Il paradosso dei nostri tempi non è di poco conto. Si basa sul fatto che la costruzione della realtà sociale in cui viviamo poggia le fondamenta sull’ideologia liberale della società aperta. E’ dagli anni 90 che Popper viene predicato in ogni salsa ed in ogni circuito relazionale di potere. I risultati sono paradossalmente un rovesciamento degli intenti. Una proiezione psicologica del suo contrario, la realizzazione di una società chiusa, statica, dirigista e collettivista.
Economia liberale?
I risultati economici di questa proiezione sono sotto gli occhi di tutti. Molti economisti parlano chiaramente di Stagnazione Secolare. Un fenomeno dovuto alle politiche di ingegneria sociale ed economica degli ultimi trent’anni. In sintesi, l’occidente globalista avrebbe prodotto le condizioni per radicalizzare la discrepanza fra l’alta propensione al risparmio e l’investimento reale, produttivo, rischioso ma vitale.
Folle stampa di moneta, finanziarizzazione estrema, delocalizzazione, hanno portato ad un tasso di interesse reale negativo, alla deflazione strutturale delle economie reali, ad un impoverimento sociale e spirituale tipico delle società decadenti. L’accumulazione finanziaria rappresenta, quindi, lo specchio di una società vecchia, fatta da classi dirigenti anziane, inadatte al rischio, all’agone, tese unicamente all’investimento di scala su modelli iper-razionali per nulla combacianti con la realtà.
Tornano in mente le analisi di Ezra Pound, la connessione fra usura e decadenza, fra cicli vitali e finanza sterile. Ma anche le intuizioni straordinarie di Silvio Gesell, l’economista anarchico, capace di teorizzare una moneta a tempo, una moneta soggetta ai cicli produttivi naturali, e per questo antidoto ai fenomeni pericolosi di accumulazione; mentre si contano i trilioni di dollari stampati gratuitamente e le rendite negative dei tassi d’interesse, la stagnazione endemica e la mancanza di materie prime rendono onore alla preveggenza di un economista libertario decisamente sottovalutato.
La società chiusissima
Questo assurdo equilibrio non vitale si estrinseca in una società ossessionata dall’inclusività, dalla libera espressione, dall’esacerbante ricerca di una effettiva individualità, dal rapporto armonioso fra programmazione industriale e ambiente. Sono chiaramente tutte proiezioni psicologiche di un malessere malamente camuffato: i nodi vengono al pettine, e l’élite della finanza recessiva cerca di imporre orwellianamente una visione del tutto irreale, ideologica, totalitaria.
Nell’occidente che non produce, che non vive, che non lotta per la propria serenità, gli individui sono schiacciati da una burocrazia sempre più invadente, pericolosa, crudele nelle sue tentazioni biopolitiche. Il potere si difende dalla propria menzogna, dalla realtà di una società chiusa, fatta di barriere, dazi, quote, tasse, divieti, permessi. Lo Stato non è più il luogo dell’accordo fra pari, fra patres, ma il freddo mostro combattuto da Nietzsche.
Il paternalismo anziano
Siamo difronte alla dittatura del paternalismo. Chi possiede e gestisce la bolla speculativa ha più di 65 anni. Nella politica, nei cda, nel sistema bancario, la lotta di classe è anche una lotta di dominazione generazionale. Il paternalismo non vuole investimenti rischiosi, non vuole tasse basse, non vuole la divisione del lavoro, la vera libertà del commercio, servizi efficienti e una politica di rinascita. Al vitalismo preferisce il vitalizio, la rendita, la ripetizione schematica di investimenti sicuri ma inutili; siamo di fronte ad una dominazione paurosa, isterica, alla sublimazione della paura che genera paura. Cerchiamo di capire il punto: siamo difronte alla nascita di una dittatura che non solo usa la paura, ma soprattutto, ha essa stessa paura: di perdere potere, accumulazione, di vedere confutati i propri schemi razionali.
“La Società Aperta e i suoi nemici”, scriveva Popper; oggi di quel grande progetto elitista rimane soltanto l’ossessione di un grande club di anziani verso l’insieme, appunto, dei suoi nemici. Giovani, salariati, piccole partite iva. Tutti quelli che la gestione speculativa della moneta fiat taglia fuori dalla crescita, dalla vita, dalla libertà titanica del genere umano di determinare il proprio percorso di autonomia.