urbanistica e architettonica, civile e religiosa, della capitale lusitana (5).
Tra i tanti monumenti di Lisbona visitati da Laffi non poteva mancare
«la divota chiesa di S. Antonio, detto di Padova, che era cittadino di Lisbona; qual chiesa si è fatta della casa paterna dove nacque detto Santo, come appare da una memoria posta sul muro di detta chiesa dalla parte di fuori, dove passa la strada publica, dirimpetto quasi alla porta maggiore della cathedrale, e è la seguente in lingua portughese:
“No sitio d’esta lgreia de S. Antonio / Estava a Casa Em que naceo, / E sentar mor o aposento, / E berco Em que o Santo se Criou, / A’ quem dedicou est memoria, / O Senato d’esta Ciudade de Lisboa / Sua patria, cuia esta lgreia he em / 29 de Maio de Ano do Señor de 1627” (6).
Vi è di sotto la sua arma di detto Santo, che fa per impresa una croce tripartita ne i capi; la chiesa è picciola e tiene due porte; l’una sta sempre serrata e non si apre se non il giorno della festa del Santo e perciò la chiamano Porta Santa; l’altra si apre sempre ogni giorno e vi è gran concorso di gente, essendovi indulgenza plenaria tutti li giorni che si visita, come appare da una memoria posta al lato destro di detta porta.
Dissi con l’aiuto di Dio messa in detta chiesa di S. Antonio li 18 di settembre, con mio gran contento e del mio camerata fra Gioseffo Liparini. La chiesa è picciola, ma bellissima e ricca, tutta incrostata di marmi finissimi e pretiosi, nelle pareti come nel volto, e il pavimento ancora; e parimenti tutta al di fuori; si puol dire, chi entra in detta chiesa d’entrare in una gioia di paradiso, non solo per la santità e devotione che rende, ma per la ricchezza e bellezza di cui risplende; vi è sempre gran concorso di messe e di popolo» [IBID.: 316-318] (7).
Di sicuro interesse – per essere una delle poche testimonianze che si hanno sull’avvenimento – è la descrizione fatta da Laffi dei festeggiamenti, lunghi e sontuosissimi, per le nozze fra Pietro II di Braganza e Maria Sofia Isabella, figlia di Filippo Guglielmo di Neuburg:
«Giungessimo noi […] in Lisbona nel tempo che si facevano le feste per il sposalitio […] del re con la Neoburg (8). Prima dunque si fecero le feste in mare da vascelli di tutte le nationi, con sbaro di cannoni e fuochi artificiati, cosa bella da vedere, ma vi pericolò molta gente; e poi in terra su la piazza reale havevano formato un gran teatro con tre ordini di balconi, con sue renghirole rosse, perfilate d’oro, e quello del re e della regina tutto dorato, portandosi alquanto in fuori dell’ordine degli altri. Nel mezzo di detto teatro vi era un giardino posto in quadro perfetto, con la sua siepe attorno, e si entrava in esso per cinque porte per facciata, che significavano l’arma del re, tutte adornate di statue, fontane e vasi di fiori; detto giardino era sconpartito in tanti quadri di diversa architettura, con suoi fiori, il tutto composto di fuoco artificiale, che datoli il fuoco, ogni cosa andò in aria, e era vago e bello il vedere tutte le erbe e fiori nell’aria fare il fuoco, ciascheduna del suo colore.
Principiando da questo teatro per tutta la strada che va fino al palazzo reggio, vi erano grandissimi archi trionfali, fatti dalle nationi straniere, il primo dei quali era quello de gli Alemani, posto sul mezzo del rimanente della piazza disocupata dal gran teatro, questo era una machina altissima fatta in otto faccie con quattro entrate, in cima di cui stava una bellissima truna sostentata da quattro colonne, sotto la quale vi era la statua dell’imperatore sedente con sopra il baldachino, con sue divise in mano, cioè mondo e scettro, adornata poi di cartelloni, pitture e scolture in infinito.
