Nei giorni scorsi il Governo australiano ha deciso di interrompere la collaborazione intrapresa nel 2016 con la Francia per la fornitura di sottomarini convenzionali, rivolgendosi invece agli USA e al Regno Unito che, nel quadro del nuovo accordo militare trilaterale denominato “Aukus”, doteranno Canberra di una flotta di sottomarini a propulsione nucleare.
Al netto dell’ovvia valenza strategica anticinese della mossa, ha colpito gli osservatori l’insolita durezza delle reazioni di Parigi, che si trova – forse per la prima volta- ad essere protagonista di un fallimento commerciale e politico simile a quelli da lei stessa fatti assaporare in più occasioni ad altri Paesi, compresa l’Italia. Il Ministro degli Esteri Le Drian, in particolare, ha severamente criticato Washington per aver escluso “l’Europa” dal nuovo patto militare. L’Europa concepita naturalmente alla francese: comodo strumento di difesa dei propri interessi, quando serve, o al contrario orpello facilmente aggirabile se non ne garantisce il soddisfacimento.
E’ ironico che tutto questo avvenga in corrispondenza del riaprirsi, dopo il fallimento afghano, del sempiterno dibattito sulla “difesa comune europea”: uno strumento necessario, eppure mai raggiunto proprio perché – a parte la storica diffidenza di vari partner, Francia in testa – l’Europa ha sempre preferito stare comodamente appollaiata sulla spalla del gigante americano. Oggi che lo spostamento dell’asse degli interessi statunitensi verso l’Indo-Pacifico, avviato da Trump e ripreso pari pari da Biden, ha cambiato le carte in tavola, Bruxelles non sa ancora come muoversi: resta in ogni caso molto difficile che lo possa fare nella sua classica maniera unanimistica.
In questo quadro di generale irrilevanza del Vecchio Continente, verrà ben presto messa alla prova l’apparente maggior assertività italiana e in particolare del nostro Presidente del Consiglio Draghi che, in vista dell’abbandono del potere da parte di Angela Merkel, sembrava aver proposto a Macron un virtuale “patto a due” per la conduzione dell’UE. Una scommessa molto difficile, un po’ perché minata dalla sopraggiunta debolezza della Francia (fallimento australiano docet), e di Macron in quanto leader non sicuro di essere rieletto; un po’ dalla storica difficoltà del nostro “sistema Paese” a giocare all’attacco, nonostante appunto la riconosciuta autorevolezza di Draghi. Vedremo come andrà a finire: certo le premesse – come sembra dimostrare anche l’estrema difficoltà per il nostro premier di convocare il citatissimo G20 straordinario sull’Afghanistan – non sembrano essere delle migliori.
Se il potere non ce l’hai non te lo puoi inventare. Basta vedere come finì con le aspirazioni di Mussolini di fare il gran mediatore (l’arbitro) dell’Europa nella WWII. Draghi faccia il banchiere prestato alla politica…
Quello che non si è capìto è che Draghi è una degna persona, ma politicamente (e non solo) è Mario Monti!
Diciamola la verità senza le solite ipocrisie,chi da direzioni è l’illustrissimo Mattarella.. Altrimenti come potrebbero resistere imperterriti sia Speranza che la Lamborgese..Comunque sia Draghi è molto ma molto meglio dell’improvvisato Conte..
Certo che è molto meglio di Conte, anche se ci vuol poco…