Renoir la definiva «la quinta essenza dell’Italia». Tennessee Williams sosteneva che fosse «diversa da tutte, una creatura incredibile, la cui anima è un tutt’uno col suo utero, materno e possessivo alla stessa stregua: una volta che ti ha generato è pronto a fagocitarti». In America, il Time ha detto di lei: «Divina, semplicemente divina». Così, e non solo, è stata definita Anna Magnani, l’attrice icona dell’ “antidivismo” e prima italiana ad aver vinto l’Oscar con La rosa tatuata nel 1956, in cui interpreta il ruolo di Serafina delle Rose, moglie devota e tradita dal marito, il quale perde la vita in un incidente stradale. E 40 anni dopo la sua morte, ogni parola resta pregna della passione di chi l’ha proferita.
Indelebile rimarrà l’urlo della popolana Pina prima di cadere a terra fucilata dai nazisti, nel tentativo estremo di salvare suo marito. Quell’urlo, che sembra risvegliare il mondo del cinema all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, ha avuto un’eco così forte che persino Giuseppe Ungaretti gli ha dedicato una poesia. La popolare Pina – cui Anna Magnani presta il volto in Roma, città aperta, la pellicola di Roberto Rossellini del 1945, simbolo assoluto del cinema neorealista – è in realtà la calabrese Teresa Gullace, donna realmente esistita, morta per mano nazista mentre tentava di parlare con il marito.
Roberto Rossellini, è stato anche il suo più grande amore dopo il marito Marcello Alessandrini, interrotto però dall’arrivo di Ingrid Bergman, conosciuta dal regista sul set di Stromboli, mentre Anna Magnani, a pochi passi, sullo stesso sfondo delle isole Eolie, stava girando Vulcano con William Dieterle. Le loro vite, nonostante l’amore finito, si intrecciano nuovamente anni dopo, quando al capezzale di Anna Magnani, c’è proprio lui, Roberto Rossellini, al fianco del figlio dell’attrice.
Salutata dal russo Jury Gagarin, il primo uomo nello spazio, che disse: «Saluto la fraternità degli uomini, il mondo delle arti e Anna Magnani», l’attrice, con 46 pellicole registrate e innumerevoli riconoscimenti a livello internazionale – tra cui, oltre l’Oscar, anche un Golden Globe, 5 Nastri d’Argento e 2 David di Donatello –, è anche tra le poche personalità italiane ad avere una stella sulla Walk of Fame di Hollywood.
Vissuta nella centralità della figura femminile – Anna Magnani (cognome della madre, poi trasmesso a suo figlio) era figlia di ragazza madre e ha trascorso parte della sua infanzia con la nonna materna – diceva di sé di essere una donna con dentro «tante figure, tante donne», che aveva «bisogno di incontrare» affinché fossero vere. E così quelle tante donne le ha interpretate: non è stata solo la ribelle Pina mossa dal desiderio di disobbedienza e da un amore tanto disperato, ma anche la sfrontata e passionale prostituta in Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini, la ribelle Angelina in L’onorevole, la ex diva che non sa rassegnarsi, presuntuosa e capricciosa in La Sciantosa per il ciclo Tre Donne di Alfredo Giannetti, Lady Torrance al fianco di Marlon Brando in Pelle di serpente.
Attrice davvero moderna, ha anche contribuito ad abbattere i cliché della bellezza a tutti i costi, dimostrandosi sempre capace di interpretare la forza primordiale della donna del popolo, una donna qualunque, non diva, quale era lei. Come quando al suo truccatore disse: «A Peppì, nun me coprì quelle rughe che c’ho messo ‘na vita a fammele!». E sono state probabilmente la sua storia inquieta e amara e la sua energia vitale a costituire gli ingredienti segreti che l’hanno fatta diventare il mito che conosciamo noi oggi, trasformandosi in pura forza iconografica, che supera ogni tentativo di descrivere e mettere in parole ciò che Anna Magnani ha rappresentato.
La sua ultima comparsa è stata affidata a Federico Fellini: il film è Roma, del 1972, in cui è condensata tutta l’umanità di Nannarella. La famosa scena del portone è accompagnata dalla voce di Federico Fellini: «Anna Magnani è un’attrice romana, simbolo stesso di Roma, vista come lupa e vestale, aristocratica e stracciona, tetra, buffonesca, potrei continuare all’infinito». Poi, il sorriso di Anna Magnani che, rivolgendosi proprio al regista, gli dice: «Federì, vattene a dormì». «Posso farti una domanda?», insisteva Fellini. «No, non mi fido. Buonanotte».
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