All’imboccatura della strada maggiore che viene in piazza, vi era quello delli Inglesi, molto ricco e ben’adornato, e seguitavano poi tutti gl’altri per ordine, bellissimi ancor loro; l’ultimo era quello degli Italiani, ma fu il più bello di tutti, non per la ricchezza, ma per la pittura, architettura e inventione, ben disposto, ben formato e ben inteso.
Da detto teatro si partiva un bello e lungo corridore di legno tutto dipinto e perfilato d’oro, che andava sino sopra il mare, dove smontò la regina, e entrò in detto teatro e d’indi nel palazzo reggio della piazza; l’incontro poi delle dame e cavalieri, con superbissimi vestiti e ricchissime livree, ogn’uno se lo può imaginare, essendo in una città così ricca e di nobiltà sì potente, facendo a gara a chi poteva far di più, in ricchezza e vaghezza; in somma tutta Lisbona era in giubilo e allegria» [IBID.: 345-348].
Lasciata Lisbona il 19 settembre, Laffi inizia il viaggio di ritorno:
«Mentre ero per partire di Lisbona, e ritornarmene alla patria, già che ero giunto alla meta del mio viaggio, considerato che ci restava il più bello del regno di Portugallo da vedere dalla parte di settentrione, confinante con la Galizia, rissolsi già che ero ivi, di vedere questa bella parte di Portugallo, e il resto del regno di Galizia fino a Compostella, non più veduto da me da questa parte» [IBID.: 349].
Già prima del sacerdote bolognese, e anche dopo, sono molti i pellegrini italiani che, diretti a Santiago di Compostella, apportano delle diversioni al vero cammino, optando per itinerari alternativi, quale quello portoghese, via Lisbona, Coimbra, Oporto prima di raggiungere il sepolcro dell’Apostolo. Di conseguenza, ripercorrendo, in parte o in toto, i vari itinerari del pellegrinaggio lusitano. In generale, come ha messo in rilievo Paolo Caucci von Saucken, quasi tutti percorrono il tratto fra Coimbra e Oporto, lasciandosi, per quello fra Lisbona e Coimbra, l’alternativa di scegliere fra la strada di Santarém e quella di Leiria [cfr. CAUCCI VON SAUCKEN, 1992]. Da Oporto seguitano o per l’interno o per la costa, passando quasi sempre per Viana do Castelo, per poi attraversare il Minho a Caminha o a Valença. Entrati in Galizia, da Tui, proseguono per Pontevedra e Padrón, giungendo infine a Santiago di Compostella.
Quanto a Domenico Laffi, questi passa per Alcobaça, Aljubarrota, Leiria, Coimbra (9), Albergaria-a-Velha, Oporto (10), Rates, Viana, Caminha. Da qui, risalito il Minho, prosegue per Tui, Redondela, Pontevedra, Caldas de Reyes, Padrón, giungendo il 15 ottobre, giorno di santa Teresa, a Santiago di Compostella, dove ha modo, con suo «gran contento», di celebrare per la quarta volta la messa «all’altare dell’Apostolo S. Giacomo» [LAFFI, 1691: 360]. Quello che inizialmente doveva per Laffi solo essere un viaggio a ritroso della vita di sant’ Antonio si trasfigura, finendo per tramutarsi nel suo quarto pellegrinaggio al sepolcro dell’Apostolo. Di Santiago di Compostella tralascia, per averle fatte dettagliatamente nel Viaggio in Ponente, sia la descrizione della cattedrale, sia la descrizione della città [cfr. IDEM, 1681: 195-241]. Solo si sofferma a raccontare la storia miracolosa della fondazione del convento dei frati minori di san Francesco [cfr. IDEM, 1691: 362-366].
II 17 ottobre, accompagnato sempre da fra Giuseppe Liparini, si rimette in viaggio, direzione Saint-Jean-Pied-de-Port, seguendo l’itinerario classico del cammino, e la cui descrizione tralascia perché già da lui anteriormente percorso e riferito nel Viaggio in Ponente [cfr. IDEM, 1681: 136-195].
