Se si potesse fermare in una sola istantanea tutta l’epica del calcio, quella fotografia restituirebbe l’immagine dello stadio Maracanà di Rio de Janeiro, il pomeriggio del 16 luglio 1950.
Era il giorno della gara decisiva tra Brasile e Uruguay nel girone finale dei Mondiali, un evento che né gli uruguaiani né i brasiliani avrebbero mai più dimenticato, e a cui i giornali carioca daranno perfino un nome: “O Maracanaço”, il disastro del Maracanà. La storia, quel giorno, si fermò al minuto 79’, quando Alcides Ghiggia, l’ala destra della Celeste, sfuggì alla guardia di Bigode e quasi dalla linea di fondo infilò un diagonale sporco alla sinistra del portiere Moacir Barbosa. Era il gol del 2-1 per l’Uruguay, la rete che negava ai padroni di casa un Mondiale già vinto e sprofondava in un silenzio atroce gli spalti gremiti da 199.854 spettatori, un record mai eguagliato in nessuna arena sportiva. Quanto accadde dopo trasformò l’epica in tragedia: le cronache del tempo riferirono di infarti tra i tifosi presenti e addirittura di suicidi nel resto del Paese, dove verranno proclamati tre giorni di lutto. Un dramma nazionale messo in conto allo sfortunato Barbosa, segnato dal marchio della colpa per il resto della vita, e alla divisa bianco-blu della nazionale, sostituita dopo il Maracanaço dall’attuale camiseta verde e oro.
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“In quel momento, dopo il secondo gol, non si sentì una mosca” ricorda Ghiggia, il centrocampista mingherlino coi baffi da sparviero, che più tardi avrebbe sentenziato: “A sole tre persone è bastato un gesto per far tacere il Maracanà: Frank Sinatra, il Papa e io”. Oggi, a più di 63 anni di distanza, due pubblicitari uruguaiani hanno deciso di tributare a Ghiggia quel che mancò nel giorno del suo trionfo, l’esultanza dei tifosi: per riuscirci, Gastón Garrido e Ernesto Pattison hanno lavorato più di un anno, senza sponsor, raccogliendo adesioni con la pagina “El gol de Ghiggia” su Facebook e Twitter e realizzando anche un promo dell’iniziativa, intitolata “vamos a regalarle a Ghiggia el grito de gol que nunca escuchó”. “Crediamo che l’esultanza del gol sia uno dei gesti più sublimi in un campo di calcio” hanno spiegato Garrido e Pattison, “ed è un’ingiustizia che il gol più importante dei Mondiali non abbia avuto l’esultanza che meritava”.
Alla fine la federcalcio uruguaiana ha acconsentito a rimediare all’ingiustizia: questa sera alle 20 di Montevideo (le 23 in Italia), 65mila tifosi della Celeste osserveranno ancora una volta il “gol del secolo”, proiettato su uno schermo gigante nello stadio Centenario, per poi esplodere nell’esultanza collettiva che nessuno degli undici campioni poté ascoltare quel giorno.
L’omaggio si terrà un’ora prima del fischio d’inizio di Uruguay-Giordania, spareggio di ritorno valido per l’accesso ai Mondiali 2014, che si può ritenere pura formalità per la squadra di Tabarez dopo la vittoria per 5-0 all’andata. Ironia del destino, il prossimo campionato del mondo si terrà proprio in Brasile e l’appuntamento finale, manco a dirlo, è fissato al Maracanà, oggi immiserito dalla ristrutturazione che ne ha ridotto la capienza a 78mila spettatori e ha trasformato il tempio del calcio per antonomasia nell’ennesimo impianto d’élite di uno sport dai prezzi sempre meno popolari.
Nessuno può dire quanta strada farà la prossima estate l’Uruguay, da sempre la squadra più “italiana” tra le sudamericane, eterno Davide di fronte ai Golia brasiliani ed argentini. Quel che è certo, però, è che questa sera il quasi 87enne Alcides Ghiggia, ultimo superstite tra gli eroi del 1950, avrà infine l’omaggio della folla. E forse anche a lui torneranno in mente le parole di Eduardo Galeano, il cantore del fútbol urugagio: “Tutti gli uruguaiani nascono gridando gol e per questo c’è tanto rumore nel parto, uno strepito tremendo”.