Dallo scavo archeologico sui gol dell’Uefa, come una tomba di un faraone, una villa romana, esce la rovesciata di Mauro Bressan, dissepolta, torna alla luce. Un gol oltre le ragioni tattiche, da romanzo, segnato da un calciatore che non ti aspetteresti di veder girare in porta un tiro del genere.
È il gol che riscatta una vita, che ti lascia pagato il caffè in eterno al bar dei tifosi. È il caos che diventa forma matematica e si risolve, si ordina, succede rarissime volte, successe al Franchi, era una partita di Champions League, Fiorentina-Barcellona poi finita 3-3. Bressan, di spalle alla porta, aggancia una palla sporca, che era già rimbalzata, la guarda scendere e salire, poi si alza e rovescia, come se dovesse rinviarla, con una imminenza da parto, ne viene fuori una punizione a giro, che finisce nell’angolo alto alla destra del portiere Arnau.
[youtube]
https://www.youtube.com/watch?v=4aEQ_vR-kjg
[/youtube]
Una specie di sovrano automatismo lo ha spinto a compiere quel gesto, storicizzando il calciatore. C’è il concatenarsi necessario di cause ed effetti: il pallone alto, la difesa del Barcellona schierata bene, il rischio che perdendo quel pallone si inneschi un contropiede, e la disperazione che da girandola diventa parabola. Un gol di quelli che restano appiccicati agli occhi, e solo dopo ti chiedi se era fatalità o se c’era anche un pensiero sotto. Per tutte le volte che capita, ha già risposto Herrera, il mago: «porque la bala tambien es tonda».