Il Cristo Redentore si è già voltato dall’altra parte, e non vuole nemmeno guardarla la partita più sacra che ci sia. La finale dei Papi, e Ruby è quanto di più profano si possa accostare a un evento mai così religioso. Germania contro Argentina è anche Ratzinger contro Bergoglio, il teutonico e raziocinante amore di Benedetto XVI per il Bayern Monaco contro il calore pauperistico e gitano del San Lorenzo, squadra del cuore del Pontefice che ha scelto il nome di Francesco.
Ma la sfida del Maracanà è anche una “bella”. Nel ’90 la notte più magica fu della Germania appena riunificata, quattro anni prima Maradona vinse (quasi) da solo battendo in finale proprio i tedeschi. Anche allora c’entrava il soprannaturale: chiedete alla perfida Albione, beffata da una mano de Dios che vendicava le Malvinas divenute Falkland. Domenica – il giorno del Signore – spetterà a Messi diventare Messia. Non è mai stato profeta in patria, ha l’occasione per conquistare la santità per se stesso e per la Seleccion.
Quante parabole in una finale buona e giusta, la meno buona ma forse la più giusta che potesse esserci. Prendete Romero, pecorella smarrita di una Sampdoria in cui è stato a lungo riserva. Ha allungato i guantoni due volte piegando il dogma dei rigori, e ha spento le aspirazioni dell’Olanda dopo 120 minuti di una messa cantata più noiosa della corazzata Potemkin. C’è anche un bel po’ d’Italia di rimbalzo, nel tempio sacro del Maracana che decreterà il vincitore. Gonzalo Higuain può essere scugnizzo che spera in un miracolo di San Gennaro, Rodrigo Palacio il bauscia che s’appella alla Madunnina della sponda nerazzurra di Milano. Ma attenzione, dall’altra parte, a Kaiser Klose. Dopo aver battuto tutto i record e aver strappato a Ronaldo il primato di miglior marcatore di tutti i tempi dei Mondiali, può mai aver paura della difesa albiceleste? Abituato ai leoni del Colosseo e al derby romano, il bomber laziale vuol volare più in alto di un’aquila (biancoceleste). Riuscirebbe a segnare anche se avesse le mura di Gerico a sbarrargli il passo.
Per decidere per chi tiferanno i brasiliani tra Germania e Argentina ci vorrebbe re Salomone. Le sette piaghe d’Egitto, a confronto delle sette pappine prese dagli eredi di Lutero, non sono nulla. Dopo che Felipao Scolari ha imbarcato più gol dell’acqua che bagnò l’arca di Noè, i tifosi verdeoro dovranno accontentarsi di fare le nozze con i fichi secchi – mica di Cana – di una finale di consolazione per il terzo posto. Non si possono moltiplicare i pani e i pesci, figuriamoci le coppe. Il giorno del giudizio si avvicina, per i brasiliani è già stata l’Apocalisse, Germania e Argentina si giocano l’immortalità. Il Cristo Redentore si girerà dall’altra parte e in Vaticano sarà sfida vera. Per un rito sacro di una finale profana.