Cadono in questi ultimi mesi certi eufemismi. Le “missioni di pace” degli ultimi trentadue anni, risoltesi spesso in sconfitte, si rivelano ciò che erano: guerre neocoloniali di chi riteneva e ritiene di poterle condurre non come un primus inter pares, cioè con degli alleati, ma come un padrone, cioè con dei coalizzati molto simili a servi.
Torna così la rude realtà dei rapporti di forza, quella dove non ci sono buoni, ma solo cattivi, e con confini difesi o indifesi. Nel nostro piccolo, da vilipesi componenti del Club Méd, la serie B dell’Ue, è un’occasione per ripensare agli interessi nazionali.
Per esempio il confine occidentale d’Italia, che è stato prima quello della Repubblica di Genova, fino al 1815; del Regno di Sardegna, fino al 1859, poi rettificato dolorosamente dalla cessione di Nizza e della Savoia alla Francia; del Regno d’Italia, fino al 1943; della Repubblica Sociale Italiana, fino al 1945; di nuovo del Regno d’Italia, fino al 1946; e, da allora, della Repubblica Italiana.
Poiché in Italia non si insegna più la geografia, poiché la storia si insegna solo come storia sociale, l’oblio avvolge il trattato di pace (con le sue clausole segrete) firmato nel 1947, malauguratamente poco prima che calasse la “cortina di ferro” della Guerra fredda.
Certo ancora a è impossibile parlare di questa e di altre frontiere. Ma proprio i francesi l’hanno insegnato per Alsazia e Lorena 1870-1914: a certe cose si deve almeno pensare sempre. Sullo scriverne i francesi sono rimasti nel vago. Approfittiamo di questa vaghezza. In Italia un primo ritorno di memoria nel XXI secolo, per le terre italiane perdute nel XX, lo si deve a Luigi Iperti con Storie di Frontiera (De Ferrari, euro 26). Il volume e’ stato presentato nella sede del Comune di Genova.
Dottor Iperti, gli attriti di frontiera con la Francia vanno dalla vetta del Monte Bianco alle zone di pesca tra Mar Ligure e Alto Tirreno: in mezzo, ci sono Briga e Tenda. Per avere i prestiti dall’Ue l’Italia subisce…
“Si, le nostre relazioni con la Francia sono complicate. Vi è sempre qualche motivo più importante che dobbiamo tenere presente e che ci impedisce di assumere posizioni forti a difesa dei nostri interessi”.
Veniamo ai dettagli.
“Proprietà dei Comuni italiani di boschi e pascoli e delle così dette Opere Pie erano rimaste oltre la linea di confine con le rettifiche di frontiera imposte dal Trattato di pace del 1947”.
Rispetto allo spostamento di 500 km delle frontiere orientali tedesche a vantaggio della Polonia, l’Italia occidentale patisce delle inezie Ma a chi le sconta personalmente fanno male…
“Il Trattato prevedeva che questi beni fossero riattribuiti ai comuni al di qua ed al di là della frontiera equamente, in modo che gli abitanti potessero godere di risorse e quindi di servizi analoghi a quelli posseduti prima della guerra”.
Ma Il governo francese non ratificò l’accordo.
“Nel frattempo si stavano normalizzando le relazioni tra i due Paesi attraverso una serie di eventi, come l’incontro molto amichevole di Crea tra De Gasperi e Bidault del marzo 1948 e l’entrata dell’Italia nel Patto Atlantico dell’aprile 1949. Questo però sempre senza che l’accordo divenisse effettivo”.
Dunque?
“Quasi quattro anni dopo la firma del Trattato, nell’incontro tra i capi di governo, De Gasperi e Plèven, a Santa Margherita Ligure del febbraio 1951, l’Italia poté mettere l’argomento all’ordine del giorno Si arrivò a nominare una Commissione di conciliazione con un arbitro svizzero”.
Passarono altri due anni.
“La vicenda si concluse nell’ottobre 1953 e con alcune decisioni minori nel 1960. Ma non tutte le richieste italiane furono accolte”.
Me ne dica una che fu accolta.
“L’attribuzione in proprietà al comune di Triora per Realdo di seicento ettari di pascoli e boschi situati in territorio ormai francese”.
