Un period drama televisivo spalmato su varie stagioni, fino ad ora 4, per 40 episodi. I produttori e registi non si son proposti che la serie ‘Babylon Berlin’ (neo-noir television series è stata definita) fosse documentarista. Infatti, essa è realista senza essere scrupolosamente storica negli accadimenti narrati, preferendo la estetica dei sogni, degli incubi tormentosi, delle allucinazioni. A volte un po’ caotica, o contraddittoria, nella esposizione, che inizia nel 1929, con puzzles non sempre ricomposti o soddisfacenti; sovrabbondante, come se volesse rinchiudere tanti (o troppi) ingredienti in un solo piatto. Una produzione assai costosa e sontuosa, lontana dal feuilleton, dalle soap opera per l’opulenza scenica, persino calligrafica, talvolta, con seduzioni intellettuali, che ricerca il perfezionismo, che ripercorre le lezioni e suggestioni di Andrei Tarkovsky, Stanley Kubrick, Fritz Lang, Luchino Visconti ed altri maestri del cinema – dell’espressionismo tedesco dell’epoca nelle arti visuali, specialmente – con la pretesa di avvicinarsi all’opera d’arte; alquanto sobria, peraltro, non aderente ai clichés anglosassoni in materia, dal loro consueto prisma moralisteggiante per trattare sessualità e perversioni, criminalità e violenza, corruzione poliziesca, mafie ed collusioni con la politica.
Le colonne sonore, o le musiche delle canzoni durante gli spettacoli inseriti, sono anch’esse delle piccole gioie, d’epoca o attuali. Ricordano le Ziegfeld Follies di New York, quelle famose riviste di Broadway – ispirate a loro volta dal parigino cabaret-teatro delle Folies Bergère – create e dirette da Florenz Ziegfeld: bellissime donne, spettacoli lussuosi, con balli e costumi da favola, coreografie elaborate, grandiose, mai prima viste. Nelle rappresentazioni berlinesi abbondavano, però, travestiti e transessuali, cioè le vice allemand nel suo apogeo…
Stefan Zweig ne Il mondo di ieri (pubblicato postumo a Stoccolma nel 1942 come Die Welt von Gestern) osserverà: “Berlino si trasformò nella Babele del mondo. Il sabba si scatenò quando i tedeschi riversarono sulla perversione tutta la loro veemenza e il loro amore per la metodicità. Ragazzi truccati, i fianchi messi in rilievo dalla vita assottigliata ad arte… Ogni studente di liceo desiderava raggranellare qualche soldo e nei bar si potevano vedere pubblici funzionari e magnati della finanza adescare senza vergogna marinai ubriachi. Neppure la Roma di Svetonio conobbe orge pari ai balli dei travestiti a Berlino, dove centinaia di uomini in abiti femminili e donne vestite da uomo danzavano davanti agli occhi indulgenti della polizia… una sorta di pazzia parve cogliere la classe media della società tedesca”. Per Zweig, “quello che si viveva era una ribellione antiautoritaria. Ci si ribellava a tutto, alla asfissiante separazione dei sessi e alle disposizioni in materia sessuale, alla musica convenzionale, così come all’architettura del passato ed alla rigida separazione tra palcoscenico e pubblico”. Era iniziato un tempo di sperimentazione sfrenata. Nel 1929 la polizia di Berlino registrerà la schedatura di 22 mila ‘prostituti uomini’ che cresceranno negli anni successivi a causa della acuta crisi economica, della disoccupazione dilagante. Per i primi tre decenni del ‘900 Berlino fu, al di là delle ideologie, una delle capitali mondiali della vita e della ricerca omosessuale, più di Parigi e Londra. Lì Magnus Hirschfeld, pioniere della sessuologia, elaborò la teoria di un terzo sesso “intermedio” tra uomo e donna.