In un primo momento, l’intenzione sua e di fra Giuseppe Liparini era quella di proseguire per Parigi e poi per Londra. Sono, però, costretti a cambiare programma, sia a causa delle pessime condizioni atmosferiche, sia perché a corto di denaro, dopo che, a Logroño, le «guardie» glielo avevano portato via [cfr. IDEM, 1691: 373-374].
Prende, quindi, la via tolosana fino ad Avignone, per poi, con ogni probabilità, immettersi (nella relazione non è specificato) sulla via delle Alpi, direzione Monginevro-Torino, dove giunge in dicembre. Trascorse a Torino le feste natalizie, prosegue per Alessandria, Tortona, Piacenza, Parma, fino a Bologna:
«mia patria, dove giunsi con l’aiuto di Dio, e del glorioso S. Giacomo Apostolo» [IBID.: 376].
Nel corso di sette mesi e più di viaggio, fra andata e ritorno, molte saranno state le dimore dove Laffi e il suo compagno hanno alloggiato. Tali dimore, tuttavia, non sempre sono specificate nella relazione. Ve ne sono indicate, per l’esattezza, solo trentasei, così suddivise: un albergo; quattro osterie; due abitazioni private; un ospedale; un collegio religioso; ventisette conventi. Le due abitazioni private sono quella del nunzio apostolico monsignore Nicolini Fiorentino, a Lisbona, e quella di un curato, Gioseffo Carlo Lettieri, nei pressi di Avignone. Il collegio religioso è quello dei gesuiti a Torino. L’ospedale è quello della Casa da Misericôrdia a Oporto, dove Laffi, sofferente alla schiena, fu sollecitamente assistito. Dei ventisette conventi, uno è cistercense, due sono certosini e i restanti ventiquattro sono francescani, dei minori conventuali in larghissima maggioranza, l’ordine cui apparteneva fra Giuseppe Liparini.
Queste e altre informazioni, qui come altrove da lui dateci, attestano che Laffi aveva amicizie e conoscenze altolocate, in ambienti sia ecclesiastici, sia altoborghesi e aristocratici. È da escludere che tali privilegi fossero dovuti alle sue origini, certamente non nobili, o a un’alta carica, poiché semplice sacerdote, come certificano gli imprimatur delle sue opere.
L’unica spiegazione plausibile è che fosse considerato, all’epoca, una vera autorità in materia di pellegrinaggio e, al contempo, una personalità letteraria di rilievo, godendo presso il pubblico di gran credito, non solo come autore di resoconti di viaggi (lo comprovano le quattro edizioni più una ristampa del Viaggio in Ponente e le due edizioni del Viaggio in Levante), ma anche come drammaturgo. Ricordo, difatti, che a Domenico Laffi si devono alcune opere teatrali [cfr. DE CUSATIS, 1988: 21-22]. Una di queste ha per titolo La fedeltà anche doppo morte, overo il regnar doppo morte (Bologna, 1689) [cfr. IDEM, 1999: 49-78], un adattamento in prosa del dramma in versi Reinar después de morir dello spagnolo Luis Vélez de Guevara. Questa tragedia – con la quale il sacerdote bolognese ha avuto il grande merito di introdurre per primo in Italia un tema diffusissimo nella tradizione culturale iberica, e le cui origini si riallacciano, storicamente, alla tragica e leggendaria vicenda amorosa fra il sovrano portoghese Pietro I di Borgogna e Inés Pires de Castro – consente di confermare e maggiormente sottolineare quello che già è stato detto in altre sedi; ossia che Domenico Laffi non era affatto estraneo a motivi letterari e/o storico-culturali dell’area oltre pirenaica che prescindessero dalla materia specifica del pellegrinaggio jacopeo.