Assillata dalla guerriglia in Corsica, la Francia di Chirac sondava l’Italia per un’intesa sull’isola, proponendone, ripetutamente, ma verbalmente, la restituzione…
“La Corsica vuole essere indipendente ed è un problema anche per Macron. Per Tenda e Briga invece il discorso è ormai chiuso. Eppure Tenda ha col Piemonte legami culturali (stesso dialetto) e commerciali”.
Un esempio recente di questi legami?
“Il presidente della Regione Piemonte nello scorso inverno ha concesso gratuitamente a Tenda due treni giornalieri per Limone, essendo il valico stradale del Colle di Tenda, interrotto dalla tempesta Alex”.
La cessione di Briga e Tenda è nota ormai quasi solo per il film La legge è legge di Christian-Jaque (1958).
“Questo film con Fernandel e Totò ha fatto ridere italiani e francesi, ma tante vicende simili e vere non sono state simpatiche”.
Continui.
“Rimando a Maurice Mauriel, studioso francese di Nizza che ora vive in Normandia. Lui ha pubblicato l’articolo “Quelques conséquences de l’annexion de Tende et de La Brigue à la France (1947)”, citando documenti di espulsione di abitanti di Tenda per aver voluto conservare la cittadinanza italiana… Il film con Totò si riferiva a Tenda, ma anche a Clavière, divisa per molti anni da una sbarra di dogana e due di polizia”.
Il suo libro interrompe questo oblio.
“Sì. E per ricordare i tanti sacrifici sopportati da persone delle zone di frontiera, durante la guerra e nel dopo guerra. Zone di reclutamento degli alpini: molti di quei giovani non tornarono dalla Russia”.
Prosegua.
“Vorrei che non fossero dimenticate persone straordinarie come la signora Nilla Gismondi, presidente del Comitato per l’Italianità della Valle Roia, e un giovane prete, Don Guido Pastor, grande amico e protettore dei pastori di Realdo e tante altre persone meritevoli di rispetto che qui non cito, ma che i lettori incontreranno leggendo il libro”.
A quali fonti ha attinto?
“All’archivio del Comitato. Leggendo quelle carte, ho rivissuto attraverso gli scritti dei protagonisti. Il libro ha avuto una grande accoglienza specialmente nelle zone di frontiera ed un editore di Breil-sur-Roya stamperà l’edizione francese perché anche i francesi vogliono capire che cosa è realmente successo al di là della accesa propaganda che venne fatta attraverso il Rattachement”.
Nel 1997 solo Il Giornale commemorava la cessione nel 1947 di Briga e Tenda. I bambini del luogo, da un giorno all’altro, andarono a scuola in una lingua non loro; una volta cresciuti, caddero in Indocina e Algeria per la République. Infatti la Francia ignorava e ignora il bilinguismo.
“I filo francesi hanno anche detto che a Tenda e Briga si parlava francese prima dell’arrivo dei francesi. Io ho frequentato la quinta elementare e la prima media a Tenda, dove eravamo stati costretti a sfollare da Piena Bassa nell’ottobre 1944: tutti parlavano italiano, oltre al dialetto locale, simile al piemontese a Tenda e roiasco a Briga”.
Anche la memoria dei nomi propri è stata estirpata.
“Perfino quelli dei caduti nella Grande Guerra sono stati tradotti in francese, come in località Libri, dove una lapide sul muro della chiesa ha sostituito il monumento demolito per fare posto alle automobili nella piazza del paese. Per molto tempo i canti religiosi in chiesa sono risuonati in italiano ed oggi molti abitanti di Tenda e Briga rispondono volentieri in italiano”.
Qual è l’immagine dell’Italia in quest’angolo di Francia?
“L’Italia non è più vista in senso negativo e recentemente in un bando pubblico, volto a fare nascere iniziative per lo sviluppo della Valle Roia, è stata resa disponibile la traduzione automatica in italiano. Spesso in incontri promossi da Associazioni transfrontaliere risuonano canti della nostra tradizione alpina”.
