Pubblichiamo l’introduzione di Roger Scruton, intellettuale conservatore di levatura mondiale, al saggio “Critica della ragione tecnica” dell’intellettuale meridionale Luigi Iannone, tra i più lucidi interpreti del pensiero reazionario italiano. Il volume si può acquistare da questo link.
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In questo libro Luigi Iannone affronta una delle grandi e più complesse tematiche della filosofia moderna: la questione della tecnica.
È difficile dire in quale preciso momento i filosofi abbiano assunto piena consapevolezza della ragione strumentale, non solo come applicazione della ragione ai problemi della vita umana ma in quanto visione di un mondo totalmente soggiogato. Kant aveva già avuto una intuizione rispetto alle forze che potevano essere messe in gioco, quando mise in evidenza che vi sono cose di questo mondo che devono essere trattate come fini e mai solo come mezzi – e le persone ne sono il primo esempio. Tuttavia il filosofo di Königsberg non esplorò ciò che succede nel momento in cui la ragione strumentale invade tutti quei luoghi sacri dove in passato si rivelava e si esercitava la personalità.
Hegel fu più consapevole del problema, ma le critiche al capitalismo del XIX secolo – e soprattutto analisi critiche come quelle di Marx che partono da Hegel e Feuerbach – furono sempre più rivolte a esplorare il cambiamento compiutosi per l’appunto nell’anima dell’uomo a causa dell’abitudine di vedere tutte le cose come mezzi, e niente come fine in sé.
La critica della ragione strumentale è stata poi nel XX secolo riformulata varie volte (con Adorno e Horkheimer da sinistra, e Oakeshott e Scheler da destra) in un confronto continuo con il complesso mondo del modernismo, del meccanicismo e del progresso tecnologico.
Ma è in Heidegger che questa tematica assume allo stesso tempo proporzioni raccapriccianti e profetiche, come se una divinità antica fosse apparsa tra noi con i suoi avvertimenti oscuri, come accade con Erda in Das Rheingold.
Negli arguti attacchi all’economia consumistica di Galbraith in America, Baudrillard in Francia e Naomi Klein in Canada, troviamo ancora un altro tentativo, questa volta più tenue, di dimostrare che continua a mancare sempre qualcosa in un mondo nel quale tutto è un mezzo, e niente un fine in sé.
E allora: qual è l’alternativa? Come possiamo ritrovare la strada del ritorno dal dominio della tecnica? E come possiamo farcela, ora che le macchine e gli oggetti sono sul punto di prendere il sopravvento su ogni cosa e su tutti noi?
In questo libro intenso, ricercato ed efficacemente esposto, Iannone esamina tale problema, dimostrandoci che la risposta non va ricercata nella politica o nell’economia perché tutti gli approfondimenti critici esistenti sembrano aver ignorato la dimensione del sacro, un concetto fondamentale di cui l’umanità ha sempre bisogno. Come sostiene Iannone, ciò di cui sentiamo la necessità non è “liberarci” dalle macchine; anzi, è proprio questo bisogno imperioso e moderno di liberazione che ci ha invece sottomesso al potere del modello meccanicista. Se crediamo che niente è sacro e tutto può essere cambiato, inclusi i nostri valori, allora rinunciamo a quella posizione dalla quale può scaturire la vera libertà. La liberazione, portata all’estremo, significa infatti perdita dei fini, dei limiti, dei confini, e in un mondo senza fini, tutto è un mezzo e niente ha un significato.
Al contempo, Iannone ci mostra che è forse ancora possibile ragionare in un altro modo e far posto nelle nostre vite alla ragione nella sua forma veramente umana, intesa come criterio per consacrare il mondo e coglierne il suo vero significato.
Questo è un libro per il nostro tempo, ed è un libro che dà valore alla ricerca filosofica.