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Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza viene dipinto dai grandi organi di stampa come un generoso regalo dell’Unione Europea, grazie al quale si potrà accelerare nel processo di integrazione superando tanto la crisi sanitaria quanto le fragilità ataviche della Nazione. In realtà, dietro i “sogni di gloria” rischiano di celarsi ulteriori cessioni di sovranità che potrebbero dare il colpo di grazia all’Italia, coronando un processo iniziato con le privatizzazioni degli anni ’90 che videro proprio Mario Draghi tra i protagonisti. Cavalcare le “transizioni” ecologiche e digitali senza porre concretamente al centro lo sviluppo del territorio e il protagonismo di colossi nazionali come Eni, Enel e Terna vorrebbe dire sparire ulteriormente dalla scena internazionale, in favore delle grandi multinazionali (americane e cinesi in primis), del mondo tecnico-finanziario e del pensiero individualista e neo-liberale ormai dominante in tutto l’Occidente. Il libro Destino Nazionale Vs Vincolo Europeo (Eclettica Edizioni, Massa 2021, presentazione di Augusto Sinagra, prefazione di Francesco Carlesi), quarto volume promosso dall’Istituto «Stato e Partecipazione», nasce proprio per sottolineare le criticità degli anni che ci aspettano.
Il primo saggio (firmato dal professor Daniele Trabucco e da Camilla Della Giustina) analizza con acume scientifico lo svuotamento del diritto nazionale e della Costituzione economica effettuato negli anni da parte delle istituzioni europee. L’impostazione hayekiana che si è spesso ravvisata dietro i provvedimenti dell’Ue, descritta con ricchezza di riferimenti nel testo, ha dato vita ad un cambiamento epocale, che possiamo riassumere con le parole dei due autori: «Lo scarto che il neoliberismo determina rispetto al passato consiste non solo nel fatto che il giuridico è divenuto oramai un momento dell’economico, ma anche che le strutture politico-istituzionali (sia degli Stati, sia delle organizzazioni sovranazionali come l’Unione Europea) vengono utilizzate dalle élites detentrici del potere economico-finanziario quali strumenti per aprire nuovi spazi sociali alla libera concorrenza ed alla governance aziendalistico-imprenditoriali. Viene meno, dunque, il compito degli ordinamenti statali di rimuovere gli ostacoli di ordine economico-sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona e l’effettiva partecipazione dei lavoratori all’organizzazione politica ed economica del Paese (per parafrasare l’art. 3, comma 2, della Costituzione italiana vigente), poiché loro priorità è ora dare fondamento e copertura giuridica alla libera azione degli attori economici più che operare scelte complessive funzionali ad instaurare un preciso assetto sociale»
Le colpe della crisi italiana chiaramente non sono da addebitarsi esclusivamente a ingerenze esterne. Dilettantismo, “auto-razzismo” e scarso senso dello Stato hanno favorito quella scomparsa dell’Italia industriale di cui oggi paghiamo le conseguenze. L’affascinante saggio del professor Gian Piero Joime descrive passo passo le difficoltà italiane negli scenari energetici internazionali, partendo da un’accurata descrizione delle linee guida del piano di ripresa. Tra riflessioni, dati e statistiche, emerge con forza l’idea che un ritorno della sovranità industriale nei campi dove si giocheranno le sfide dell’innovazione dei prossimi decenni sarà l’unica ancora di salvezza per una penisola immersa in un declino sempre più tragico.
L’ultimo contributo di Elisabetta Uccello è una spietata critica delle rigidità e dei parametri europei, attraverso le lenti di quella Teoria Monetaria Moderna che è stata citata dallo stesso Draghi all’inizio della crisi pandemica. L’autrice descrive dettagliatamente il Piano con tutte le sue luci e soprattutto ombre, tratteggiando un cammino che sembra portare inesorabilmente verso gli Stati Uniti d’Europa, colpendo a morte le peculiarità dei popoli e dei loro modelli sociali.
In definitiva, questo libro punta ad animare un dibattito sul Piano di recupero e l’Unione Europea che vada oltre le semplificazioni dei media e dei social, proponendo al contempo idee e soluzioni per un riscatto di un’Italia martoriata. La riscoperta della Nazione come destino comune, la valorizzazione delle peculiarità italiane e il ritorno dello Stato nel senso nobile del termine, sul piano economico, sociale e politico dovranno essere le prime “armi” di una lunga battaglia culturale. Per sconfiggere non solo i vincoli esterni ma anche quelli interni, propri delle classi dirigenti globaliste che sembrano tifare per la scomparsa del popolo italiano e della sua storia.