La rielezione di Mattarella al Colle Quirino sancisce il tramonto definitivo del bipolarismo. Un bipolarismo che, sia chiaro, si trascinava fintamente e stancamente da ormai quasi dieci lunghi anni; il tempo in cui, cioè, il suo fondatore e simbolo, Silvio Berlusconi, poneva fine alla sua anomalia anti-sistema, al suo eccentrico modo di rappresentare il solco della Terza Via italiana, divenendo parte integrante, moderata, e fedele della tecnocrazia europea.
Il centro-destra nei fatti, non esiste più; ma solo uno sciocco non avrebbe scommesso fortemente sul suo sfaldamento osservando il liberi tutti che ne ha caratterizzato il modus operandi dal governo Monti in poi. Alla fine, senza il berlusconismo, senza l’antipotere del populismo televisivo, l’Italia torna in un 1992 in cui tutto si compie con vent’anni di ritardo: fine della sovranità politica ed economica, vincolo esterno, smantellamento del sistema pubblico, volutamente sempre più astruso, odioso ed inefficiente. Non è un caso sia proprio Mario Draghi a governare la definitiva transizione nel Wto, come piattaforma logistico-turistica, del Bel Paese.
Pd neomoroteo
Il Pd come nuova Dc, quel che resterà dei 5S come componente sudista e progressista di questa stessa DC; Renzi, Calenda, Toti, a completare il nuovo pentapartito spostato su Grande Distribuzione e Confindustria.
La Lega
Di difficile analisi la posizione della Lega; il tramonto di Matteo Salvini come leader di maggioranza non lascia spazio ad una alternativa interna. Il produttivismo liberista di Giorgetti fallisce proprio nel tanto voluto governo Draghi. Restano gli orticelli nordisti di Zaia e Fedriga, destinati tuttavia a mantenere in piedi un nuovo autonomismo del tutto ininfluente sulla grande scacchiera.
La Meloni
Giorgia Meloni, per contro, è la vera vincitrice morale dopo la debacle politica di questa fatiscente classe dirigente. Chiara e cocciuta, onesta e diretta, tradita e bullizzata da alleati indecorosi, eredita per capacità tattiche più che strategiche, il vasto mondo elettorale del fu maggioritario anticomunista; all’orizzonte il cambio del nome del partito, lo spegnimento definitivo della Fiamma, ed il tentativo, già accarezzato subito dopo il governo Monti, di divenire il punto di riferimento del mondo delle piccole imprese e delle partite iva. Con la speranza che un ritorno sullo scenario internazionale di Donald Trump le riapra le porte della concretezza e del governo.
Il grande assente in questa fase? Il Partito del pensiero critico. Quella forza di popolo in grado di raccogliere le infinite verità nascoste dal sistema ed ormai palesi ai più ( teoria della moneta moderna, liberazione della tecnica, inquinamento, decrescita deflativa, denatalità…) ma non ancora organizzate in una concreta azione di rottura politica.
I cespugli
Arrancano in questo senso i nostalgici della costituzione del 1948, Paragone e Fusaro; un qualche fermento si evince nell’area critica ex 5S (Alternativa) non ancora caduta nel tranello Di Battista; non decolla il dogmatico e sovietico Marco Rizzo, mentre fa scalpore l’addio a CasaPound di Simone Di Stefano, fautore anni fa del progetto politico Sovranità (in linea con la Lega sovranista), mente pragmatica e concreta delle ambizioni elettorali della Tartaruga, oggi sigla sempre più presente in operazioni editoriali e metapolitiche.
Anni Novanta di ritorno
Insomma ben tornati anni ’90, per canto nostro, vista l’attualità di Dugin, Limonov e dei Nirvana, suona come un ritorno alla prima giovinezza.
Gran discorso Di Mattarella, punti salienti di necessità politica.. Però ci si può chiedere dove era Mattarella nei 7 anni precedenti,ripeto dove kacchio “cancello non si può dire”, era… Un pochetto di memoria,non può essere sempre tutto carosello anche nel politichese..