Uno degli aspetti più affascinanti di Palermo è la stretta convivenza tra lo splendore dei palazzi barocchi e delle ville liberty, e la vitalità popolare dei mercati e dei vicoli. Dietro la mole classicheggiante del Teatro Massimo, si apre subito la confusione di colori, odori e rumori del Mercato del Capo. Dietro la Chiesa di San Domenico, pantheon dei palermitani illustri, si estende la babele della Vucciria. E la cupola del Carmine Maggiore svetta in mezzo alla vita multietnica di Ballarò. Tanta è la simbiosi di questi due elementi che Porta Felice, ci ricorda il Goethe, «sopra non deve essere chiusa, affinché nella celebre festa di Santa Rosalia, possa passarvi il carro della Santa, alto quanto una torre». La mia riscoperta personale della Sicilia riguarda entrambe le realtà.
Già prima di partire, avevo prenotato uno spettacolo dell’Opera dei Pupi, presso il Museo internazionale delle marionette “Antonio Pasqualino”, alla Marina. Nel teatrino del museo, la compagnia Brigliadoro aveva messo in scena La morte di Ruggiero d’Africa (link: https://www.facebook.com/watch/live/?v=544977026679919): una storia di tradimenti e battaglie, raccontata attraverso le evoluzioni di marionette mosse da fili. Sono incredibili la varietà e la complessità dei movimenti che i pupari fanno compiere ai pupi. Altrettanto incredibile è la collezione del museo, con pupi, burattini e marionette provenienti da tutto il mondo.
Un altro museo palermitano, dedicato alle tradizioni popolari, che merita una visita è il Museo etnografico siciliano “Giuseppe Pitrè”, sito nel Parco della Favorita, a lato della Palazzina Cinese. Tra i numerosi reperti, spiccano i carretti siciliani, decorati con scene religiose o tratte dall’epica cavalleresca o, ancora, dalla storia siciliana, come in questo caso. Lo scacco ritrae l’episodio che diede il via ai Vespri Siciliani, quando un gentiluomo palermitano trafisse il soldato francese Drouet, colpevole di aver voluto perquisire la sua dama.
Infine, non si può non citare la festa più importante di Palermo. Mi sono trattenuto fino a metà luglio, infatti, apposta per poter assistere al Festinu di Santa Rosalia, la Santa Patrona di Palermo. Attorno alla sua festa patronale, che cade il 15 luglio (benché la ricorrenza liturgica sarebbe il 4 settembre), è fiorita tutta una serie di tradizioni e usanze, fin nei giorni precedenti. Una di queste è la preparazione dei babbaluci, chioccioline bollite con aglio e prezzemolo.
Tuttavia, la tradizione più importante è quella del Carro di Santa Rosalia, caratterizzato dalla forma di vascello e dalla grande altezza. Nonostante non si sia svolta, a causa della pandemia, la tradizionale processione della vigilia (u Fistinu vero e proprio), il carro, prima conservato dinanzi a Palazzo dei Normanni, è stato comunque esposto, durante la festa, ai Quattro Canti, dove si incrociano le due vie principali del centro storico.
Quello di quest’anno risale al 2019 ed era stato fabbricato dai carcerati dell’Ucciardone.