“Perché il più popolare degli uomini politici degli ultimi vent’anni è stato fatto fuori dal più impopolare degli uomini politici degli ultimi vent’anni?” A questa domanda, formulata da Massimo D’Alema, tenta di rispondere “I segreti del Conticidio”, l’ultimo libro di Marco Travaglio (Paperfirst). Il saggio ricostruisce le tappe della defenestrazione di Giuseppe Conte e svela i retroscena, venti “Moventi e mandanti”, del progetto di regalare all’Italia, dopo l’infausta coalizione giallorossa, il ‘governo dei Migliori’, un’oligarchia di spartiati, ‘uguali’ fra loro e superiori agli altri.
Il ‘golpe bianco’ prevede la spaccatura dell’alleanza PD e 5 Stelle stretta intorno a Conte, la riconduzione del PD nell’Ancien régime e l’assegnazione del compito di utilizzare i 209 miliardi ad un gruppo di tecnocrati, espressione di poteri forti intramontabili. L’incoronazione di Mario Draghi, Salvator mundi, è lo scontato epilogo.
Non c’è stata un’ascesa di Conte e, a seguito di un dimostrato malgoverno, una sua caduta, come sarebbe normale in qualunque paese democratico del globo terracqueo: la salita e la discesa del leader pugliese sono contestuali, a partire da una data precisa: la notte tra il 20 e il 21 luglio 2020, quando l’”avvocato del popolo” insacca dalla prudentissima ed oculatissima Europa i 209 miliardi del Recovery Fund. Il putsch anti Conte ha un esecutore materiale, l’inossidabile rottamatore con il vizietto del tradimento (“Enrico, stai sereno!”, rimarrà nell’annalistica dei voltagabbana) e un mandante oscuro, una lobby finanziario-politico-giornalistica che ha architettato nelle retrovie il siluramento. Il machiavellico Principe di Rignano, più che “golpe e lione”, è un hochstapler (Barbara Spinelli), un impostore, nemmeno sopraffino, che si spaccia per artifex superioris societatis. È la mens agens a turbare di più. Il giornalismo mainstream che, tradita la ricerca della verità, suo fine ultimo, compie un gioco al massacro per picconare e disarcionare dalla sella il premier in carica.
Modellato sullo schema narrativo del più noto romanzo di Agatha Christie “Assassinio sull’Orient Express“, I segreti del Conticidio” é un giallo politico. Come Hercule Poirot individua dodici indiziati del delitto Ratchett, tutti animati da un potenziale movente, così Travaglio, nei panni di detective, registra quattro tentativi di conticidio.
Il primo è operativo fin dagli albori del governo gialloverde. Si getta discredito sull’homo novus della politica italiana e si raspa tra presunte gonfiature del suo curriculum vitae e si rovista tra eventuali irregolarità del suo passato di avvocato. La trombatura sulla carta dell’antieuropeista Savona, idealpromotore del “cigno nero”, un’Italexit, ibrida imitazione della Brexit, ritarda il giuramento del Conte -1, dopo cinquant’anni, “il governo più antisistema” del nostro Paese, – osserva lo scrittore.
Il secondo tentativo, nell’agosto del 2019, ha il suo apice nei fendenti elargiti Savini dal Papeete Beach e nelle irrevocabili dimissioni di Conte.
L’araba fenice risorge, tuttavia, in un’inedita variante. Il 5 settembre 2019, si inaugura il Governo giallo-rosso, una coalizione di 5 Stelle, PD, LeU. La mano armata è Matteo Renzi, che teme l’accelerazione dell’altro Matteo verso nuove elezioni, avendo in mente la scissione dal PD, cosa che realizza qualche giorno dopo, quando fonda Italia Viva. La neonata compagine appoggia il Conte bis.
Il terzo attacco al Premier si svolge in più puntate e con varie modalità. Il depistaggio dell’avvocato siciliano Piero Amara sull’affaire Acqua Marcia, le elezioni regionali in Emilia Romagna a rischio sia per i 5 Stelle, in caduta libera, sia per il PD, in costante débâcle. A questo punto il solito Matteo è pronto ad assestare la spallata definitiva al Conte – 2, indigesto per la riforma Bonafede sulla sospensione della prescrizione dei reati dopo le sentenze di primo grado e per la ‘legge manette agli evasori”. Il terzo Conticidio è rimandato, causa pandemia.
Nell’”ora più buia della Repubblica”, a partire dai primi di marzo del 2020, secondo Travaglio, si cementa il rapporto di fiducia tra opinione pubblica e leader, contestualmente, si appuntiscono gli strali dei giornaloni lobbisti per colpire il Primo ministro.
Al di là dei meriti politici, ottenuti da “Giuseppi”, soprattutto nell’ammorbidimento della linea rigorista, capeggiata dalle nazioni dell’Europa del Nord e che, fin alla catastrofe COVID -19, aveva dettato la politica economica europea (lo strangolamento della Grecia con la Trojka, ne è un esempio!), l’autore riflette sul pericoloso asservimento dei media ai “cavalieri Gedi”, sul prevalere della “politica delle larghe imprese” che si muovono a testuggine contro il Conte -2, ritenuto poco malleabile e influenzabile.
