Chi ha paura di Marine Le Pen? In Francia, a quanto pare, ce l’hanno più che altro gli avversari politici, dato che i sondaggi (e i primi test) continuano a dare il suo movimento in ascesa propri a danno dei due partiti maggioritari di destra e sinistra. No, la paura del successo elettorale dei “populisti” questa volta non è nazionale ma europea. A quanto risulta, infatti, dagli appelli di questi giorni è proprio il “governo dell’Europa” a temere un’ondata eurocritica che, con tutta probabilità, investirà Bruxelles nel 2014.
Un timore che si manifesta, guarda caso, anche in Italia: paese sul quale l’Europa ha pesantemente investito in termini di “educazione” all’austerity. In questi ultimi giorni, come ha appuntato Augusto Grandi, «Letta nipote, sostenuto da La Stampa (il giornale di riferimento di Washington e soprattutto New York), ha aperto la stagione dell’offensiva contro chiunque metta in dubbio la sopravvivenza di questo sistema criminale di distruzione dei popoli europei». Il riferimento sono le sei pagine del quotidiano torinese dedicate proprio all’avanzata dei movimenti nazionali («Lo spettro populista») che rivendicano un’Europa che tuteli le sovranità e l’impianto sociale. E sempre ieri sull’argomento è arrivato anche Eugenio Scalfari che su Repubblica ha lanciato un non meglio precisato “allarme” riguardo l’eventuale vittoria del Movimento 5 Stelle, salutata sobriamente così: “Se vince Grillo paese a rotoli”. Per Scalfari il problema sta nel fatto che Beppe Grillo si starebbe unendo a chi sostiene «da qualche settimana che l’Europa così come è fatta oggi e l’euro che la Banca europea stampa» rappresentino il vero problema. La stessa strategia «è quella usata dal Fronte nazionale francese della Le Pen, dal movimento anti-europeo di Germania, in Grecia, in Danimarca, in Olanda».
Insomma, per il premier italiano e per parte della grande stampa nostrana lo spauracchio non è rappresentato da un’Unione europea che ha disatteso il patto sociale con i suoi cittadini ma da chi apertamente contesta questo modello. Una demonizzazione preventiva del dissenso che, come su Barbadillo è stato notato – a margine del brutale assassinio di due militanti di Alba Dorata ad Atene –, potrebbe mettere in ballo «il diritto delle minoranze ad esprimere dissenso e per questo non è mai superfluo ricordare quanto rischiosa e massificante sia omologazione». Una sortita che, come ha commentato il politologo Angelo Panebianco sul Corriere della Sera, rappresenta un autogol per le stesse istituzioni europee: «La prima cosa da evitare sarà la criminalizzazione dei cittadini che voteranno contro l’Europa: gli elettori in democrazia non hanno mai torto. Il torto è sempre di coloro, le élite politiche, che non li hanno convinti delle loro ragioni». In secondo luogo, secondo Panebianco, «bisognerà riconoscere che la responsabilità dell’ondata antieuropea ricade interamente sulle spalle di quelle élite che con le loro politiche e i loro errori l’hanno provocata». Stesso invito è quello di Davide Giacalone su Libero: «Da europeista dico: il cielo benedica gli antieuropeisti. L’ultima moda consiste nel bollarli tutti di populismo, ma è abbondantemente populista agitare le suggestioni per cancellare la realtà. E la realtà è che l’Unione europea così realizzata non funziona. Se si è europeisti si lavora per cambiare quel che è andato storto, non per storcere il dibattito in modo che ne siano espulsi quelli che usano propagandisticamente l’insuccesso».
Rispetto al fenomeno “eurocritico”, come dimostrano questi interventi, esistono fortunatamente posizioni lucide. Anche dal centrodestra italiano sono giunte analisi non banali. Se già Giorgia Meloni aveva dato merito a Marine Le Pen «di dire quello che normalmente la politica non dice», Fabrizio Cicchitto, a Linea Notte, ha ribattuto così a chi pensa che il “pericolo” venga da un’espressione democratica di dissenso: «Quella del Front National non è una vicenda criminale ma è una vicenda tutta politica che va compresa e che ci deve indurre a riflettere anche rispetto alle contraddizioni dell’Europa e alle politiche recessive che hanno caratterizzato l’Unione».
@rapisardant