Note
(5) «Lisbona città grande, metropoli del regno di Portugallo, bellissima e ricca, e a giudizio universale di tutti è la più popolata città della christianità, se pure si eccettua Parigi, e con giusta ragione si puoi chiamare l’ottava maraviglia del mondo» [LAFFI, 1691: 304]. Un lusinghiero giudizio, questo dato da Laffi sulla Lisbona epocale, non certo isolato ma condiviso da molti di quei viaggiatori, italiani e non, che ebbero la fortuna di visitarla prima che il terremoto, cui seguirono devastanti incendi, la danneggiasse pesantemente in quella tragica mattina del 1° novembre 1755.
Per un confronto-verifica, alla luce della descrizione laffiana, fra la Lisbona prima e dopo il 1755, si rinvia a: LAFFI, 1988 e DE CUSATIS, 1998.
(6) Poiché questa iscrizione oggi non esiste (l’attuale Igreja de Santo António da Sé è una costruzione post-terremoto – vedi nota successiva), non ho avuto la possibilità di controllarne l’esattezza. La trascrivo, quindi, integralmente (spagnolismi inclusi), così come riportata da Laffi.
(7) L’attuale Igreja de Santo António da Sé, a navata unica e costruita, dopo il terremoto del 1755, su progetto dell’architetto Mateus Vicente de Oliveira, sorge nello stesso luogo dove si ergeva la primitiva (inizi del XV secolo), quella di cui parla Laffi. Dell’antico edificio si salvarono dal terremoto solo parte della cappella maggiore, un’immagine di sant’Antonio e una cripta, dove la tradizione vuole che il Santo sia nato [cfr.: SEQUEIRA, 1917: 186-188; SILVA, 1983: 222-224].
(8) I festeggiamenti ebbero inizio l’11 agosto 1687, giorno dell’arrivo a Lisbona di Maria Sofia Isabella, e si protrassero fino al 25 ottobre [cfr. COUTINHO, 1687].
(9) «Coimbra città bellissima, posta su le sponde del fiume Mondego, dove vengono vascelli d’alto bordo, si passa da una parte della città all’altra per un lungo e largo ponte, e piano tutto di pietra viva, intagliato e ben adornato, e di bella architettura, cosa degna d’esser veduta, io per me non so d’haver veduto il più largo e piano di questo, a capo del quale vi è !a porta della città principale, che si estende fin sopra d’un colle, di modo che li palazzi e case paiono, rimirandosi dalla parte opposta, l’uno sopra l’altro; vi sono di gran conventi e chiese, il tutto fabricato di pietra viva, e è situata in un bel posto quasi quanto Lisbona e forsi di più, poscia che questa è stata antica stanza de i re di Portugallo, e è città episcopale, celebre per l’università ivi stabilita dal re D. Dionigio e D. Giovanni III; al di fuori è tutta adornata di giardini, palazzi e conventi, che gli fanno corona attorno, e se io stassi in detti paesi e mi fosse dato l’elettione di stare in una di queste due città, mi eleggerei Coimbra» [LAFFI, 1691: 352-353].
(10) «Porto è città bellissima e ricchissima, posta su la riva del Duero, vicina al mare circa una lega, chiamata per sopra nome la seconda Lisbona; questa è tutta piena di palazzi, chiese, conventi, giardini, e sta pendente come Coimbra, e per tutte le piazze e contrade vi sono di belle fontane di marmo di diverse forme; le mura sono altissime, merlate, tutte di pietra viva, come sono tutte le fabriche della città, e le strade medeme lastricate dell’istessa pietra; dentro e fuori di detta città vi sono di belle delizie, con casamenti, giardini e fontane abbondantissime d’acque; il fiume che quivi fa Porto farà largo un buon miglio, dove vengono vascelli d’alto bordo e, dalla città fino al mare, è costeggiato detto fiume d’ambe le parti da una riviera tutta verdeggiante, piena di palazzi, giardini, chiese, conventi, borghi e case; quivi dimorai sei giorni, perché mi venne una gran doglia nella schiena che non mi potevo muovere; andai alla compagnia della Misericordia, che sono tutti gentil’huomini, gli esposi il mio bisogno, fui accettato cortesemente e curato dell’indispositione e, rissanato in tutto, ringratiai come dovevo detti signori» [IBID.: 354-355].