Napoleone, che di nemici se ne intendeva, auspicava “è molto meglio aver nemici dichiarati che amici celati”, all’avvocato del popolo i nemici non mancano e nemmeno gli amici celati, ma quelli di cui più abbonda sono i tirapiedi. Durante l’estenuante battaglia per l’approvazione del Recovery Fund, dalle colonne dei giornali, i menagramo italici danno fuoco alle polveri. L’ironia del Direttore del Fatto raggiunge virtuosistiche vette negli affondi contro alcuni colleghi, “trombette dei loro padroni”, penne manipolate dal potere, che fanno da controcanto al resoconto documentato dei successi personali raccolti a Bruxelles dal Capo del Governo. Ciò che stride – commenta Travaglio – è la discrasia tra “la stampa e la cancelleria estere che si complimentano per l’abilità negoziale e i giornali italiani…che fanno acrobazie spericolate per far sparire Conte dai titoli di testa”, proprio nel momento in cui, citando uno dei padri nobili fondatori dell’Europa, Jacques Delors, “il fiore della speranza è stato ricollocato al centro del giardino europeo”.
È il metodo della mistificazione dei fatti che fa inalberare il Direttore. La faccenda della liberazione dei pescatori italiani ostaggio in Libia, un’indubbia vittoria del Governo e dei Servizi Segreti, si trasforma, inspiegabilmente, in un elemento di destabilizzazione geopolitica del quadrante nordoccidentale del Mediterraneo.
Nel frattempo, ad ottobre 2020, è stata elaborata la prima bozza del Pnrr. Il giornalista dettaglia sul numero degli incontri (21) della Task Force preposta e sull’approvazione in Parlamento dei punti programmatici in corrispondenza con le sei mission indicate dall’Europa. Dunque i lavori fervono, ma la seconda ondata pandemica rallenta la tabella di marcia.
Mentre Conte è ancora in sella, a detta dello scrittore, la macchina dei sostenitori di Draghi inizia a carburare i motori. La griglia di partenza è il meeting ciellino di Rimini dal 18 agosto. Il discorso di SuperMario, ricco di allusioni, apre la stagione ad “apostoli, discepoli, agiografi… adoranti come i seguaci del finto Messia” di Monty Python (115). Si ventila, si annuncia sottovoce l’avvento di Draghi. Due colpi di scena, il “profetico” fuori-onda del deputato leghista Paolo Grimoldi, intercettato durante una riunione del 21 ottobre 2019 al Pirellone, in cui si fa menzione di un eventuale accordo Salvini-Renzi per pugnalare nella culla il Conte bis, e il faccia a faccia del dicembre 2020 fra Draghi e D’Alema, nell’appartamento romano dell’ex Presidente BCE per pianificare il dopo Conte.
I capitoli centrali del testo sono la cronaca di una morte annunciata. Come nel romanzo di Garcia Marquez, i gemelli Vicario affilano i coltelli per far fuori Santiago Nasar, così il Rignanese olia le armi per l’attacco finale. Si passa dalla “Guerriglia” alla “Guerra” aperta, dalle macchinazioni in autogrill (l’abboccamento Renzi-Mancini, Capo controspionaggio Sismi), al balletto di “Responsabili e Irresponsabili” (dicembre-primi di gennaio). Infine le dimissioni di Conte con il trionfo di “Demolition Man”, celebrato dai vati nostrani, mentre all’estero, ancora una volta, non si comprendono le ragioni della crisi italiana, se non rintracciandole nell’ambizione personale di un mezzoleader intenzionato ad ampliare il suo misero gradimento elettorale. Gutta lapidem cavat è motto evidentemente caro al neocapo di Italia Viva che, con uno stillicidio costante, riesce a perforare la roccia del consenso (56%) intorno al Presidente, espressione di una schiacciante maggioranza parlamentare. Il mese di gennaio va in scena un teatrino in cui, nell’ordine, seguono l’ipotesi di un rimpasto con una sostituzione delle due ministre in quota IV, di un Conte-3, con ben tre ministeri assegnati ad IV come premio del tradimento perpetrato, fino al Conticidio del 2 febbraio. Il Premier apprende dalla TV che è nato il Governo dei Migliori.
Ad onore del vero, esistono, oltre Il Fatto, altre voci fuori dal coro di unanime peana nei confronti dell’ex Presidente della BCE: Gustavo Zagrebelsky, Paul Ginzborg, Sandra Bonsanti e altri intellettuali firmano un “Appello di Libertà e Giustizia” in cui denunciano che “il secondo governo Conte è stato oggetto di un’imboscata” e che l’ascesa di Draghi segna una “radicale delegittimazione del ceto politico, nella sua totalità”; parimenti sconcertante è “l’assenza di opposizione” e l’abnegazione supina degli organi di informazione impegnati ad esaltare Draghi come “l’uomo della Provvidenza”.
Come in un giallo che si rispetti, il “Verdetto” è rimandato ai lettori. Si è proprio sicuri che “la vittima del Conticidio sia davvero morta?” O piuttosto, in un magistrale coup de théâtre, il classico maggiordomo (Renzi) sia stato eliminato al posto dell’assassinato? La beffa più divertente di tutto questo brutto pasticciaccio nostrano è che il gabbatore è stato gabbato.