Ventimiglia, Bordighera e Arma di Taggia sono italiane grazie agli Stati Uniti, che respinsero gli occupanti francesi nella primavera 1945. Italo Calvino ha scritto Il sentiero dei nidi di ragno sui partigiani della zona, ma nemmeno una riga su quei giorni di occupazione…
“Si, è vero. Stati Uniti e Gran Bretagna ci aiutarono a limitare le richieste di De Gaulle, che voleva l’Italia ridimensionata al livello di potenza secondaria nel Mediterraneo. Ma anche il Comitato per l’Italianità della Valle Roia ebbe un ruolo non trascurabile. Quanto a ciò che Calvino non scrisse, il problema è complesso e da approfondire. I problemi di frontiera per gli italiani sconfitti forse non sembravano interessanti per gli scrittori orientati a sinistra quando l’Unione Sovietica appoggiava le richieste francesi”.
Un esempio?
“Il 29 giugno 1946 il quotidiano Nice-Matin riportò a grandi titoli il ringraziamento di Bidault, ministro degli esteri, al collega sovietico Molotov per il sostegno alle tesi francesi contro l’Italia”.
Un esempio di tenacia italiana?
“Maria Tarditi, prolifera scrittrice piemontese, che parla del suo arrivo a Realdo come maestrina al primo incarico, mentre infierivano i contrasti tra filo italiani e filo francesi”.
Come visse, dottor Iperti, quel periodo?
“Storie di Frontiera è storia, ma anche autobiografia. Ho visto le distruzioni della guerra, le bombe staccarsi dagli aerei, ho sentito l’odore della polvere delle macerie nelle mie narici di bambino. Ho percorso undicenne a piedi, coi miei genitori e mio fratello di sette anni, di notte e sotto la pioggia i quattordici km dalla nostra casa di Piena Bassa a Fontan, costretti dai tedeschi a sfollare. Per mesi i francesi mi hanno vietato di visitare a Piena i nonni, perché mio padre aveva optato per la cittadinanza italiana”.
Gli italiani ricordano talora Nilla Pizzi al Festival di Sanremo del 1951. Ma mai Nilla Gismondi, che era di Sanremo, però una patriota e non una cantante.
“Ebbene è proprio lei in certo qual modo la protagonista del mio libro. Nata in una famiglia in vista di Sanremo, nell’immediato dopoguerra, quarantenne, era entrata in contatto con Paolo Emilio Taviani, che da Genova seguiva le vicende della Liguria occidentale: dopo l’occupazione del territorio di frontiera da parte di truppe francesi, era iniziata la loro propaganda per l’annessione alla Francia di Ventimiglia, Valle Nervia e Valle Roia, campagna continuata dopo la sostituzione, in luglio, del presidio francese con quello anglo-americano”.
Da parte italiana che cosa si faceva?
“Poco e Nilla Gismondi se ne lamentò con Taviani nel maggio 1946. ‘Organizzi un comitato’, le disse Taviani. Nilla diede vita al Comitato per l’Italianità della Valle Roia, con influenti personaggi come Franco Fusaro, che poi sarebbe diventato sindaco di Sanremo. I primi interlocutori istituzionali furono Alcide De Gasperi e Carlo Sforza”.
Vi sono state associazioni simili al comitato?
“L’Associazione Esuli Alta Valle Roia del senatore Badini Confalonieri. Ne fece parte Guido d’Alberti della Briga, che era stato arrestato a Tenda, nel giorno del primo plebiscito del 1945. Parente del conte Magistrati, cognato di Galeazzo Ciano, Guido d’Alberti era considerato il principale rappresentante dell’opposizione italiana alla Francia. Egli era accusato di atteggiamento fascista per aver ospitato un ufficiale italiano in missione segreta su autorizzazione del Comando alleato. Nell’Associazione era anche l’ingegnere Aldo Ruffi, di origine brigasca, ma residente fuori dalla valle”.
Il governo si celava dietro di loro?
“Incombevano problemi economici politici, urgeva essere accolti nel Patto Atlantico per scongiurare il pericolo che veniva da Est e potersi riarmare. Occorreva dunque l’accordo della Francia. La Gismondi mise a disposizione della commissione di conciliazione documenti ed il supporto politico per ottenere una sentenza in gran parte favorevole ai comuni liguri e piemontesi per il ricupero dei loro beni rimasti al di là della frontiera”.