Managerialità, professionalità, dirigenti in abito di fresco lana, camicia bianca e cravatta con nodo da attivista di Forza Italia, Church ai piedi, linguaggio forbito, plusvalenze, triangolazioni, fondi d’investimento, procuratori che fatturano più del Real Madrid, trasmissioni di approfondimento che ospitano opinionisti della stessa cricca di sempre, telecronisti che ti raccontano pure che frutta ha mangiato il calciatore a pranzo, bisogna essere moderni.
Poi arriva Massimo Ferrero, il prototipo della macchietta italica. E mi sta tremendamente simpatico. Perché, diciamocelo, nell’immaginario collettivo di molti di noi il presidente ce lo immaginiamo un po’ Borlotti un po’ Giginho, un po’ cazzaro e un po’ magliaro, che chissà quali traffici c’ha, chissà come ha fatto i soldi, e poi dopo un derby vinto si butta in tuffo verso la gradinata.
Non dico che tutti, nel calcio, debbano essere come lui. Ma, vivaddio, averne uno non ci farà morire di noia.