Pino Romualdi seguì sempre con estrema attenzione le evoluzioni politiche del mondo estremo-orientale e di quello medio-orientale. Sia la Rivoluzione Culturale di Mao Tse Tung prima, sia il nazionalismo han e confuciano di Deng Xiaoping poi erano considerati dal Romualdi dei possibili alleati tattici nella lotta contro l’Imperialismo Marxista Sovietico – allora egemone a livello planetario – e contro Yalta. Se già dagli anni del Grande Balzo in avanti Romualdi il machiavellico fu notevolmente colpito da Mao, dopo la morte del “grande timoniere” il presidente del MSI lo elogiò il 12 settembre ’76 sulle pagine del “Secolo d’Italia” rappresentandolo come uno degli statisti contemporanei più notevoli specificando che le Sinistre radicali occidentali non avevano capito nulla del suo insegnamento:
“Mao fu il più singolare fra i rivoluzionari di tutti i tempi….fu un uomo semplice e fortissimo, saggio e misterioso, sorridente e spietato, colui che ha reso la Cina protagonista mondiale”.
La lezione storica di Mao fu saper trasformare “la rivoluzione comunista in rivoluzione nazionale del suo popolo”. In seguito alle quattro modernizzazioni avviate da Deng Xiaoping, Romualdi si chiede quanto nazionalismo cinese, da Sun Yat Sen alle Camicie Blu filofasciste, vi sia in quella svolta paradigmatica impressa alla Cina. Ne “L’Italiano” del Marzo’79 Romualdi scrive, con anticipo di quarant’anni sui nostri giorni, che la Cina era ormai una potenza statalista e nazionalista legittimamente orientata al primato globale. Ben lo mostrò il sorprendente attacco militare di Pechino, per quanto indiretto, all’URSS imperialista in Indocina.
“La cara Cina, la Cina di Mao è finita; al suo posto vi è la terza potenza mondiale che ha molti problemi da risolvere, ma soprattutto una sua supremazia mondiale da affermare… Non più esportando le massime del libretto rosso, ma mutando radicalmente situazioni e equilibri politici e strategici in tutto il mondo….Pechino, attaccando il Vietnam, ha dimostrato, e non è poco, che le sue forze armate sono in grado di muoversi e colpire quando e come vogliono senza che le potentissime armate sovietiche possano mettersi in condizioni di muoversi per correre in soccorso dei loro amici vietnamiti in difficoltà”.
Romualdi, la Palestina e la rivoluzione iraniana
Il giornalista e studioso Gianni Scipione Rossi sostiene che le posizioni geopolitiche sul Medio Oriente di Pino Romualdi finirono per influenzare in senso filoarabo e filoislamico il Fronte della Gioventù missino degli anni ’70 e ’80 (Cfr La Destra e gli ebrei, Rubettino 2003, p. 121). La posizione del presidente missino sulla questione palestinese e islamica fu in effetti molto interessante e originale; posizione equilibrata, con al centro l’identità nazionale italiana logicamente, ma molto differente dal militarismo “bianco” filoisraeliano che serpeggiava allora negli ambienti della Destra evoliana, area che include anche il grande intellettuale Adriano Romualdi.
Pino Romualdi viceversa non perse mai occasione per sottolineare che fu l’URSS a volere fortemente la nascita di Israele, mettendo sempre in discussione, dal suo punto di vista missino, il presunto anticomunismo di Israele (Trestelle, Giro del Mondo, in “L’Italiano” Ottobre 1973, p. 589). Lungi dal riproporre la prassi mussoliniana della “Spada dell’Islam”, che Romualdi considerava giustamente legata ad un contesto troppo specifico, l’obiettivo principale, per una Destra patriottica e realista, si doveva spostare sulla apertura strategica modernizzatrice di Roma all’Islam. Romualdi stigmatizza addirittura gli Andreotti e i Craxi per il loro filoarabismo troppo equivoco e poco “nazionalista”:
“I nostri rapporti con il mondo arabo, i popoli cioè dell’altra sponda del Mediterraneo, non debbono essere che buoni, mentre ora sono immersi tra gli equivoci. Un mondo che occorre aprire ai nostri interessi economici e culturali, al nostro sviluppo tecnocratico, al crescere del nostro peso politico. Ma guai a credere di poter ragionare nello spirito della politica della “Spada dell’Islam”. Quella della “Spada dell’Islam” è una politica eccellente, ma soltanto quando della spada si ha l’elsa in pugno” (P. Romualdi, Israele tra i palestinesi, “L’Italiano”, Ottobre-Novembre 1982, p.20).
Nel corso della Rivoluzione iraniana del 1979, di contro alle solite vulgate invero molto superficiali e banali, dei soliti analisti occidentali che già allora vedevano “fondamentalismo islamico” in ogni dove, Romualdi specifica, con una lucidità che a riconsiderarla oggi è veramente impressionante, che il khomeinismo, a parte il naturale elemento sciita, è una moderna emanazione di una millenaria “sensibilità di irriducibile nazionalismo persiano” stanco del mercantilismo filoamericano e filosovietico dello scià, che si lasciò ispirare, con la Rivoluzione bianca del ‘63, da vecchi ideologi del Tudeh (il partito comunista iraniano).
Scrive appunto Romualdi che l’Unione Sovietica
“avrebbe preferito avere come vicino un impero, sia pure americanizzato e moderno, ma in realtà ancora un poco anacronistico come quello dello Scià” piuttosto che uno Stato nazionalista e islamico che sul piano antimarxista “è molto più integralista dei cattolici” (Trestelle, Giro del Mondo, “L’Italiano”, Gennaio 1979, p. 25).
