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Eravamo distratti. Ammettiamolo, oggi, a distanza di oltre quarant’anni: noi, la maggioranza dei giovani degli anni Ottanta, eravamo così distratti che non capivamo da che parte soffiasse il vento del rinnovamento. Pertanto, preferivamo i testi romantici di Battisti e Baglioni alle canzoni impegnate di Guccini e Lolli. Ignoravamo le misteriose avventure di Milo Manara perché ci piacevano quelle di Tex e Zagor. Ridevamo scioccamente delle cazzate di Fantozzi invece di riflettere sul messaggio profondo di “Palombella rossa” di Nanni Moretti.
Del resto, cosa si poteva pretendere da chi fumava MS e non Marlboro (costavano troppo), indossava jeans senza marca ignorando i Levi’s, che pur facevano tendenza, viaggiava sui mezzi pubblici invece di cavalcare moto di grossa cilindrata? Avremmo mai potuto noi, “servi dei padroni”, riuscire a capire chi voleva liberarci da essi nei luoghi di lavoro, praticava lo yoga nei salotti, si professava vegetariano (qualcuno addirittura vegano!) a tavola e pacifista nelle piazze, aveva il grande coraggio di contestare nei teatri la borghesia alla quale apparteneva? Noi, i rozzi onnivori, i menefreghisti, i borghesucci frequentatori di bar di periferia, potevamo portare solo le infradito e non le espadrillas, indossare mutande e non slip, usare la crema e non l’abbronzante, bere la coca e non assumerla, mangiare il panino mortadella e provolone e non hot dog ed hamburger.
Insomma, noi, perché distratti, non ci accorgevamo che la società cambiava velocemente ed agli snob che la contestavano permetteva di occupare posti importanti, prestigiosi, ben remunerati. E così ci crescevano attorno onorevoli, primari, giudici, direttori di giornali, dirigenti, leader. Era sufficiente qualche spintarella. L’accordo giusto. Il compromesso spregiudicato. Ma, soprattutto, bastava cogliere al volo le opportunità offerte dal progressismo trionfante: ecologismo, ambientalismo, europeismo, volontarismo, globalismo, terrorismo, pacifismo, lotta alla mafia ecc. E noi? sempre più distratti. Forse perché ci sentivamo felici di essere ‘figli di famiglia’ e non ‘figli di papà’. Addirittura anche contenti di credere in una certa idea di mondo, di storia, di uomo. E tanto fiduciosi in certi valori. Quelli che, appunto, ci distraevano. Ai quali, stupidi che siamo!, ci ostiniamo a credere ancor oggi. Sì, oggi che siamo consapevoli di aver perso il treno del successo, il tram del desiderio, il taxi delle occasioni. Che abbiamo scoperto di aver sempre volato basso, per inseguire rispetto, disinteresse e coerenza. Che, adesso, ci vengono pure addebitati come colpe. Prendiamone atto: ieri, eravamo distratti. E, forse, lo siamo ancora oggi …
Caro prof Nicola Fiorino, apprezzo l’ironia del tuo articolo, ma non ti sembra un luogo comune attribuire al “progressismo trionfante” nientemeno che l’ecologia e l’europeismo? E Lorenz e i wandervogel e Drieu La Rochelle?
Il progressismo è solo una turlupinatura per gonzi.