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Francia. Vince Macron ma la destra patriottica coglie consensi record

Il ballottaggio conferma il capo di En Marche alla presidenza. Marine Le Pen perde ma è ancora crescita di consensi. A giugno l’appuntamento con le legislative

by Domenico Pistilli
27 Aprile 2022
in Esteri
2
Macron vs Marine Le Pen

La Francia ha scelto. Emmanuel Macron rimarrà all’Eliseo per altri cinque anni. Il secondo tempo della corsa presidenziale ha decretato la (nuova) vittoria del capo di Stato uscente sulla signora della destra d’Oltralpe Marine Le Pen. Secondo i dati definitivi il guru di En Marche ha ottenuto il 58,55% delle preferenze, con 18,7 milioni di voti. La Le Pen si è fermata al 41,45%, con 13,3 milioni di voti. Ad un livello molto alto l’astensione: 28,01%. Il 10 aprile, al primo turno, aveva raggiunto il 26,31%.

Macron e lo spettro dell’impopolarità

Al di là della sconfitta, quello della destra patriottica in Francia è un risultato record. Marine Le Pen perde ma non sfigura. Anzi. Il serbatoio delle preferenze totalizzate dalla leader del Rassemblement National è notevole e certifica un malcontento crescente nei confronti dell’establishment e del racconto dominante. Al primo duello tra la Le Pen e Macron, nel 2017, quest’ultimo fu proclamato presidente della Repubblica rendendosi protagonista di una performance più lusinghiera e rassicurante. Allora si registrò una cesura assai profonda: Macron arrivò al 66,10%, mentre la Le Pen ottenne il 33,90%.

Cinque anni dopo l’esito è lo stesso ma i numeri sono piuttosto differenti. In molti hanno optato per Macron più per “necessità” che per convinzione, avendo come unico collante quello di sbarrare la strada alla figlia di Jean Marie in nome di un ricompattato “fronte repubblicano” che ha fatto scudo intorno al presidente uscente allo scopo di scongiurare il rischio tangibile della destra all’Eliseo.

“Macron è il più mal eletto dei presidenti della Quinta Repubblica. Galleggia in un oceano di astensione, di schede bianche e nulle”, ha sentenziato Jean-Luc Melenchon, l’alfiere gauchista e capo di France insoumise che il 10 aprile è riuscito ad accumulare il 21,95% sfiorando il ballottaggio. Stando ad un sondaggio Ipsos, il 42% degli elettori che hanno votato al primo turno per il candidato della sinistra radicale si è pronunciato al secondo turno a favore del doppio mandato; il 17% invece ha appoggiato la Le Pen.

A giugno il terzo round

Comunque, venuto meno il voto di circostanza si torna ai vecchi e mai sopiti malumori di un Paese profondamente lacerato e insoddisfatto. Già tra poche settimane lo attende un appuntamento decisivo. Il 12 e 19 di giugno i francesi infatti rinnoveranno alle legislative per cinque anni l’Assemblea nazionale, dove i 577 deputati eletti dovranno formulare una maggioranza nell’ottica di indicare il primo ministro, nominato dal presidente della Repubblica.

Non va esclusa l’incognita coabitazione, ossia il fenomeno di un primo ministro espresso da una maggioranza di segno politico diverso da quello del capo di Stato. I poteri di quest’ultimo ne uscirebbero evidentemente limitati. La possibilità stuzzica le ambizioni non solo di Melenchon, che già ha parlato di “terzo turno” avvisando che battere Macron si può, ma anche della Le Pen la quale ha lanciato la “grande battaglia” delle legislative.

Bisogna peraltro considerare il ruolo che potrebbe giocare sul versante destro il fondatore di Reconquete Eric Zemmour. Il polemista, insieme a Marion Marechal-Le Pen, nipote di Marine da poco diventata in barba al vincolo familiare vicepresidente del partito di Zemmour, ha invocato l’unione del fronte identitario in vista di giugno (tuttavia, almeno per adesso, il presidente ad interim del RN Jordan Bardella ha escluso alleanze).

Insomma, si può dire che in Francia il mosaico debba ancora delinearsi. La partita non è chiusa del tutto.

Domenico Pistilli

Domenico Pistilli

Domenico Pistilli su Barbadillo.it

Tags: franciale penmacron

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Comments 2

  1. Guidobono says:
    3 settimane ago

    Bell’articolo. Condivido. Credo, toccando un altro argomento, occorrerebbe un’iniziativa del centro-destra in Italia per cambiare l’approcio di Draghi e del suo governo alla crisi ucraina. Di questo passo tutto peggiora. Ci troveremo coinvolti in una guerra che non vogliamo e non ci serve. Degli ucraini ce ne frega poco, in maggioranza li abbiamo sempre addirttura confusi con i russi, ammettiamolo senza ipocrisie, della carriera di Draghi ancor meno. Quindi pensiamo alle risorse ernergetiche russe e basta sanzioni. All’Ucraina aiuti umanitari, non armi. Che il mediocre attore di Kiev si cerchi un rifugio e la smetta di far danni. Che gli americani, non solo gli ebeti europei, capiscano che Sleepy Joe li conduce alla rovina…Che si scenda in piazza ad urlarlo ben forte…. Non siamo suicidi o masochisti incalliti…

  2. Luciano Zippi says:
    3 settimane ago

    Come si fa a confondere gli Ucraini con chi ne ha fatti morire a milioni per fame 90 anni fa?

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