Con me l’Olivetti era l’azienda più liquida in Italia. De Benedetti dixit. Così liquida da essere utilizzata per la fallimentare aggressione tentata da De Benedetti contro Sgb, la società che – in pratica – controllava l’economia del Belgio. Ma questo l’Ingegnere non lo ricorda, nella polemica scatenata contro Tronchetti Provera e Colaninno. Uno scontro tra titani. O forse tra nani. Di sicuro non tra imprenditori. Perché gli imprenditori, quelli veri, le imprese le creano, non le distruggono.
Oddio, qualche ragione ce l’ha pure l’Ingegnere, quando ironizza sui capitani coraggiosi tipo Tronchetti e Colaninno. Sicuramente due che non hanno portato grandi benefici né alle aziende che hanno guidato né, tantomeno, all’Italia. Personaggi sempre sul filo del rasoio, sempre ai limiti della correttezza. Ma sempre esaltati da giornalisti e giornaliste di complemento. Quelle, ad esempio, che esaltavano la sobrietà montiana di Tronchetti nella scelta del cibo a basso costo in località marine supercostose.
Certo, se questi sono i capitani coraggiosi, meglio le partecipazioni statali, come afferma l’Ingegnere. Ma se De Benedetti è il campione degli industriali italiani (anzi, italo-svizzeri), allora molto ma molto meglio l’Iri.
Perché l’Ingegnere è quello che ha distrutto l’Olivetti. Liquida e liquidata. Era un gioiello, industriale ed anche sociale. Con le colonie, risalenti all’epoca fascista ma anche successive alla guerra, a disposizione dei figli dei lavoratori. Era una fabbrica che produceva macchine da scrivere ma anche cultura. De Benedetti l’ha trasformata in una azienda che produceva cassintegrati, disoccupati o lavoratori da assorbire nelle aziende pubbliche. L’Ingegnere incassava montagne di denaro per non chiudere Pomigliano? Ringraziava, prendeva e chiudeva. Senza che alcuno osasse ricordargli gli impegni. Le colonie? Uno spreco inutile. Il Canavese? Che si arrangi. Lui, il creatore di disoccupazione, aveva ben altro di cui occuparsi. Passando con scarpe chiodate sui corpi di chi perdeva il lavoro e non aveva opportunità di reimpiego in un territorio che aveva sempre vissuto di Olivetti e per l’Olivetti. Lui, il grande imprenditore che rimpiange le partecipazioni statali, riempiva i magazzini delle Poste (pubbliche) di prodotti inutili e, poi, del personale in esubero nelle sue aziende sempre più deboli e sempre più fuori mercato.
Ma ora l’Ingegnere fa la morale. Illustra, pontifica. Ed elargisce buoni consigli, ora che non può più dare il cattivo esempio (come aveva profetizzato De André).