Ieri in molti media occidentali, ed italiani in particolare, la notizia del presunto bacio lesbo tra due atlete, ai Mondiali di atletica a Mosca, in segno di protesta contro la legge anti-propaganda gay in Russia ha trovato quasi lo stesso spazio della guerra civile egiziana. Giornali, Tv e siti hanno applaudito al “gesto ribelle” delle due atlete russe contro una legge giudicata simbolo della discriminazione.
Puntuale, però, è arrivata la smentita di Tatyana Firova e Kseniya Ryzhova: “Storie gonfiate dai media occidentali, era solo un’espressione di gioia”. Attorno ai Mondiali di atletica, insomma, si è creato un clamore mediatico che sta oscurando l’elemento sportivo per attaccare, criticare frontalmente il Governo russo. Tutti si aspettano l’azione eclatante degli atleti, in particolare dei russi, contro la famigerata legge “omofoba”. Ma sono arrivate due docce fredde, questa del falso bacio saffico e le dichiarazioni politicamente scorrette della campionessa russa del salto con l’asta Elena Isinbayeva in difesa della legge (poi costretta a ritrattare goffamente per l’aggressione mediatica planetaria subita).
Quella del bacio lesbo anti-Putin è una bufala causata innanzitutto dall’ignoranza. Nell’era dell’informazione 2.0 i giornalisti subiscono la viralità delle notizie senza neanche verificarne l’attendibilità. Tutto quello che passa dalle agenzie, o peggio da twitter e dai blog diventa “notizia”. Sarebbe bastata un po’ di cultura generale per sapere che nella tradizione russa il bacio tra persone dello stesso sesso non è considerato un atto omosessuale. I saccenti giornalisti liberal forse non hanno mai visto la famosa scena del bacio tra Brezhnev a Honecker, divenuta icona della guerra fredda.
Ignoranza ma anche malafede di chi vuole attaccare la sovranità della Russia. Nello scenario internazionale ormai da anni la Russia non rinuncia al ruolo di protagonismo e di interlocuzione diretta, politica ed economica, con gli Stati vicini tra cui quelli europei. Una strategia ostacolata in tutti i modi dagli Stati Uniti i quali hanno sostenuto, attraverso strategie d’avanguardia, le varie rivoluzioni “colorate” nei Paesi dell’ex URSS (Georgia, Ucraina e Kirghizistan) per sganciarli dalla galassia russa. Tra i teorici delle nuove tecniche non convenzionali per l’abbattimento di regimi ostili figurano Gene Sharp e Peter Ackerman. Alla base delle loro idee troviamo la costruzione di movimenti non violenti di opposizione interna rafforzati dalla disinformazione globale, e della guerra d’opinione, attraverso la nuova comunicazione in rete 2.0 (blog, social network e citizen-journalism). I due analisti privilegiano l’uso strumentale delle battaglie per i diritti civili per creare mobilitazione anti-governative. Non è un caso che la Russia sia da qualche anno al centro di analoghe proteste portate avanti da movimenti di natura transazionale.
Quello che sta avvenendo in Russia è stato già sperimentato, con diversi risultati, nei Paesi limitrofi ed in quelli arabi (vedi “primavere arabe”). Una strategia che però non sembra attecchire nella terra degli Zar dove tra la popolazione, ed il caso delle atlete è emblematico, forte è il senso dell’orgoglio nazionale connesso alla difesa della propria sovranità.