Si sono tenuti il 26 maggio a Roma nella Sala “Zuccari” del Senato gli “Stati Generali della Scuola”, organizzati dal Dipartimento nazionale “Istruzione” di Fratelli d’Italia. L’incontro era presieduto dall’On. Paola Frassinetti, dall’On. Ella Bucalo e dal Sen. Antonio Iannone. Vi hanno partecipato anche il Ministro dell’Istruzione Bianchi, il Presidente della Commissione “Cultura” del Senato Nencini, il vicepresidente della Camera Rampelli, i Capogruppo a Senato e Camera di F.d.I. Ciriani e Lollobrigida nonché i rappresentanti sindacali dei maggiori sindacati della scuola: dalla CGIL alla CISL, dallo SNALS a GILDA – COBAS all’ANIEF.
Per intanto va dato merito a Fratelli d’Italia per aver organizzato questo evento, unico nel panorama politico, almeno da qualche lustro a questa parte. Occuparsi, riflettere, discutere sui problemi della scuola, nell’asfittico panorama politico italiano, non è cosa di tutti i giorni. I tre parlamentari che guidano il Dipartimento sono da tempo impegnati ad ascoltare i principali attori del contesto – scuola volendo ricavare da questa frequente consultazione proposte concrete e di lungo respiro che siano adatte ad arrestare il declino di questo segmento della vita nazionale e a rilanciarne il ruolo e la funzione. Nel corso dell’incontro sono emerse tuttavia delle criticità che, se non chiarite e risolte, rischiano di determinare una deriva che potrebbe finire per accomunare l’operato di Fratelli d’Italia a quello di tante altre forze politiche italiane che, a furia di mettere toppe, hanno solo accelerato la crisi del nostro sistema educativo. Il partito di Giorgia Meloni si definisce un partito “conservatore”. Se questa definizione rispecchia quella che ne ha dato l’ex presidente del Senato Marcello Pera a Milano, cioè di chi è impegnato a difendere la tradizione e l’identità di una Nazione, ma che al tempo stesso non rifiuta l’innovazione quando essa non stride e non contrasta con questo “Depositum Sapientiae” che è l’identità culturale di una Nazione, la “pseudo innovazione” della riduzione della durata dei licei da cinque a quattro anni non può essere tollerata perché essa ferirebbe profondamente questa identità. Infatti questa riduzione finirebbe per penalizzare le discipline umanistiche e soprattutto gli argomenti che hanno a che fare con il mondo antico e la classicità.
Non si può adottare come modello culturale da seguire quello della Finlandia – come sembrerebbe aver proposto il capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida – perché esso è completamente estraneo alla nostra tradizione scolastica ed educativa e, se perseguito, rischierebbe di rappresentare un innesto innaturale, da “manipolazione genetica”. In Finlandia si fa scuola senza aule, senza classi, senza libri. Una sorta di “scuola liquida” nella quale la cultura digitale la fa da padrona a scapito di quella umanistica. Una scuola che insegue il modello antropologico della “fluidità” delle identità sino al punto di accettare la diffusione e la divulgazione dell’ideologia gender. Inoltre gli ultimi dati OCSE hanno dimostrato una significativa flessione di rendimento del sistema scolastico finlandese, almeno dal 2018. Non basta un lustro per collaudare un sistema educativo, occorrono diversi decenni prima di tracciarne un bilancio rigoroso che evidenzi risultati attendibili e duraturi e quindi ne attesti la validità. In fondo, per quanto sgangherata e in declino sia la scuola italiana, ancora riesce a produrre premi Nobel, eccellenze professionali esportate in tutto il mondo. Nel 2018 il trentottenne matematico Alessio Figalli, liceo classico e Scuola “Normale” di Pisa alle spalle, ha potuto vincere la Medaglia Fields che rappresenta un riconoscimento internazionale pari a quello del Premio Nobel. Complessivamente la Finlandia ha ottenuto solo 4 premi Nobel, dei quali due per la Pace, uno per la Letteratura ed un altro per la Fisica. Non è un bilancio lusinghiero che in qualche maniera testimoni di una tradizione educativa e scolastica eccelsa.
Ci sono alcuni dati significativi che riguardano il nostro sistema scolastico e che dovrebbero destare maggiore attenzione rispetto alla presunta validità di modelli estranei alla nostra nobile ed eccelsa tradizione educativa che va rinnovata, rivitalizzata, adeguata ai tempi moderni ma non demolita in favore di sistemi esteri la cui presunta validità, per altro, è stata accertata tramite un sistema di valutazione molto discusso e discutibile, che non pochi pedagogisti contestano: quello delle prove INVALSI. Nella scuola italiana il 50% dei docenti delle primarie supera i 50 anni, dato che passa al 62% nelle scuole secondarie, a confronto di una media europea del 33%. Le classi delle scuole del meridione presentano mediamente 10 alunni in più rispetto a quelle del Nord, mentre vari insegnanti meridionali emigrano al Nord per insegnarvi. Questi dati fanno riflettere ed impongono che le procedure per le assunzioni in ruolo siano più rapide, cominciando col sistemare una volta per tutte la questione “precari”. Altrove i concorsi sono banditi ogni anno e, avendo ogni 7 anni un anno sabatico, i docenti sono obbligati a costituire le commissioni di concorso, assicurando di fatto un ricambio generazionale regolare ed abbastanza frequente, con il risultato positivo di eliminare il precariato e garantire la continuità didattica.
Certo l’anno sabatico ha un costo per le casse dello Stato ma non si possono fare i matrimoni con i fichi secchi. Questi tempi hanno messo drammaticamente in evidenza che l’Italia è povera di materie prime. Ha però quella che taluni definiscono una risorsa più importante del petrolio e delle altre materie prime: l’inventiva, il “genio italiano”, il suo ricco ed eccelso patrimonio culturale, all’interno del quale una volta c’era anche la scuola. Se così è, istruzione e cultura non possono essere asservite a logiche economiciste e di sistematica contrazione della spesa. Dovrebbero, invece, costituire un investimento prioritario e strategico.
Leonardo Giordano
Dipartimento nazionale “Istruzione”
Fratelli d’Italia
Condivido pienamente! Quadriennalizzare il liceo e in genere le superiori è una follia, che oltre tutto presuppone il completamento dell’istruzione superiore in un “college”, che in altri sistemi educativi è una via di mezzo fra una buona terza liceo classico di un tempo e un primo anno di università. Purtroppo, chi parla di scuola non sempre ha un’esperienza recente scolastica. Quanto all’idea di prendere a modello la Finlandia, mi sembra decisamente estemporanea…
La Finlandia, come Svezia e Norvegia, sono contenitori di scemenze degradanti d’ogni genere…