Glasgow, aprile 1974. La principale città scozzese va incontro alla primavera con i suoi palazzi ottocenteschi anneriti dal fumo, con le palazzine e le ville di vacanza dei ricchi che si specchiano nelle case popolari e nei quartieri più miseri, con le grandi fabbriche che cominciano ad essere abbandonate perché la crisi dell’industria pesante morde soprattutto in Scozia e nell’Inghilterra del Nord.
All’improvviso lo scoppio di una bomba distrugge un alloggio in un quartiere modesto e ci lascia la pelle un giovane sconosciuto, che stava provando a costruire l’ordigno dinamitardo. Sul posto accorrono l’ispettore di polizia Harry McCoy e il suo braccio destro, il novellino Watson detto “Wattie”, che cercano a fatica di orientarsi nel mistero dello sfortunato bombarolo: era uno squilibrato, manovalanza della criminalità oppure un emulo dei terroristi dell’IRA della vicina Belfast?
Il mistero
Comincia così “I morti di aprile”, il quarto romanzo della serie che lo scrittore scozzese Alan Parks, 58 anni, nuova stella del Tartan Noir, ha dedicato alla figura dell’ispettore McCoy. Uno sbirro molto “sui generis”: cresciuto senza genitori, sposato e precocemente divorziato dopo la morte del figlio neonato, propenso ad esagerare con la birra e con il whisky (come tre quarti della popolazione di Glasgow, a leggere il romanzo) e non estraneo al consumo di droga, malato di ulcera e come se non bastasse amico quasi a forza di un boss della malavita, dal quale è stato salvato durante l’adolescenza in orfanotrofio.
A questi dettagli si aggiunga la descrizione senza sconti della Glasgow di quasi cinquant’anni fa (dura, violenta, proletaria e politicamente scorretta), di un comando di polizia senza quote rosa e dove regnano i modi spicci (e si fumano centinaia di sigarette e dai cassetti delle scrivanie le fiaschette di whisky saltano fuori con una certa facilità); oltreché un linguaggio crudo al limite del cinismo. Quanto basta per capire che la serie di Parks (ad oggi una tetralogia) non è materia per lettori dal cuore tenero. Eppure, ci vuole poco per innamorarsi di Harry McCoy e della sua Glasgow d’antan, di solito è sufficiente leggere una cinquantina di pagine di uno qualsiasi dei quattro romanzi per rimanere impigliato nelle trame avvolgenti, nel ritmo narrativo che alterna colpi di scena ad approfondimenti psicologici, nello spessore dei personaggi tutt’altro che banali e stereotipati, a cominciare dal protagonista e per finire al suo alter-ego criminale Stevie Cooper.
Le indagini di McCoy
Parks ha adottato il vezzo di far svolgere le indagini di McCoy ogni volta in un mese diverso, presentando così una Glasgow sotto la neve, flagellata dalla pioggia o, come in questo ultimo caso, alle prese con i primi caldi primaverili. Quindi abbiamo, in ordine di apparizione, “Gennaio di sangue” (2019), “Il figlio di febbraio” (2020), “L’ultima canzone di Bobby March” (cioè marzo in inglese, del 2020), e infine “I morti di aprile”, uscito nei mesi scorsi. Tutti pubblicati da Bompiani con l’ottima traduzione di Marco Drago.
Allo scoppio della bomba artigianale seguono due misteriosi attentati dinamitardi in una chiesa e in una fabbrica di birra e McCoy intuisce che il caso è collegato alla scomparsa di un giovane marinaio americano. Il padre di quest’ultimo, arrivato dagli Usa per rintracciarlo, chiede aiuto proprio a McCoy e come se non bastasse Cooper, l’equivoco amico di una vita, lo coinvolge in una faida tra bande rivali, mentre un’altra bomba colpisce il cuore della città. In una corsa contro il tempo, tra attentati e segreti impronunciabili, McCoy è chiamato a risolvere il mistero dei morti di aprile.
E la faccenda si complica ulteriormente quando a Glasgow compaiono gli agenti dell’antiterrorismo britannico, gli stessi che nell’Irlanda del Nord stanno compiendo operazioni “coperte” ben al di là della legalità, e sullo sfondo si staglia la figura di un anziano colonnello dell’esercito, eroe delle guerre imperialiste della Corona in giro per il mondo, che si circonda di un piccolo e fedele gruppo di pretoriani. A questo punto il giallo a forti tinte noir di Parks vira verso il thriller politico, che diventa specchio di una società in trasformazione e di una storia recente ancora tutta da riscrivere.