Il Cagliari Calcio comunica che la guida tecnica della squadra rossoblù è stata affidata a Zdenek Zeman e al suo staff composto da Vincenzo Cangelosi, Giacomo Modica e Roberto Ferola. A Zeman e al suo gruppo di lavoro i migliori auspici per il raggiungimento degli obbiettivi che società e tifosi si aspettano.
L’avevamo lasciato cadere nei crepacci di Moria, precipitato nei bassifondi della classifica e sollevato d’imperio dalla panchina del Cagliari. Ma adesso Zeman il Grigio è tornato. Silurato l’hobbit autoctono Gianfranco Zola, il Boemo ritorna alla guida della pattuglia cagliaritana, per una sfida impossibile. Non è certo in una posizione invidiabile.
La sua “compagnia” ha intanto perso il prode Ibarbo che s’è imbarcato sul Ferry Boat direzione Roma, sponda giallorossa. La squadra è quella che è, si direbbe sperimentale. La rosa non ha nomi di grido ma con Zeman, si sa, è difficile puntare a vincere le sessioni di calciomercato. Il gruppo è quello che è, insomma. I fedelissimi del Casteddu non riescono a dare colpe né al Grigio né tantomeno a Zola. Se responsabilità ci sono – dicono – è colpa della società, troppo sparagnina.
La notizia, quando c’è Zeman per lo mezzo, esce sempre. Forse si tratta dell’unico personaggio sportivo in grado di assicurare più clic delle modelle discinte. Stavolta, la notizia, è addirittura storica: mai nessuno, prima di Tommaso Giulini, una volta disfattosi del Boemo l’aveva richiamato al timone della squadra. Le malelingue asseriscono che si tratti di mossa strategica e un sondaggio tra i lettori dell’Unione Sarda conferma la bontà dell’azione, il 70% dei tifosi sono felici dell’inaspettata evocazione del mister più discusso d’Italia.
C’è intanto solo una certezza, però. Zeman non riemerge dai crepacci di Moria vestito di bianco. Resterà Grigio, sospeso tra la realtà dei fabbri dell’area di rigore e l’epica del “suo” calcio. Avvolto nell’eterna nuvola – grigia – del fumo delle sigarette che il buonismo piagnone di Lega e Federazione gli hanno vietato di assaporare a bordo campo. Lui, determinato fino al fanatismo nel difendere le sue idee pallonare, uno per cui il calcio è questione di scelte nette e pulite, non giungerà mai a diventare Zdenek il Bianco. Gli manca il contatto con la realtà, che Dio ce lo conservi così per altri cento anni.
A don Chisciotte non si può chiedere l’ipocrisia della densità a centrocampo…