Nelle settimane scorse la pattinatrice Carolina Kostner ha ammesso di essere a conoscenza di frequentazioni del suo fidanzato, Alex Schwazer, con medici ‘discussi’ e soprattutto di aver coscientemente detto una bugia quando gli ispettori del controllo antidoping hanno bussato alla sua porta per svolgere dei controlli sul marciatore. Interpellato sulla vicenda il presidente del Coni, Giovanni Malagò, a domanda precisa ha risposto: <<Cosa avrei detto io agli ispettori che cercavano il mio fidanzato? Avrei detto “Schwazer, non c’e”>>.
La cronaca ha calcato la mano sulla famosa sportiva, molto meno su Malagò. E nonostante siano due posizioni che non possono essere messe fianco a fianco, è insopportabile il brusio perverso ed astuto che smussa talune notizie dai loro spigoli più insidiosi.
Chiariamoci un po’ le idee. La Kostner ha agito mossa da un sentimento nobile, quello della complicità verso l’innamorato; una complicità scorretta ma per certi aspetti comprensibile verso la quale neppure la più fredda e impersonale delle reprimende potrebbe ostentare una totale avversione. Ha sbagliato, ma si tratta di un peccato veniale che tuttavia renderà la sua esile figura meno linda e innocente di quanto sia apparsa sinora.
Più gravi mi sembrano invece le dichiarazioni di Malagò perché il Coni non è il circolo della bocciofila o un dopolavoro ferroviario ma l’organismo che raccoglie tutte le federazioni sportive italiane e fonda la sua stessa essenza sul ‘principio di legalità’ e su un ‘codice etico’. Che il presidente del Coni esprima condivisione per quell’atteggiamento è umanamente comprensibile ma dovrebbe tenerlo per sé.
Questa travagliata vicenda ci svela tuttavia un fatto essenziale: il potere viene a rivelarsi nella sua forma più tenebrosa non quando è tetragono e chiuso. Allora è visibile e quindi distinguibile e percepibile in ogni sua declinazione. In quel caso, mette paura ma almeno lo si ha di fronte. Al contrario, il potere è indecoroso quando è mellifluo e accondiscendente, seduttore e voltagabbana.
Il consiglio che vale per ognuno di noi ma soprattutto per chi ha ruoli istituzionali è questo: la prossima volta che lanciamo impegnativi e roboanti appelli all’etica e alla lealtà, sfrondiamoli di un po’ di retorica, altrimenti la realtà sarà pronta a smentirci un attimo dopo averli pronunciati.