Correva l’anno 2002, quello del primo mondiale asiatico, giocato tra Corea del Sud e Giappone. Per la seconda volta nella storia della competizione, una squadra africana raggiunse i quarti di finale, togliendosi perfino la soddisfazione di battere i campioni in carica della Francia nella gara inaugurale: era il Senegal di Bouba Diop, Fadiga e Diouf, guidato dalla panchina da un condottiero particolare e dall’aria spartana, il francese Bruno Metsu.
Ieri un male incurabile se l’è portato via nella sua cittadina natale di Coudekerque, dopo averlo fisicamente e fulmineamente consumato negli ultimi quattro mesi. Era un personaggio come pochi, Metsu, lontano dalla vetrina pallonara, simbolo per certi versi epico di un calcio che non conta: la sua carriera di allenatore l’ha visto infatti migrare dai campi di provincia della Francia a quelli esotici e sperduti di Africa e Asia. Prima del miracolo sportivo col Senegal, con cui in quell’anno magico arrivò anche in finale di Coppa d’Africa, il francese aveva allenato la nazionale della Guinea. Dopo il mondiale nippocoreano il trasferimento definitivo in Medio Oriente, complice la relazione con una donna araba che ha sposato una volta convertitosi all’Islam cambiando il suo nome in Abdoul Karim. Così negli ultimi dieci anni ha potuto fare ciò che più gli piaceva, ovvero insegnare calcio a chi fino all’incontro con lui non sapeva nemmeno che il pallone fosse tondo.
Le sue erano squadre di carattere e fatica, operaie e astute, con un solo punto di riferimento in attacco, ali veloci e molta densità a centrocampo, povertà tattica e tecnica mescolata a resistenza fisica e velocità. Entravano in campo con tutta la grinta del proprio allenatore. Quella grinta che questa volta, nella sua ultima grande battaglia, non gli è bastata per vincere e sorprendere ancora. Metsu è morto, ma ha lasciato una grande eredità al mondo del calcio: la favola è possibile, tante cenerentole possono diventare principesse per un po’, stupire e stupirsi perché in fondo anche un pallone che rotola può diventare poesia.