Ci resta davvero poco se il Pallone d’Oro viene degradato a Premio Strega, non che fossi sempre d’accordo ma sapevo che chi giocava la Champions e poi la vinceva partoriva il vincitore, che però doveva giocare, segnare, sfangarla. Poi è arrivato Messi e sono saltati i canoni, e ci sta, e dargli il premio a manetta fino a farne una abitudine non è stata una grande idea.
Ho accettato il verdetto nonostante Blatter, e quando, però, è arrivata la correzione, la possibilità di prolungare il voto e peggio rivotare ho capito che tutto era andato perduto. Inizialmente le votazioni dovevano chiudersi il 15 novembre, ora sono state riaperte dalla Fifa fino al 29, la motivazione ufficiale è che molte preferenze non erano ancora arrivate. In realtà sono arrivati i 4 gol di Cristiano Ronaldo in a/r con la Svezia per le qualificazioni mondiali. A parte la difesa svedese – più in ritardo di una donna incinta – che gli ha facilitato il compito di Superman dell’area di rigore, e a parte che si poteva intuire che Ronaldo stesse diventando un vero calciatore al punto di farsi carico della sua nazionale come mai in passato e di segnare – finalmente – in partite decisive, viene da chiedersi: c’era bisogno di quei gol? Per scoprire velocità, potenza, senso della posizione e ormai esperienza da vendere? Certo che no, e questa riapertura del voto, prolungamento, che cosa ci fa pensare e dove ci porta?
Io non sono di quelli che amano i complotti non me ne frega un cazzo, il giuliettochiesismo mi annoia a morte quasi quanto il basket israeliano, il vero problema di questa, credo unica, decisione del ripensamento, è che ci fa capire che anche quest’anno l’avevano dato a Messi, nonostante l’infortunio e nonostante la mancata finale di Champions, quindi siamo nel campo del conformismo delle abitudini sessualconiugali, e non è il peggio.
Mettiamo anche l’ipotesi che lo avessero dato a Ribéry per la finale di Champions quindi siamo al menopeggismo, e ci sta, e anche questo non è il peggio, perché quello che ci dice questa decisione è che ci sta fottendo l’emozionalità, riscriviamo le regole in corso, rivotiamo e diciamo che è tutto correggibile, sembra “Minority Report”, puoi modificare la realtà mentre questa si compone: chi non ha votato Ronaldo prima non l’ha visto quindi se lo vota ora è come se sbagliasse due volte, perché quando doveva vederlo ha dato un voto sentimentale abitudinario per Messi, o di superficialità per Ribéry, ora lo rivede e dà un voto emozionale per Ronaldo – perché tutti lo vogliono e perché lui era offeso dal giudizio di Blatter – rimediando. Lo so, con tutto quello che succede dare peso a questa cosa è assurdo, ed è così ma allo stesso tempo non lo è, perché il calcio è tutto quello che facciamo mentre sta passando la vita, e c’erano delle regole. Poi Ronaldo è diventato di sicuro un grande calciatore, si è liberato dal ruolo di eterno secondo e può persino migliorarsi ed è giusto dargli il Pallone d’Oro ma era giusto anche prima del prolungamento.
Se stravolgiamo i premi, se li riduciamo come abbiam ridotto il mercato, allora tanto vale darne uno ogni tre mesi, stabiliamo anche che Natale viene ogni settimana di freddo polare che annunciano le previsioni, che un quadriennio per un mondiale è troppo, e così la smettiamo di contare gli anni con i sentimenti e i campionati, perché col rispetto delle regole ci siamo persi fior di calciatori, e non lo dobbiamo solo al presente ma soprattutto al passato. E il messaggio non è più quello della definizione precisa di campione dell’anno no, diventa altro, diventa il campione perfettibile, perché domani potrebbe segnare Iniesta un gol bellissimo, e questo premio – una delle poche certezze del merito col porno e la mafia – diventa come uno dei tanti premi letterari, dove l’emozione del momento riscrive la razionalità del giudizio o peggio l’influenza del potere se ne frega delle capacità dei singoli. E lo so, lo so ma ha un nome talmente bello, e un concetto così forte che uno da bambino se lo tira dietro per sempre, una delle poche certezze con l’aspirina e il mese d’ottobre. Non è questione di merito o meno ma di sicurezze.