Il Regno Unito scopre che David Cameron ‘compra’ la popolarità su Facebook, e c’è chi si indigna. Secondo quanto riportano diversi tabloid britannici, il partito conservatore avrebbe speso 7.500 sterline (circa 10mila euro) per far schizzare i fan del primo ministro da 60mila a 130mila in poco più di un mese. Per qualcuno si tratta di un colpo basso al fair play mediatico ma, diciamocela tutta, se tutti fossero così corretti Facebook e Twitter non sarebbero mai sbarcate in Borsa…
Comprare i sentimenti non si può. Acquistare followers, amici virtuali, fan invece è possibile. Ed è pure un affare lucroso per chi gestisce le piattaforme social. Senza la ferrea (anzi, “aurea”) volontà di imporsi all’attenzione del mondo da parte di politici, imprenditori, semplici cittadini che ambiscono a diventare chissà chi, Zuckerberg non avrebbe mai alzato su un impero multimiliardario in dollari. Comprare l’amore non si può. Affittare due escort in una casa d’appuntamenti per godere di piaceri lascivi e prezzolati è un affare lucroso, come insegnano le innumerevoli inchieste di stampa e forze dell’ordine sul mondo proibito dei sentimenti a cottimo. ‘Si fa ma non si dice’, insegna la saggezza popolare del Sud Italia. Povero Cameron, scoperto a contrattare sul prezzo del piacere (carnale?) della popolarità virtuale e additato al pubblico ludibrio da chi non si è mai fatto sgamare a farlo…
Il vero problema – se problema c’è, nel caso del figlioccio della Thatcher – è che la politica, specchio fedele della vita reale checché ne pensino le differenti scuole di complottismo esistenti al mondo, si è trasformata in un fenomeno di marketing. Piacionismi da un lato e moralismi dall’altro si fronteggiano imperterriti per la conquista del mondo, fino all’ultimo clic-voto. Idee poche, slogan troppi portano all’inflazione dei sentimenti degli elettori. La pancia vince sul cervello e, troppo spesso, impedisce agli occhi di guardare la luna fermando le pupille di troppi sul maledetto dito del saggio.