La domanda più ricorrente tra i media e gli appassionati, nelle ultime tre stagioni e dopo un saggio delle sue qualità offerte nel biennio 2018-2019, era cosa avrebbe fatto Leclerc quando la Ferrari fosse riuscita a consegnarli una vettura realmente forte, con la quale dare il massimo sfoggio del proprio immenso talento.
Ecco, per rispondere è sufficiente soffermarsi sullo scintillante inizio della stagione 2022: con la F1-75 a Maranello si sono superati, progettando una monoposto financo dominante, veloce in qualifica sul giro secco, gentile con gli pneumatici, martellante sul passo gara.
La vittoria di Leclerc a Melbourne, la quarta nella carriera del monegasco, ha ricordato un dominio di altri tempi, quando i motori avevano due, se non quattro cilindri in più degli attuali v6: pole position, giro più veloce (siglato proprio all’ultima tornata), tutto il Gran Premio in testa e gradino più alto del podio.
Si ricordi inoltre, ed è inutile nascondersi una volta archiviata la doppietta del Bahrain, che senza la neutralizzazione virtuale a Gedda, Leclerc poteva portare al successo la sua Ferrari anche in Arabia Saudita, sfumato per poco più di cinque decimi.
Insomma, trascorse le ultime annate a rincorrere, quest’anno le scelte di Maranello, dalle pance al muso (solo per citare le più “in vista”), sembrerebbero aver pagato, l’entusiasmo di nuovo regnare e il bagno di folla atteso per Imola, una naturale conseguenza.
Questioni di volante
L’unica nota stonata della domenica ferrarista è arrivata da Carlos Sainz, che non è riuscito a dare continuità ai due podi iniziali: lo spagnolo è finito fuori al secondo giro mentre cercava di recuperare da una qualifica insoddisfacente, acuita dalla partenza da incubo.
Molto si è speculato sul fatto che il madrileno avesse scelto delle gomme dure per il primo stint, una tipologia di pneumatico che non garantisce la massima aderenza.
In realtà, la vera problematica è stata la mancanza di tempo necessario per rimpostare il volante (banalmente, a partire dalla modulazione della frizione), avendolo sostituito a pochi istanti dal giro di formazione: il volante, nella Formula 1 contemporanea, è più di un computer di bordo e ogni pilota lo assetta secondo le proprie preferenze, caratteristiche.
Per di più, i due alfieri della Ferrari hanno optato per due scelte radicalmente differenti sulla leva della frizione se da una parte, infatti, Leclerc utilizza come frizione un solo bilanciere, riprendendo l’impostazione a leva unica introdotta dalla Ferrari nel 2016, Sainz invece, in continuità con i tempi della McLaren, utilizza una doppia leva, sia a destra che a sinistra.
Gli sfidanti
Ad ogni modo, chi dall’Australia torna con le ossa rotte è sicuramente la Red Bull e non certo per il bel secondo posto di Perez, ottenuto senza strafare: gli austriaci hanno sofferto di gravi problemi di affidabilità e a peggiorare la situazione, il fatto che Verstappen, al secondo zero in tre Gran Premi, non sembri sempre a suo agio con la RB18.
Non di rado, per inseguire il Cavallino, l’olandese si ritrova a guidare sempre al limite, nervosamente, stressando il mezzo meccanico.
Su tutti comunque la più deludente è stata ancora una volta l’Aston Martin, l’unica squadra a non aver marcato ancora neanche un punto: per gli inglesi, la tre giorni australiana, si è aperta con il motore rotto da Vettel nelle FP1, è proseguita con gli incidenti di entrambi i piloti nelle FP3 e di Stroll (penalizzato) in qualifica ed è terminata con Vettel di nuovo a muro (ritiro) in gara e Stroll dodicesimo, fuori dalla zona punti.
Quello che fa più impressione, oltre ad un Vettel apparso non propriamente motivatissimo, è che questi risultati stiano arrivando nonostante una gran mole di investimenti, a cominciare dalla costruzione della nuova sede, che su base quinquennale dovrebbero portare la squadra a lottare (questo almeno secondo le dichiarazioni del proprietario e fondatore Lawrence Stroll) per il vertice alto della classifica.
Paradossalmente invece, qualche timido segnale è arrivato dalla McLaren, con Norris quarto in qualifica e quinto in gara davanti al compagno Ricciardo, come pure dalla Mercedes: la F1 W13 continua a stupire in negativo per le deficienze aereodinamiche che non consentono un inserimento preciso in curva, oltre a riflettersi nell’ormai ben noto fenomeno del porpoising, evidentissimo soprattutto in qualifica, quando si gira con i serbatoi scarichi.
Eppure, senza aver portato aggiornamenti (almeno a detta dei piloti) e al di là della partenza felice di Hamilton, Russell sfruttando anche la Safety Car (e chiaramente grazie al ritiro di Verstappen) ha portato a casa un buon terzo posto, chiudendo davanti al compagno.
La prossima tappa sarà quella di Imola e non è peregrino immaginare quale entusiasmo saluterà la quarta tappa stagionale, in attesa di verificare se qualcuno dei valori in campo fin qui emersi possa essere oggetto di revisione.