Un Cold Case, volendo soffermarsi su di una prospettiva di Babylon Berlin, ben diretto (da Tom Tykwer, Achim von Borries, Hendryk Hongloegten), con grande creatività, una fotografia ricercata e suggestiva, recitato benissimo a partire dai protagonisti Gereon Rath (Volker Bruche) Charlotte Ritter (Liv Lisa Fries). E da Benno Fürmann, nei panni dello sfregiato e perfido colonnello Gottfried Wendt. Da Peter Kurth nel ruolo del commissario Bruno Wolter, dalla personalità ambivalente, freddo intrigante ed assassino ed insieme persona sensibile, paterno, pieno d’umanità. Una vicenda assai dinamica che unisce il sesso, la criminalità e la cronaca del tempo in modo persino piacevole e piuttosto discreto, trattandosi di un periodo e di un ambiente (Berlino) visitati e riprodotti per lo più in chiave particolarmente dogmatica, stereotipata, truce.
Un affresco composito che mescola grande e piccola storia, il tragico ed il grottesco, mai il banale. Scene crude, miseria e sporcizia diffuse, raffinatezze per pochi, sesso appassionato o mercenario, etero ed omo, e débauche; riti oscuri di un’epoca che inclinava allo spiritismo più che alla psicoanalisi, alla quale, nella sua variante dell’ipnotismo terapeutico, viene comunque riservato dal copione di Babylon non poco spazio. Scarsi momenti magici e molti sulfurei, truculenti; colori armonizzati con le situazioni e gli stati d’animo, canzoni dai testi allusivi, velenosi, vitalità, ovunque e comunque mai doma, una ‘voglia di vivere’ feroce, contro tutto e tutti…
La fotografia del serial, come accennato, è grandiosa in tutte le stagioni, sensibile, maneggiata con ammirevole perizia. Bella ed inquietante, specialmente per le atmosfere di interni ed ombre notturne, presagio di agguati e di morte. Talora densa di ingannevoli, sofisticate dorature che celano pericoli, tradimenti e malvagità. Le tensioni politiche e sociali sono ricostruite con inusitata finezza, trattandosi della Germania. Per antonomasia diventata il ‘luogo dannato’, la vulgata della crudeltà, del sadomasochismo, della sopraffazione, dell’autoritarismo ottuso, del potere pubblico onnipresente, opprimente; una sorta di incessanti, reiterati rituali di dominazione.
Epitome della Oikophobia, quella filosofia tendente all’autodistruzione, alla colpevolizzazione e autoflagellazione dell’Occidente.
Molti filoni, molte vicende in parallelo, una moltiplicità d’intrighi, spionaggi, doppi giochi, esecuzioni spietate, manovre oscure; vari personaggi, dalla cantante, falsa contessa russa Sorotkina ed il suo carico d’oro, all’oftalmologo avido che opera male una povera donna, agli assassinî di funzionari di polizia e del consigliere ebreo per la Sicurezza Benda, dalla Schwarze Reichswehr o Esercito Nero di von Seeger ai gas asfissianti introdotti illegalmente dall’URSS per il riarmo tedesco – un’anticipazione di quegli ambigui rapporti di collaborazione tra Berlino e Mosca che dureranno sino all’Operazione Barbarossa, nel giugno 1941- dalla figlia attivista comunista del medesimo capo dell’esercito (protetto da von Hindenburg) al ruolo di un giornalista ebreo nel rivelare segreti militari in contrasto con gli obblighi di Versailles, dal ruolo dei Nyssen, magnati del ferro e dell’acciaio, costruttori di cannoni, al gran potere delle mafie di Berlino, dalla ‘Mano Bianca’ della giustizia parallela e sanguinaria della IV stagione, alla tragedia degli effetti della Grande Depressione, la fame diffusa, la disperazione che spinge all’impensabile ecc.
