In un futuro abbastanza prossimo l’umanità sta attraversando un periodo di grave crisi alimentare ed ecologica. I cambiamenti climatici, dovuti all’inquinamento causano devastanti tempeste di sabbia e la comparsa d’una gravissima malattia che colpisce i cereali denominata Piaga, stanno mettendo in ginocchio l’agricoltura e minacciano la sopravvivenza del genere umano. In questo panorama desolante, in cui la sovrappopolazione mondiale ha esaurito le scorte alimentari e scatenato conflitti apocalittici con milioni di morti, l’umanità ha perduto ogni speranza e abbandonato la fiducia nella scienza e nel progresso, tanto che a scuola si insegna una strana forma di negazionismo scientifico secondo cui l’uomo non è mai andato sulla luna. In questa cornice da fine dei tempi si muove il protagonista della storia, un ex astronauta vecchia scuola Cooper (Matthew McConaughey) che dopo anni infruttuosi passati a fare l’agricoltore, grazie a un’intuizione della figlia di dieci anni Murph (Jessica Chastain ), rientra nei ranghi della NASA che tutti pensavano sciolta da anni. Cooper viene così investito d’un incarico cruciale per i destini dell’umanità: guidare una missione spaziale, attraverso un passaggio spazio temporale (wormhole), sulle tracce di altre tre spedizioni analoghe partire anni prima allo scopo di individuare pianeti in grado d’accogliere la vita umana.
Questo il succo della trama, complessa ma ben strutturata, dell’ultima creatura di Cristopher Nolan (Batman Begins, The Prestige, Inception). Un film, il suo, che si segnala per una regia accorta e dal tocco innovativo nella quale non v’è spazio alcuno per il banale, e in cui gli effetti speciali, sebbene d’ottimo livello, non rubano mai la scena alle cose che contano.
Ma allora com’è Interstellar? E’ presto detto: ben costruito, originale, spettacolare e multidimensionale come un viaggio attraverso degli universi paralleli.
Ma andiamo con ordine. Nolan è regista d’esperienza e talento indiscusso e sa come giocare abilmente con le sequenze, alternando azione e momenti di riflessione, dialoghi e silenzi. La sua regia è robusta, ardita, sorprendente e costringe lo spettatore ad un’immedesimazione attiva. La trama, come dicevamo, è assai articolata, procedendo su strade parallele, proprio come il suo svolgimento che avviene su due dimensioni diverse seppur coesistenti. Sembra quasi di vedere due film in uno: il primo che racconta le vicende di coloro che rimangono a terra (specie quelle della figlia dell’astronauta, Murph), il secondo che narra delle peripezie stellari di Cooper e del suo equipaggio. Il tutto senza perdere d’uniformità stilistica o frantumando il plot di base. La pellicola si dipana così in modo molto dinamico pur conservando la necessaria chiarezza. Il tutto con salti temporali ossequiosi delle teoria della relatività, e un’avveduta parsimonia d’analessi.
Un altro aspetto interessante del film è il ruolo dell’intelligenza artificiale nelle vesti di Tars un robot che sembra un mattoncino gigante della Lego, ma che possiede addirittura il senso dell’umorismo. Però il robot in questione non è il malvagio Hal 9000 di Odissea 2001, ma un amico fedele, cui si è forse pensato di dare una forma il meno possibile umanoide per evitare sovrapposizioni con gli elementi umani dell’equipaggio.
Il cast, di notevole livello, comprende oltre ai già citati e bravissimi Matthew McConaughey e la Chastain: un superbo Micheal Caine (professor Brand), Anne Hathaway (Amelia Brand), un efficace Mat Damon (dottor Man), Mackenzie Foy e Ellen Burstyn rispettivamente Murph da bambina e da anziana.
Ma a colpire è soprattutto il finale del film che è un vero capolavoro psichedelico che rimanda, e si configura, come il seguito ideale e per nulla pretenzioso, di Odissea 2001. Così Nolan ci stupisce con un’atmosfera alla Kubrick : irreale, abbacinante, onirica; in cui la fisica dei quanti si fonde colle suggestioni di universi multidimensionali.
Un vortice temporale e narrativo, quello di Interstellar, che avvolge lo spettatore e lo conduce oltre le barriere del conosciuto. Ma i rimandi del film non si limitano alla cinematografia kubrickiana, essi si estendono alle fantasmagoriche atmosfere alla Bradbury, che hanno il profumo dei campi sterminati di frumento del suo Illinois, o il colore delle sabbie di pianeti sconosciuti, tratteggiando con maestria un altro grande mondo lassù. L’uomo col suo coraggio e il suo irriverente esistere nonostante il mortale vuoto cosmico: ecco l’intrinseca potenza del film di Nolan. Cooper improbabile agricoltore e poi astronauta temerario e disperato, è Ulisse che fa rotta alla sua Itaca sfidando l’ignoto. E proprio come l’eroe omerico lotta per tornare a casa dalla sua famiglia. Egli è l’ultimo campione d’un’umanità sull’orlo del baratro, prostrata dalla guerra e dalla carestia. C’è solo una via di scampo, un sentiero di redenzione: la via del cielo.
In conclusione: Interstellar è un film eccellente che contiene un messaggio chiarissimo e pregno di speranza: se l’uomo vuole tornare ad essere protagonista del suo destino deve nuovamente puntare alle stelle.