“Volevano cacciare i violenti dagli stadi. Hanno cacciato tutti tranne i violenti”. Che le politiche portate avanti negli ultimi anni da chi ha in mano le redini del sistema pallonaro siano risultate inadeguate è ormai cristallino. Per quanti non ne fossero ancora convinti la lettura di “A porte chiuse. Gli ultimi giorni del calcio italiano” sarà un’amara scoperta. Quella di una lenta agonia. In atto da anni, sotto gli occhi di tutti. Stadi sempre più vuoti, grigi e tristi. Il tifoso retrocesso alla stregua di banale consumatore di un prodotto con cui baloccarsi comodamente seduti in poltrona. Leggendo il libro di Lorenzo Contucci e Giovanni Francesio la passione è retrocessa a ricordo. Non c’è spazio per l’amore. È un libro triste, rabbioso. Ma anche rigoroso. Attento alle fonti, che sono sempre prese dal campo avverso: i dati sull’impressionante calo delle presenze nelle gradinate di mezza Italia o le notizie su paradossali decisioni arrivano da Lega Calcio, Viminale, Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive. Pur non essendo giornalisti – anzi, i due criticano spesso gli organi d’informazione mainstream, troppo spesso appiattiti su veline e pregiudizi – ma “semplici” tifosi. A uscire infranto è il mito del calcio come appartenenza. Quel rito collettivo che esula da ventidue giovanotti allampadati che vagano, in mutande, per un prato, diventa réclame buona per telespettatori. Non c’è (quasi) più spazio per un surrogato di comunitarismo e cultura popolare, dove la curva è il naturale approdo di un sano ribellismo maltollerato dai censori del pensiero unico. È la morte annunciata di un movimento, quello ultras, “mondo libero e vero pur con tutte le sue contraddizioni”, che costituisce, da quarant’anni, una delle realtà antagoniste più longeve del Belpaese. Gli autori individuano sicari, mandanti e movente. Le armi del delitto – tessera del tifoso, divieto di trasferta, daspo – sono sviscerate nel dettaglio. Abomini giuridici e ossimori linguistici come la “flagranza differita”. Per non parlare dello squallido e incostituzionale esperimento della tessera del tifoso.
Contucci e Francesio non solo ricordano come negli altri Paesi europei non esista alcun tipo di schedatura. Ma spiegano anche le implicazioni economiche di un’operazione che porta centinaia di migliaia di italiani a sottoscrivere una carta di credito pagando una tassa alle banche solo per poter continuare a seguire la propria squadra. Quelle stesse banche che continueranno a incassare una percentuale su tutte le operazioni fatte con la tessera. Sullo sfondo resta la tentazione dei democratici di convenienza. La tecnica è sempre la stessa. Fatti gravi – le morti di Raciti e Sandri sono giustamente sottolineate come momenti di svolta – che diventano pretesto di esperimenti. Con l’aggravante di considerare il calcio come un laboratorio. Basti pensare alle voci sulla possibile introduzione di un daspo per le manifestazioni di piazza, che ogni tanto riemergono con scientifica puntualità. intanto diffidiamo quei cattivoni degli ultras e rendiamo “normali” misure straordinarie e palesemente illegittime. Poi, se nessuno se ne accorge, possiamo provare a estenderle alle piazze. Se c’è spazio per l’ironia, è un riso amaro.
Come quando Contucci e Francesio srotolano un elenco di eventi fantozziani accaduti lungo lo Stivale. Dall’assurda diffida presa da un sostenitore del Pisa per aver partecipato a una coreografia con un rotolo di carta igienica in mano al divieto di trasferta per partite, come quella tra Parma e Sampdoria, tra tifoserie gemellate da decenni. Oppure l’epopea di un romanista tesserato e abbonato in curva che non può portare i figli, per la prima volta allo stadio, in tribuna. O dell’interista residente a Roma che si trova costretto a guardare la partita – per motivi di sicurezza, ovvio – con i romanisti. Episodi per i quali verrebbe da sorridere, se non fosse tutto vero. Anzi “normale”, come il calcio normalizzato auspicato da un potere senza responsabilità che crede di tesserare passione e libertà.
@mariodefazio
“A porte chiuse. Gli ultimi giorni del calcio italiano”, di Lorenzo Contucci e Giovanni Francesio; Sperling & Kupfer, 201 pp, 16,50 €