La serie Babylon Berlin è stata inizialmente progettata per 16 episodi di 45 minuti, in due stagioni, con un budget di circa 40 milioni di euro. L’inizio delle riprese era previsto per il 2015. Tuttavia, il complesso finanziamento ha ritardato l’inizio delle riprese al maggio 2016. La prima stagione è stata trasmessa sul canale Sky One dal 13 ottobre al 3 novembre 2017, ciascuno come doppio episodio; la seconda stagione, invece, è iniziata il 10 novembre 2017. In Italia, l’intera prima stagione è stata esibita dal
28 novembre 2017 su Sky Box Sets e Sky Atlantic. La terza stagione è stata trasmessa dal 24 gennaio al 28 febbraio 2020, mentre in Italia è andata in onda dal 1º aprile al 6 maggio 2020. La quarta stagione di Babylon Berlin è stata visibile in Italia dall’11 ottobre 2022, in esclusiva su Sky Atlantic, con un doppio episodio settimanale, ed in streaming su NOW. La quarta stagione di Babylon Berlin ha appena avuto fine, il 20 novembre 2022. In Germania la serie è stata accolta con grande favore dall’inizio. Il Berliner Morgenpost ha lodato, in ispecie, che sia stato girata in Germania (con la direzione installata nella Alexanderplatz) e non in Ungheria per ragioni di spesa: “Babylon Berlin è la prima serie a fondo storico interamente girata qui, e la prima a scandagliare le molteplici sfaccettatore del Moloch che è potuta essere la città, con immagini spettacolari”.
Al momento del debutto della nostra vicenda, nel 1929, la cosiddetta Repubblica di Weimar, di tendenza socialdemocratica, ma con Presidente eletto il vecchio feldmaresciallo Paul von Hindenburg, tenta di governare uno Stato lacerato, instabile, pervaso dalle scorie della guerra persa e dalle ubbie rivoluzionarie bolsceviche, a loro volta divise da cruente lotte tra sediziosi stalinisti, di stretta obbedienza sovietica, e trotskisti. Pure le destre sono politicamente divise, non risultando predominanti i monarchici – delusi dal Kaiser Guglielmo II, rifugiatosi da pensionato nel comodo esilio olandese – quanto i militaristi ed i nuovi ammiratori di esperienze autoritarie riconducibili, più o meno, al fascismo italiano di Mussolini. Indebitata enormemente dall’iniquo diktat di Versailles, separata in due tronconi dal ‘corridoio polacco’ – essendole altresì proibito di avere una Reichswehr, un esercito superiore a centomila uomini; di avere una Luftwaffe; con una Reichsmarine senza sottomarini, né corazzate, solo un pugno di vecchie navi – la Germania repubblicana vive nella frustrazione umiliante del presente e nella nostalgia del suo passato. Le classi medio-alte, e molta letteratura, si crogiolano sovente nei miraggi della cosiddetta ‘Rivoluzione Conservatrice’, più che nella speranza di una sollecita revanche militare del 1918, per quanto ingiusta ed infamante considerino quella resa (la ‘pugnalata alle spalle’ per dirla con Erich Ludendorff), aiutata dalla sovversione interna delle sinistre, mal travestita da armistizio.
Nel 1929, alla vigilia del crollo di Wall Street, sopravvivono, soprattutto nella capitale, il senso dello Stato di diritto (con troppe ombre), della giustizia e dell’autorità – il lascito, bene o male, illuminato ed egualitario della vecchia e fiera Prussia, ancorché anti-occidentale – ma screziato sempre più dalle tensioni sociali, nel quadro di istituzioni che non godono più del rispetto necessario. Quella di Weimar sarà una crisi di autorità in un Paese che aveva fatto dell’autorità, dell’ordine, della disciplina, dei dogmi. La scintilla fatale sarà poi la crisi determinata dall’importazione della Great Depression. In quanto ad Hitler ed il NSDAP nel 1929 sono ancora degli attori in ascesa, ma non determinanti, seppur rumorosi, del teatro politico; una feroce recitazione con frequenti risse da strada ed intolleranze varie, che oscilla ideologicamente tra destra e sinistra, tra conservazione ed innovazione, sia pur declinata in senso rozzo, demagogico, ipernazionalista, antisemita, razzista, inviso alla maggioranza delle élites.