Bibliografia di riferimento
– CAUCCI VON SAUCKEN, Paolo G., 1992. La via lusitana en los relatos de los peregrinos italianos. In Actas del Congreso internacional dos caminhos portugueses de Santiago de Compostela.Lisboa: 245-259.
– COUTINHO, P. Ribeiro, 1687. Jornada de la Reyna de Portugal y fiestas que en el viaje se le hicieron hasta llegar a la corte de Lisboa. – Entrada del Embaxador, Conde de Villar-Mayor; Manuel Tellez de Silva, en la Corte de Heldemberg. – Fiestas que se celebraron en Lisboa desde 11 de Agosto hasta 25 de Octubre. Madrid [cit. in FARINELLI, 1942, 1944, 1979: II, 188].
– DE CUSATIS, Brunello, 1988. Introduzione, in LAFFI, 1988: 3-29.
– DE CUSATIS, Brunello, 1998. O Portugal de Seiscentos na «Viagem de Pádua a Lisboa» de Domenico Laffi. Estudo Crítico. Editorial Presença, Lisboa.
– DE CUSATIS, Brunello, 1999. Tra Italia e Portogallo. Studi storico-culturali e letterari. Antonio Pellicani Editore, Roma.
– FANTUZZI, Giovanni, 1781-1794. Notizie degli Scrittori Bolognesi raccolte da Giovanni Fantuzzi. Stamperia di San Tommaso d’Aquino, Bologna, 9 tomi: V.
– FARINELLI, Arturo, 1942, 1944, 1979. Viajes por España y Portugal. Desde la Edad Media hasta el siglo XX. Nuevas y antiguas divagaciones bibliogrcificas, 4 tomi [tomi I e II: Reale Accademia d’Italia, Roma 1942; tomo III: Accademia d’Italia, Firenze 1944; tomo IV (postumo): Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 1979].
– LAFFI, Domenico, 1681. Viaggio in Ponente à S. Giacomo di Galitia, e Finisterrae, di D. Domenico Laffi Bolognese. Aggiuntovi molte curiosità, doppo il suo terzo viaggio à quelle Parti. Con Tavola de’ Capitoli, e cose più notabili, Terza Impressione, in Bologna, per gl’Eredi del Pisarri [1a ed.: Giovan Battista Ferroni, Bologna 1673; 2a ed.: Antonio Pisarri, Bologna 1676 (ristampa: Eredi del Pisarri, Bologna 1681); 4a ed.: Ferdinando Pisarri, Bologna 1726].
– LAFFI, Domenico, 1683. Viaggio in Levante al Santo sepolcro di N.S.G. Christo, et altri luoghi di Terra Santa di D. Domenico Laffi Bolognese, in Bologna, per gl’Eredi d’Antonio Pisarri (2a ed.: Costantino Pisarri, Bologna 1738).
– LAFFI, Domenico, 1691. Viaggio da Padova a Lisbona: dalla Tomba alla Culla è un lungo passo. Viaggio da Padova ove morse il Glorioso S. Antonio a Lisbona ove nacque, di D. Domenico Laffi Bolognese, in Bologna, per gl’Eredi d’ Antonio Pisarri.
– LAFFI, Domenico, 1988. «Viaggio da Padova a Lisbona». Itinerario portoghese. Edizione critica, introduzione e note di Brunello De Cusatis, E.S.I., Napoli.
– SEQUEIRA, G. de Matos, 1917. Depois do terramoto. Subsídio para a história dos bairros ocidentais de Lisboa. Academia das Ciencias de Lisboa / Camara Municipal de Lisboa, Lisboa, 4 voll. (1916, 1917, 1934): II.
– SILVA, J. H. Pais da, 1983. Páginas de História da Arte. [A cura di] F. A. Baptista Pereira. Imprensa Universitária / Editoria Estampa, Lisboa, 2 voll. (1983 e 1986): I.