Sostiene perciò il ricercatore della Fondazione Gramsci Gregorio Sorgonà, studioso della politica estera delle varie correnti missine, che il “filo-khomeinismo” dei rautiani e dei romualdiani, che non viene meno nemmeno di fronte alla vicenda degli ostaggi statunitensi in Iran, è un dato assai significativo che attesta, nel mondo della Destra alternativa, un definitivo superamento delle posizioni di politica internazionale di Evola che, ad esempio, nella decolonizzazione aveva visto un presunto successo del comunismo.
Romualdi fu il grande tra tutti, anche di Almirante e Rauti. Questi studi che state facendo sono ottimi dettagli e resconti.
*Il più grande
Molto interessante e ben fatto.
L’articolista avrebbe, per essere conclusivo esaustivo, potuto ben sottolineare come il concetto di Occidente di Pino fosse islamico-inclusivo, soprattutto dopo il 1970 e come Romualdi sostenesse, caso raro tra il neofascismo, il Nazionalismo algerino-arabo già dai primi Sessanta e non l’OAS (vicina a israele non a caso). Il concetto di Occidente in Romualdi finisce per includere così il mondo dell’Islam politico che ne diviene in un tal senso l’avanguardia. Il “filoarabismo” nero di Romualdi non va confuso, ben lo sottolinea l’autore, a quello laico di Andreotti o dei socialisti e si consideri che allora era comunque ancora potente il cd “Blocco Comunista”.
Grazie del commento Giuseppe, il tema meriterebbe di essere ulteriormente approfondito
Grazie a voi, si sicuramente l’autore Giovanni Luca che vedo ben inserito nella vicenda può fare una terza parte dopo le due ottime stesure su Romualdi geopolitico; può ben studiare il saggio Il Filoarabismo nero che ha visto la curatela del prof. Parlato, vari articoli degli anni ’80 di Pino Romualdi su Il Secolo d’Italia o sul nostro periodico di riferimento interno L’Italiano sulla guerra Iran Iraq come guerra nazionalista e non interislamica tra Persiani e Irakeni (in cui Romualdi vedeva una proiezione sovietica, ancor prima che statunitense, come ormai noto da documentazione uscita anche in Italia). C’è infine un discorso che Battioni accenna (Memorie senza tempo) che meriterebbe una maggiore ricerca, Romualdi era più vicino di quanto sappiamo o immaginiamo, anche umanamente, ad Aldo Moro e alla corrente dell’intelligence nazionale filoaraba e più nazionalista. Fu un avversario del compromesso storico e del cattocomunismo, naturalmente, ma alla luce delle ricerche di Fasanella sulla regia mediorientale del delitto Moro a causa dell’azione di intelligence filopalestinese dei vari Miceli una fetta notevole di intelligence vicina ai missini, ai palestinesi e vicina al tempo stesso a Moro, ci spieghiamo ancora meglio l’arabismo nero di Romualdi e un po di tutta la corrente Destra Italiana, diversamente dai vari Pisanò e Tremaglia, rispettabili missini confusi però sulla Politica internazionale. Segnalo infine la visita in almeno due casi di rautiani e romualdiani all’ambasciata iraniana di Roma sita in via nomentana in solidarietà negli anni ’80, entrambe le visite furono ispirate dal contegno amichevole verso il nuovo Iran di Romualdi e di molti rautiani e delle casi editrici di destra che pubblicarono testi di Khomeini, in un caso vi era la presenza anche di Teodoro B. e dell’ex sindaco di Roma Alemanno. Vi ringrazio di nuovo per questi ottimi articoli.
Il socialismo arabo di Nasser era vicino alle teorizzazioni di Mussolini sin dalla fine egli anni ’30 (il GOU egiziano) e, tuttavia, vicino all’URSS, perchè i piccoli devono pur avere uno forte per alleato… Non esisteva Paese arabo o islamico che allora non fosse schierato con un Blocco o con l’altro… Peraltro, Nasser si rese conto nel 1967 che l’allineamento con l’URSS era sterile. Per questo il successore Sadat virò verso gli USA…
Il non-allineamento di Bandung (1955) in realtà faceva degli aderenti alla Conferenza degli alleati di fatto dell’URSS…
Il filo-Komeinismo è una delle tante ingenue caxxate di certa destra italiana…
No anzi una della poche cose positive il filokhomeinismo di destra
Il filo-Khomeinismo è un residuato storico, un negare ostinato, ma sterile e non riproducibile, che da secoli trono ed altare sono (e devono rimanere) separati, per il bene dell’uno e dell’altro… Tutta la nostra storia si basa su questa separazione…
ma non direi….l’Islam non ha gli stessi parametri del cristianesimo. questo mi pare molto autorefenziale e eurocentrico
Infatti i seguaci khomeinisti hanno trasformato il Libano in un giardino in cui è una delizia viverci..Per esempio!!
L’Islam non esisterebbe senza le religioni monoteiste che l’hanno preceduto: zoroastrismo, ebraismo, cristianesimo… L’Islam più evoluto separa trono ed altare…
Master: tu che cosa sei? Sciita khomeinista, terzomondista, seguace della Cancel Culture?
In Libano la guerra civile scoppiò ben prim,a della rivoluzione khomeinista, su non scherziamo….