In tale contesto, confuso e complesso, sbarca a Berlino (la Berlino degli ‘anni folli’, curiosa del proibito, che lo stordisce ed affascina) dalla nativa Colonia, un giovane ispettore di polizia, della squadra del ‘buon costume’, Gereon Rath, ambizioso, cattolico, di buona famiglia e corporatura minuta, seducente, enigmatico, amante segreto della cognata Helga e delle belle donne in genere, affezionato al ballo, affetto da stress post-traumatico a seguito della Grande Guerra. Cioè, la scomparsa sotto il fuoco nemico del fratello ufficiale, Anno Rath, il marito di Helga, tanto amato dai genitori (quanto lui è invece disprezzato) che lo carica di sensi di colpa, come vedremo nella seconda stagione di Babylon Berlin; colto da violenti tremori pseudo epilettici che lo inducono a far uso di morfina per calmare le subitanee crisi d’angoscia. Incaricato dal padre (prossimo capo della Polizia di Colonia, amico del sindaco Konrad Adenauer) di smantellare una rete di films pornografici, ripresi di nascosto ed usati a fini ricattatori.
Tuttavia, Gereon trova un aiuto inatteso in Charlotte ‘Lotte’ Ritter, una ragazza del popolo, spontanea e simpatica, apparentemente fragile, in realtà assai resistente, che vive a Wedding, malfamato quartiere nord-occidentale di Berlino, in un infimo e violento ambiente familiare, una disoccupata intelligente ed astuta, di buoni sentimenti, che sogna col diventare detective e far carriera nella Polizia, un universo peraltro maschile e maschilista; pronta a tutto per uscire, lei e la sua famiglia, dalla loro squallida condizione sociale. Frattanto, aspettando uno stipendio, Lotte si arrangia con lavoretti, compresa la prostituzione occasionale al club Moka Efti, per le necessità familiari ineludibili, senza neppure poter raggranellare il minimo per pagare i funerali alla defunta madre. Gereon decide poi di rimanere a Berlino, rompendo con la sua famiglia di Colonia, e pure con la cognata Helga, attratta dalla fortuna del nevrotico e depresso Alfred Nyssen.
Babylon Berlin si allontana dalle rivisitazioni di Weimar di Cabaret di Bob Fosse (1972), o de L’ uovo del serpente d’Ingmar Bergman (1977) per aderire alla linea dell’autore dei romanzi noir su Gereon Rath, Volker Kutscher. Che fa suoi strutture e stilemi del genere poliziesco classico.
Volker Kutscher nasce a Lindlar, nella Renania Settentrionale-Vestfalia, nel 1962, e vive a Colonia. Dopo gli studi di lingua e letteratura tedesca, filosofia e storia, ha lavorato come giornalista prima d’intraprendere la carriera di scrittore full-time. È diventato noto per la serie di romanzi con protagonista il commissario Gereon Rath, ambientata a Berlino tra gli anni venti e trenta, che hanno ispirato la serie televisiva Babylon Berlin. Nel 2010 egli ha ottenuto il ‘Burgdorfer Krimipreis’ grazie al romanzo La morte non fa rumore. Tra le sue opere tradotte in italiano anche Il pesce bagnato, Milano, Mondadori, 2010; Babylon Berlin, Milano, Feltrinelli, 2017; Ombre su Berlino. Le indagini di Gereon Rath.1, Milano, Feltrinelli, 2022; Goldstein, Milano, Feltrinelli, 2019; Il tempio del piacere, Milano, SEM, 2022. Kutscher, oggi assunto alla fama mondiale, ha rivelato di essersi ispirato fondamentalmente alla serie TV The Sopranos, al film Road to Perdition (2002) ed al famoso suspense thriller di Fritz Lang, M, del 1931, prima d’intraprendere la redazione della serie su Gereon Rath, all’inizio di questo secolo.
Le due prime stagioni del period sono realmente appassionanti, intriganti, senza che il drammatismo insito nel testo scivoli in troppo banali déjà-vu. La trama del period è un rompicapo intricato, seducente, affascinante, con tanti pezzi da sistemare, laddove il ritmo sostenuto oscura talune ingenuità, esagerazioni, incoerenze. La seconda stagione, e poi la terza, sistemano alcune parti del puzzle, ma, inevitabilmente, ne schiudono altre.
