Della nostra sventura nessun si rallegri / ma pregate Dio che tutti noi assolva.
(François Villon)
Sparì dal campo un brutto giorno di gennaio mentre, corrucciato e svelto come sempre, seminava il panico tra le fila nemiche. Colpito e affondato, come qualche mese prima. Quando dovette rinunciare ai mondiali, Kevin Strootman. Che sfiga. Che fregatura non far parte della selezione Oranje che riabilitò al mondo il buon nome di Van Gaal e si tolse lo sfizio, oltre che del terzo posto finale, di rifilare cinque pappine ai boriosi spagnoli acchiappatutto. Ginocchia di cristallo, guai su guai. Che ci vuoi fare, sono questi i rischi di chi con un pallone tra i piedi riesce a diventare eroe in una piazza esigente e calorosa come quella della Roma giallorossa.
Sparì dal campo un brutto giorno e il suo campionato finì. Stavolta non senza fregatura. E la sfiga non s’è proprio accanita. C’è pochissimo da invidiare alla Roma di oggi, tanto brutta che a confronto il declino del tristo Hollande in Francia diventa una soave barzelletta. E come sempre accade, quando mancano, gli eroi non affondano. Strootman non cola a picco sul Titanic giallorosso. Kevin ha fatto guadagnare la pagnotta agli angeli del Purgatorio per gli improperi lanciati dai romanisti alla sorte e all’avverso volere divino. La situazione è quella che è: Yanga Mbiwa riabiliterebbe pure Renato Portaluppi, i greci vanno peggio della loro economia. E poi c’è lo spogliatoio più litigioso del Partito democratico, diviso (strombazzano le cronache e i bene informati) tra la setta dei senatori romani de’ Roma, i “nuovi” e i “rottamatori”. Rudi Garcia, ghigna dura ma voce attoriale gradevole anche quando si traveste da Mazzarri franco-trasteverino, gode dei favori della piazza. Non tutti, però, amano più Totti.
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Spiegamoci: Totti è una leggenda, un mito, una bandiera, un folle che purga ancora la Lazio nel derby e si fa i selfie sotto la curva. Però, sulla soglia dei 40 anni, non regge più fisicamente – come è ovvio – una partita dall’inizio alla fine. Capitano ingombrante con il suo eterno erede De Rossi, protagonisti di un rapporto quasi edipico e cannibalesco che però non scoppia, nonostante tutto, come accadde a Berlusconi e al suo (ex) delfino Fini. Però questo prodigio di equilibrio a parte della tifoseria ormai inizia a star stretto. Così come stanno stretti i panegirici dei fantascientifici americani al timone della società. Pallotta e Baldini, il nuovo stadio, la storia e i treni per l’Europa. E il denaro, maledetto, sempre lui.
Kevin Strootman rimane lì. Costretto all’inattività dall’ennesimo infortunio, è l’unico che possa avere ancora voglia di scherzare. Non è vero che lo ha ingaggiato l’Olginatese, ma lui s’è divertito a fare il pesce d’aprile ai già incazzati tifosi. Che non possono avercela con lui, anzi. Scassato e convalescente, come una bella donna che lascia la festa per il mal di pancia e, un quarto d’ora dopo che se n’è andata, crolla il soffitto della sala da ballo. Come l’eroe costretto all’immobilità che fa sospirare: “Se ce stesse Strootman. E se ce stesse pure Castan”. Inviolato, “grazie” alle disgrazie. L’assenza che non è diserzione ma si traduce in anelito di grandezza impossibile. Almeno per il momento.