Roberto Riccardi spazia agilmente tra narrativa noir, saggistica, attualità. La varietà dei temi, arte e letteratura, ebraismo e Shoah, sottintende un comune metodo euristico, orientato all’approdo alla verità attraverso documenti ed atti. L’ultimo suo lavoro, in questi giorni in libreria, è Cuore di campione (Giuntine), una biografia articolata e dettagliata di Ludwig Guttmann, il neurologo ebreo-tedesco che ha compiuto una rivoluzione epocale nella cura dei traumi del midollo spinale utilizzando lo sport come terapia riabilitativa. Il libro cementa la collaudata collaborazione di Riccardi con la Giuntina, casa editrice fondata nel 1980 da Daniel Vogelmann e specializzata nella diffusione della cultura ebraica a partire dalla pubblicazione di La notte di Elie Wiesel.
Viene ricostruito il contesto storico in cui avviene la formazione del protagonista: l’età dei nazionalismi e degli imperialismi, dello stragismo anarchico, dei pogrom e del montante antisemitismo, dell’ombra del kahal, il sinedrio internazionale dei Giudei deciso a sovvertire le liberaldemocrazie e ad instaurare una dittatura mondiale. Ludwig Guttmann assapora il fiele dell’odio razziale. “Dannato ebreo” – così viene apostrofato da un compagno di classe con cui aveva intrattenuto fino ad allora ottimi rapporti.
C’è un momento nella vita in cui ciascuno intravvede, limpido, il proprio futuro. E’ successo anche a Ludwig con la Grande Guerra.
Il Blitzkrieg, trasformatosi ben presto in una logorante guerra di trincea, infranse i sogni di gloria di una generazione di giovani tedeschi. La Germania si trovò, così, a fare i conti con l’umiliazione della sconfitta e con la piaga sociale dei reduci e Guttmann a misurarsi con la sofferenza e il dolore. Simeone il Giusto, pilastro dell’etica ebraica, fa reggere il mondo su tre elementi: la Torah, il servizio di Dio e l’amore verso i deboli. Sono proprio i tre principi che ispirano la vita del protagonista. Poi, c’è la sorte. Il “destino che cammina sui piedi degli uomini” (Talmud Babilonese) guida il ragazzo prima a Breslavia, capoluogo della Slesia, ove egli si laurea, a Wurzburg, a Friburgo, ad Amburgo. Il cerchio si chiude con il ritorno a Breslavia.
Ai colpi della fortuna non si sfugge, e anche l’”uomo buono” (traduzione dal tedesco di Guttmann) non si sottrae alle sortite della dea bendata. La proverbiale saggezza del re Salomone riuscì sicuramente irrobustita quand’egli maturò la consapevolezza che forze oscure, a cui è inutile opporsi, governano gli uomini. Invano il sovrano tentò di salvare dalle grinfie dell’Angelo della Morte i suoi scribi più bravi, spedendoli a Luz: proprio lì la Signora armata di falce attendeva a braccia aperte Elihoreph e Ahyah. Questo apologo biblico citato dall’autore riporta alla mente un altro Angelo vendicatore in uniforme sormontata da croci uncinate e schinieri che tenne in scacco l’Europa per poco più di un decennio.
Sul piano inclinato della Storia si succedono, infatti, eventi sempre più drammatici. Il pangermansimo castigato dall’esito del primo conflitto alimenta l’insorgere dell’ideologia nazista. Ancora una volta l’Ebreo maligno e cospiratore è il capro espiatorio da abbattere. Intorno a questo banale cliché si costruisce il totalitarismo più feroce del Novecento. “Nemmeno un capello sia torto agli Ebrei”, giura Hitler, neoeletto cancelliere il 30 gennaio del 1933. Mai credere alla parola di un invasato, obietterebbe chiunque sia dotato di un briciolo di buon senso! Già nel marzo dello stesso anno inizia, infatti, un’escalation che s’impenna con con le Leggi di Norimberga e raggiunge il parossismo nella furia della Notte dei Cristalli. Molti intellettuali e scienziati giudei lasciano il Terzo Reich, ma Guttmann decide di bere “fino alla feccia” l’amaro calice della ferocia. E’ il 1939, i provvedimenti antisemiti lo hanno costretto a curare solo persone della sua “razza”, quando il neurologo diventa inconsapevole “strumento diplomatico” con cui il Reich si accredita presso le destre europee. Joachim von Ribbentrop intercede perché l’israelitico luminare voli a Lisbona a servizio di Salazar. E’ la spinta per emigrare sulle sponde del Tamigi. Venti di guerra spazzano l’Europa. In un batter di ali Polonia, Norvegia, Danimarca, Belgio, Olanda, Francia sono piegate dalla Wehrmacht. Nella “battaglia d’Inghilterra”, la Luftwaffe scarica dal cielo tonnellate di bombe. Mentre sul suolo germanico prende corpo l’Aktion T4, il progetto di eugenetica del Fuhrer, che mira alla sterilizzazione e all’eliminazione di storpi e malati di mente, la “logica della vita” prevale nella terra di Albione. Le alte sfere militari britanniche chiedono all’esule di dedicarsi alle migliaia di soldati alleati feriti sui vari fronti europei. Ancora una volta Guttmann è l’uomo giusto al momento giusto. La sua fede, “chi salva una vita, salva il mondo”, scolpita nel Talmud, lo motiva ad abbandonare una comoda e luminosa carriera ad Oxford e ad approdare a Stoke Mandeville, un centro per disabili, nella ridente campagna inglese.
Non c’è condizione clinica che non può essere trattata, secondo il Poppa (così la chiamano affettuosamente i suoi collaboratori!). Se fino a quel momento circa il 65% dei mielolesi moriva entro tre settimane dalle lesioni, grazie al metodo Guttmann i numeri si riducono drasticamente. La terapia è sbalorditivamente semplice: girare gli assistiti ogni due ore nei loro letti, rimetterli in piedi quanto prima, portarli in palestra, assegnare loro un compito. “Non c’è un dannato momento per essere malati in questo dannato posto!” diventa il motto in voga tra i ricoverati di Stoke Mandeville, che arrivano a frotte specialmente dopo il D-Day.
Mentre a Londra si aprono le Olimpiadi del 1948, a Stoke Mandeville si schierano in cortile quattordici uomini e due donne che competono in vari sport. Dal 1952 sventolano nello stesso cortile bandiere di altre sei nazioni. Ma la vera svolta avviene nel 1960, quando la tenacia del medico tedesco si sposa con la determinazione del dottore barese Antonio Maglio: nascono allora le Paralimpiadi.
Il libro, che ripercorre gli ulteriori traguardi raggiunti dallo specialista ebreo, è un’occasione per riflettere sulla diversabilità, come momento di riscatto. La frase-shock, velata di cinismo, pronunciata da Guttmann in varie conferenze, “trasformare mielolesi privi di speranza in contribuenti del fisco” rivela che dal suo “umanesimo scientifico” è bandito ogni pietismo. L’impiego dei disabili è un investimento economico per i Paesi moderni. “Lo Spirito di Mandeville” ha seminato e germinato. Alex Zanardi, citato dall’autore nel prologo, e Bebe Vio, intervistata a conclusione del libro, ne sono un esempio significativo.
Cecilia Pignataro