Il 17 ottobre ricorrerà il 76° anniversario della “Marcia dei Descamisados”, la manifestazione oceanica (più di 500 mila persone, forse addirittura un milione) che nel 1945 invase il centro di Buenos Aires esigendo la scarcerazione di Peròn, un evento epocale che spianò la strada all’elezione del generale alla presidenza della repubblica, pochi mesi dopo. Anche quest’anno in Argentina si svolgeranno molte manifestazioni per celebrare l’atto fondante del peronismo, chiamato anche “Dìa de la Lealtad” (il Giorno della Lealtà), sebbene nel grande Paese sudamericano il neoperonismo sia in grande difficoltà per la crisi economica e le conseguenze dell’emergenza sanitaria e il movimento giustizialista continui ad essere frammentato in varie anime, spesso in guerra fra loro.
A distanza di tanti anni che cosa resta di quella storica marcia? D’istinto verrebbe da dire molto poco, soprattutto paragonando le linee dottrinarie del peronismo originale con le politiche dell’attuale governo di Alberto Fernandez, molto più simile a una socialdemocrazia annacquata che non alla “tercera posiciòn” teorizzata dal generale. A questo proposito può tornare utile la lettura di “Juan Domingo Peròn”, un agile volume uscito pochi mesi fa e scritto dallo studioso di politica latino-americana Luca Lezzi per la collana Profili delle edizioni Fergen, diretta da Gennaro Malgeri. La prefazione è di Mario Bozzi Sentieri.
In poco più di cento pagine Lezzi traccia un profilo dell’uomo che ha segnato la politica argentina del Novecento (è stato eletto tre volte presidente) e che ancora ne influenza il destino nel XXI secolo, sia pure con modalità spurie e variegate. E soprattutto prova a spiegare i riferimenti ideologici e il programma politico che tuttora, almeno sulla carta, detta l’agenda politica dei governi di Buenos Aires. Il volume dello studioso salernitano prende in esame soprattutto il peronismo delle origini, quello che in un decennio (dal 1945 al 1955, anno del golpe militare contro Peròn) ha completamente trasformato l’Argentina e ha posto le basi per la sua modernizzazione.
Nel libro, Lezzi descrive la parabola politica di Perón, dalla conquista del potere (culminata appunto nella Marcia dei Descamisados) al primo mandato presidenziale; poi il secondo mandato, il golpe, l’esilio e il ritorno finale alla presidenza nel 1973, a fronte però di un Paese profondamente cambiato e di una malattia incipiente. Negli altri capitoli l’autore sviluppa invece alcuni temi specifici: il rapporto con la moglie Evita, vera e propria anima del peronismo più popolare; la dottrina giustizialista, in particolare in relazione con i fascismi europei; l’influenza sugli altri populismi sudamericani e su quelli del XXI secolo, dal venezuelano Chavez al Kirchnerismo argentino. Nelle pagine finali del testo, arricchito da alcune appendici e una cronologia essenziale dei principali avvenimenti, trovano spazio anche audaci confronti che legano Perón a personaggi di differente estrazione come Ernesto “Che” Guevara, Jean Thiriart, Sandino e appunto Hugo Chávez, che forse non a caso aveva un consigliere politico argentino e peronista, il sociologo di origine italiana Norberto Ceresole.
Luca Lezzi presenterà il suo libro nella conferenza “La terza via di Peròn” in programma a Milano il prossimo 21 ottobre. L’incontro, al quale parteciperanno anche Alessio Toniolo, Lorenzo Roselli e Andrea Muratore, si svolgerà alle 18 allo Spazio Ritter, in via Achille Maiocchi 28.
La modernizzazione dell’Argentina, in quanto ad opere infrastrutturali, non fu però merito del peronismo (che spese, o dissipò, dipende dai punti di vista, le enormi riserve accumulate durante la WWII), quanto dei conservatori, prima del 1945, e poi dei radicali-desarrollisti di Frondizi ecc. Il peronismo in Argentina, al di là dell’abilità del ‘primo’ Perón, alla giustezza dei suoi postulati del 1945, in parte poi vanificati dagli eccessi della povera Evita, introdusse nella nazione degli elementi negativi, che continuano ad essere tali: uno smodato potere ai sindacati, spesso rapaci e corrotti, non l’instaurazione di uno ‘Stato Organico’; una concezione demagogica e populista dell’azione di governo, spesso di facciata (partite di calcio gratis per TV, tariffe servizi sussidiate ecc.), contingente e senza programmazione alcuna; l’indebitamento esterno smodato, dopo default in serie che hanno fatto perdere a Buenos Aires ogni credibilità internazionale; uno pseudo nazionalismo di tipo ‘futbolero-patriotero’ che si staglia sul discedito generalizzato dello Stato e delle sue istituzioni, considerate da molti degli stessi peronisti imbelli e tese soltanto agli interessi personali, di famiglie e gruppetti; una insicurezza generalizzata con polizie corrotte e colluse con la criminalità comune, una democrazia molto di facciata e ben poco di sostanza ecc…Ed oggi la cleptocrazia sfacciata dell’ultima incarnazione del peronismo: il kirchnerismo-cristinismo….
Si continua, da destra, a guardare con simpatia il peronismo delle origini. Ma quel primitivo peronismo, indubbiamente influenzato dal fascismo, é stato spazzato via, rimanendo alla ideologia e non alla prassi deteriore, da un sostanziale castrismo comunistoide, seppur populista, sin dagli anni sessanta del ‘900.