
Eduard Limonov
(Dzeržinsk, 22 febbraio 1943 – Mosca, 17 marzo 2020)
“I francesi, i tedeschi, gli americani da tempo non hanno più nessuna energia. Ho avuto molte occasioni per convincermene. Non sentono più la vita. Il futuro appartiene ai talebani, ai turchi, basta guardare come se le danno, ai curdi, a tutta questa folla selvaggia di individui sospetti che gli europei disdegnano e non capiscono. L’Europa è già morta, stanca e profondamente cambiata, perciò tutte quelle splendide fichette di rue du Petit Musc è inutile che sbattano le ciglia. Ci vorrebbe un ceceno che gli s’infili nelle mutande per insegnar loro a rigar dritto”.
Eduard Limonov è un po’ l’improbabile somma di Arthur Rimbaud e Jean Genet, con un po’ di Pasolini e un po’ di Céline. Ma è in realtà un personaggio inclassificabile, che non trova posto in nessuna casella di una qualsivoglia tavola di Mendeleev! Poeta e teppista, vagabondo e maggiordomo, miliziano filo-serbo durante la guerra di Bosnia, dandy dissidente, cane da guerra, oppositore nel cuore, pazzo della letteratura, amante delle donne e delle risse, oppositore e poi sostenitore di Putin, tutta la sua vita alla vodka è un romanzo incredibile in sé.
Eduard Veniaminovich Savenko, conosciuto come Eduard Limonov, nacque nel 1943 a Djerzhinsk, una città industriale dell’ex Unione Sovietica, ma trascorse la sua infanzia a Kharkov, in Ucraina. Suo padre era un ufficiale inferiore dell’NKVD. Da giovane, leggeva Jules Verne e Alexandre Dumas, e sognava avventure eroiche. Finì ben presto in una banda di teppisti responsabile di vari misfatti, come raccontò più tardi nel suo Autoritratto di un bandito adolescente e ne Il piccolo bastardo. Allo stesso tempo, frequentò la scena bohémien locale, soprattutto i circoli letterari, e comincia a scrivere le sue prime poesie.
All’età di trent’anni raggiunse gli Stati Uniti, dove scrisse anche dei romanzi. Si unì ai circoli punk e delle avanguardie di New York, ma visse miseramente, spostandosi di tugurio in tugurio. Limonov si tuffò nella malavita, frequentando ladruncoli, drogati e senzatetto con i quali ebbe molte esperienze sessuali (descritte in The Russian Poet Prefers Bigger Niggers), prima di trovare lavoro per qualche tempo come domestico per un milionario di New York.
Nel 1980 si trasferisce a Parigi, dove si farà molti amici negli ambienti più anticonformisti, scrivendo sulla stampa comunista (“L’Humanité”), ma anche sulle riviste della destra radicale. Lo si leggerà anche su “L’Idiot international”, un foglio incendiario curato dallo scrittore Jean-Edern Hallier, dove incontrerà Patrick Besson, Philippe Sollers e Marc-Edouard Nabe. Si dichiarerà subito un “nazional-bolscevico”. Durante il crollo del sistema sovietico attaccherà violentemente Gorbaciov, ma anche il “gendarme del mondo” americano. Scrisse quindi lo straordinario pamphlet intitolato Le grand hospice occidental, in cui paragona i paesi occidentali a dei nosocomi di cure palliative.
Alla fine degli anni ‘80 lo ritroviamo nella guerra nell’ex Jugoslavia. Si impegna ardentemente con i nazionalisti serbi e si lega a Radovan Karadzic. Lo si vedrà anche in Abkhasia e in Transnistria. Nel 1994, tornato in Russia, fonda il Partito Nazional Bolscevico (PNB) con Alexander Dugin (che litigherà presto con lui) e lancia il giornale nazionalista-rivoluzionario “Limonka” (“Bomba a mano” in gergo militare). Nel 2001 fu arrestato per traffico d’armi e tentato colpo di stato in Kazakistan! Questo gli costò due anni di prigione. Nel 2007 il PNB fu messo fuori legge. Tre anni dopo, Limonov si unì agli oppositori di Vladimir Putin, e lanciò il movimento “Strategia 31”. Cercò quindi di candidarsi alle elezioni presidenziali, il che gli valse un altro arresto.
Nel 2016, la biografia romanzata di Limonov dello scrittore Emmanuel Carrère (Limonov, POL) ha ricevuto il Prix Renaudot a Parigi e lo ha riportato alla ribalta dei media. A proposito di Carrère, Limonov dice: “Gli auguro di finir male. Tutti i grandi scrittori finiscono male!”. Nell’introduzione al suo Libro dell’acqua, scritto in prigione, si chiese quali cose siano state per lui essenziali: “Ne ho scoperte solo due: la guerra e le donne”.
Nel maggio 2019 Limonov tornò a Parigi per l’ultima volta, desideroso di portare il suo sostegno al movimento dei Gilet Gialli. È già molto malato, ma continua a bere come sempre, bruciato dalla fiamma che lo ha condotto per tutta la vita. Più anti americano che mai, si dichiara solidale alle repubbliche indipendenti del Donbass e approva l’annessione della Crimea. Continua a pubblicare a tutto spiano.
Muore il 17 marzo 2020 a Mosca, all’età di settantasette anni. Fiero di essere sempre stato “dalla parte sbagliata”. Fiero di essere sempre rimasto libero.
Bibliografia essenziale: Il poeta russo preferisce i grandi negri, Diario di un fallito, oppure Un quaderno segreto, Il boia, Libro dell’acqua, Il trionfo della metafisica. Memorie di uno scrittore in prigione, Zona industriale.
Disegno: Dionisio di Francescantonio, matita su carta, 2022.
Testo: Alain de Benoist. Traduzione: Andrea Lombardi.
*Profeti inascoltati del Novecento edito da Itallia Storica edizioni. Acquistabile scrivendo qui italiastorica@hotmail.com
Insopportabile. Come per altri versi Scalfari, ora defunto.