Talune riprese in esterni sono da alta cinematografia più che da serial televisivo, come la repressione delle proteste operaie, con decine di morti, del Primo Maggio 1929 nella Hermannplatz, frontiera con i duri quartieri popolari Kreuzberg e Neukölln; la brutale resa dei conti tra stalinisti e trotskisti, gli accadimenti all’interno della smisurata sede della Polizia, la Rotes Burg (Fortezza Rossa), che oggi ospita la Rotes Rathaus, la Municipalità di Berlino, fedelmente ricostruita dai tedesco-orientali dopo la WWII; la stazione della sotterranea UBahn Hermann-platz, decorata di piastrelle gialle (la metropolitana s’inaugurò in piena epoca guglielmina; la prima tratta a entrare in esercizio, nel 1902, congiungeva Potsdamer Platz con Stralauer Thornel).
Gli edifici di Berlino avevano una personalità precisa. L’ architettura dei cortili consecutivi permane ancora viva, oltre la distruzione quasi totale della capitale nel 1945. I borghesi abitavano la parte frontale, sulla via, mentre gli appartamentini interni (l’ Hinterhof) li usavano allora il personale di servizio, gli impiegati di bar e negozi, gli operai delle numerose fabbriche, piccole officine, laboratori. Le vie che conformano, nella finzione scenica di Babylon Berlin, i distretti di Kreuzberg, Wedding, Charlottenburg, sono stati ricreati negli studi Babelsberg, assieme alla semi oscurità delle notti urbane mal illuminate, all’acciottolato tipico sul quale risuonano passi densi di mistero o di angoscia, alla coloratissima cartellonistica pubblicitaria, ai numerosi tram a due piani, al traffico di auto già denso un po’ caotico.
Nella centrale, famosissima Alexanderplatz (allora con una edificazione totalmente differente) si situa il chiosco di giornali dove Gereon e Charlotte si riuniscono per scambiarsi informazioni o decidere una rapida colazione; nella Potsdamer Platz appare quello che pare essere stato il primo semaforo d’Europa, nel 1924, quindi la stazione ferroviaria, gli hotel di lusso, i grandi magazzini Wertheim, un’occhiata (immaginata) alle residenze del Tiergarten...
Nell’Aula Magna dell’ Istituto Anatomico dell’Ospedale della Charité (dove cinque Premi Nobel si specializzarono), il criminologo Ernst Gennat, detto ‘il Budha’, capo della Polizia Criminale della capitale, che rivoluzionò il metodo dell’investigazione a principio del XX secolo, impartiva lezioni e conferenze-stampa memorabili. Nel carcere di Lehrter Strasse, la prigione di Moabit, erano rinchiusi accusati e condannati. Fino al 1945 era una delle prigioni modello “Preussisches Mustergefängnis Moabit” commissionate dal Re di Prussia Federico Guglielmo IV nel 1842.
Lo scenario della cité tentaculaire (con oltre 4 milioni di abitanti) è variegato come le sue febbrili redazioni di giornali, le pensioni ed alberghi, le birrerie, i caffè e brasseries pieni di fumo, i grandi studi cinematografici, i cabarets e bordelli dominati da mafie implacabili, organizzate come nella Chicago di Al Capone. Poi, come non ricordare le formidabili riprese delle riviste e scene musicali nel maestoso, modernissimo club Moka Efti, di gran moda, frequentato dall’élite della finanza, della politica, del corpo diplomatico; ottimo ristorante, sontuoso cabaret, vasto salone da ballo ed insieme bordello sofisticato nel suo sotterraneo, proprietà del capo gangster armeno Edgar. Con il quale Gereon Rath intesserà un’ambigua relazione, giacchè il gangster – che è riuscito a guarire dalla sua dipendenza dalle droghe grazie allo psicologo Dr. Schmidt – consiglia l’ispettore di fare altrettanto ed in una occasione lo salva anche dall’uccisione in strada da parte di attivisti comunisti, dopo l’eccidio del Primo Maggio 1929.
