Con i test Pirelli di Abu Dhabi, la stagione 2022 può considerarsi conclusa.
A questo punto, per quanto l’esercizio non sia affatto semplice, si potrebbe provare a tirare le somme dell’annata appena terminata, ponendo ovviamente l’accento sulla Ferrari e sulle immancabili aspettative che si erano create.
In primo luogo, il campionato 2022 di Formula 1 potrebbe essere diviso in due metà, ossia dall’iniziale Gran Premio del Bahrain fino all’Ungheria e dal Belgio (post pausa estiva) fino ad Abu Dhabi.
I valori in campo
Prima chiave di lettura: le nuove regole tecniche e aerodinamiche, con il ritorno delle vetture ad effetto suolo (dunque col carico aerodinamico generato soprattutto dal fondo e assai meno dai due alettoni), pubblicizzate come le norme che finalmente avrebbero originato vetture tutte vicine, offrendo la possibilità di battaglie serratissime.
In realtà, sin dai primi chilometri, due squadre si ergevano nettamente su tutte, Ferrari e Red Bull, con la Mercedes ad arrancare, complice un progetto iniziale assolutamente deficitario e l’ormai celebre porpoising a rendere le F1 W13 quasi inguidabili.
Se le distanze prestazionali sono state non di meno ridotte a centro gruppo, dall’altro lato la forbice nei confronti delle macchine di testa è stata netta, tant’è vero che i Gran Premi sono stati vinti solo da Red Bull, Ferrari e Mercedes (quest’ultima ne ha conquistato uno, quello di San Paolo, grazie a Russell), mentre solamente in un’occasione un pilota non delle prime tre squadre ha ottenuto il podio, nella fattispecie Norris terzo a Imola.
La Ferrari nel 2022
Tornando alla prima parte della stagione, la Ferrari F1-75 è apparsa sin dalle prove prestagionali con tutte le carte in regola per giocarsela fino in fondo.
Velocissima in qualifica, specialmente con Charles Leclerc (a conti fatti, attualmente il più forte sul giro secco) e solida in gara, valida sia sul passo che sulla gestione della gomma, almeno fintanto che le temperature non fossero state eccessivamente “fredde”: questi i punti di forza del progetto.
Viceversa, le Red Bull RB18 erano sembrate troppo “pesanti” e sottosterzanti (dunque con un anteriore non preciso, non equilibrato), oltre a peccare seriamente di problemi di affidabilità.
Vinte le gare in Bahrain (doppietta) e Australia, Charles Leclerc ha saputo ritagliarsi un ruolo di protagonista assoluto, contribuendo ad innalzare l’entusiasmo; un entusiasmo che però si è gradualmente infranto tra ritiri per rotture tecniche (Baku, Barcellona), scelte strategiche incomprensibili (Monaco), altre censurabili (Silverstone, Budapest), errori del pilota monegasco (Paul Ricard).
D’altro canto, contemporaneamente è emersa la capacità di sviluppare le vetture (fondo e ali) che dalle parti di Maranello non ha portato allo stesso salto di qualità dei più diretti avversari, come evidenziato nel contempo da parte degli anglo-austriaci che a poco a poco, con Verstappen in rampa di lancio, hanno conquistato il proscenio.
Nuovi valori dopo l’estate
Dal Belgio poi, in concomitanza con l’obbligatorietà della direttiva FIA TD039 (che ha imposto controlli più rigidi sulla zona laterale e inferiore del corpo vettura, volti a limitare le oscillazioni così da aumentare la sicurezza) i valori sono definitivamente mutati.
Per giunta, la Ferrari (almeno fino ad Abu Dhabi escluso) si è scoperta improvvisamente non in grado di massimizzare e gestire la mescola in maniera puntuale, ritrovandosi in deficit al cospetto di un Verstappen abilissimo in questa specifica.
Simbolo di questo primato, probabilmente è stata la gara di Monza, là dove senza la discussa Safety Car nel finale, l’olandese avrebbe vinto sul monegasco ricorrendo ad una sosta sola (contro le due del concorrente ferrarista che era pure partito in pole position), avendo mantenuto un ritmo incredibilmente costante e sostenuto, senza tuttavia lasciare che gli pneumatici decadessero in maniera repentina.
Il titolo conquistato in anticipo, con la vittoria nella gara di Suzuka, è stato per Verstappen la naturale finalizzazione di una stagione assolutamente senza eguali, costruita recuperando e gestendo i momenti più difficili.
I compiti a casa in vista del futuro prossimo
Per Leclerc e la Ferrari (oltre che per Sainz, vincitore della prima gara in carriera in Gran Bretagna tra le polemiche), messa da parte la delusione, i secondi posti nelle rispettive graduatorie hanno perciò assunto la prospettiva di una base, dalla quale proiettarsi verso la stagione ventura.
Affinché la compagine italiana possa lottare ai livelli più elevati, durante l’intero corso della stagione e senza ripetersi in un andamento altalenante, servirà sbagliare di meno ma probabilmente anche pianificare al meglio il ruolo di entrambi i piloti: Sainz e Leclerc si sentono entrambi come legittimati a battagliare per il titolo e dunque partire con una marcata gerarchia iniziale non sembrerebbe essere una opzione.
Sarà la pista, allora, a decidere chi tra i due portacolori della Ferrari dovrà sobbarcarsi sulle spalle il peso dei gradi di capitano.
Arrivederci dunque al 2023, per quella che si prospetta, con il suo calendario a 24 gare, la stagione più lunga di sempre.