Nel tempio dei sogni Moka Efti, durante una intensa notte di ballo o di sesso, con tabù e morale corrente lasciati al guardaroba, molti riescono a dimenticare la dura routine quotidiana e pure la vispa Lotte Ritter si converte in una Cenerentola che solo la luce dell’alba riporta ad una realtà di miseria, fame, stanchezza intollerabile che la giovane donna cerca di combattere, a sprazzi, in uno squallido letto, affittato ad ore con un altro sconosciuto disperato che non si arrende…
La Berlino di allora era laica, scettica, amorale, peccaminosa per piacere o necessità, appasionata, corrotta e mafiosa, come narrano gli storici fosse Babilonia al suo apogeo. L’apocalisse fatto città. L’annuncio della sua fine, l’aspirazione al nitore, i prodromi della vittoria nazional-socialista, castigo e lavacro. Per altri era un paradiso di libertà ed avanguardia, una città insonne, policroma e magnifica. Gli architetti erano affascinati dalla biblica Torre di Babele; il parallelismo torna in opere d’arte e letteratura.
Alfred Döblin, ebreo assimilato, scrive Berlin Alexanderplatz, nel 1929, e prima di sfuggire ai nazisti Babylonische Wandrung, nel 1933. La giornalista Nathalie Boegel ha dedicato a quel periodo, nel 2018, Berlin. Hauptstadt des Verbrechens (La capitale del crimine), il lato oscuro, misero e intollerante, dei dorati anni Venti. Babilonia era pure la denominazione commerciale di vari prodotti e di un celebre cinema. Il Kino Babylon situato nel quartiere di Mitte, eretto nel 1929 su disegno dell’architetto Hans Poelzig in stile Neue Sachlichkeit (Nuova Sobrietà) fondendo elementi di razionalismo ed espressionismo. Utilizzato ai tempi di Berlino Est, restaurato nel 2001; poi sede di festival cinematografici.
La capitale vantava una concentrazione di studi di produzione cinematografica, teatri, case editrici, sale cinematografiche, da concerto, da ballo, gallerie, atelier, redazioni, mai vista altrove. Kafka della città scriveva: “Lì potrò al meglio sfruttare le mie capacità di scrittura anche nel giornalismo. Quello che penso di sapere con certezza è che dalla situazione di indipendenza e libertà nella quale mi verrò a trovare a Berlino, potrò trarre l’unica vera felicità della quale sono ora ancora capace”. Thomas Mann definì la sua atmosfera come quella di un “cosmopolitismo alla tedesca”. Ma la metropoli (quella reale, non il pasticcio ideologico di Metropolis di Fritz Lang del 1927, una distopia di propaganda anarco-comunista, un capitalismo antifordista, tanto infernale quanto impossibile) presentava vari volti, come detto, assai meno scintillanti, tormentati abissi della condizione umana; era anche un ambiente urbano sovrappopolato, sudicio e soffocante: di lì il desiderio crescente di un ritorno al verde, alla natura, ad una catarsi ecologica, non troppo dissimile dall’attuale, capitalizzato pure dalla Hitlerjugend, fondata nel ’26.
L’11 ottobre scorso i media annunciavano la presentazione in Italia della quarta attesissima stagione dello show drama tratto dal romanzo di Volker Kutscher, “La morte non fa rumore”, in ritardo causa covid. Una quarta stagione, a mio avviso, un po’ deludente, inferiore alle precedenti, con un eccesso di vicende e toni lugubri, come per ammonirci, con teutonica pesantezza ed insistenza, che la civiltà è un sottile strato di vernice sopra gli istinti bestiali dell’ uomo.
Quando terminerà la serie? Il materiale non manca per andare avanti, visto che con quello in uscita a ottobre 2022 sono in totale nove i romanzi dedicati al personaggio di Gereon Rath. Inoltre Kutscher ha dichiarato di voler arrivare fino al 1938, ch’egli considera l’anno del definitivo crollo della civiltà in Germania. Al contrario, gli showrunner Achim von Borries e Henk Handloegten hanno dichiarato di volersi fermare nel 1933. Hanno infatti detto: “la serie si chiama Babylon Berlin, racconta quindi un periodo specifico fatto di libertà e possibilità. Un periodo che termina con il 1933”. Quindi ci saranno al massimo altre due stagioni, nella loro ottica.