«Alessandro Zan? Fugge dal confronto come un leprotto. Il Pd? Non perve- nuto. Né prima con Zingaretti, né ora con Letta, che pure si è intestato l’epica battaglia per la parità di genere tra i capigruppo. Le donne dem? Allineate e coperte dietro i capibastone, con la sola, meritoria eccezione di Valeria Valente, oggetto di shit- storm e manganellate digitali sui social insieme a Paola Concia, che si è permessa di aver sollevato dubbi sull’ opportunità di includere la misoginia tra i crimini perseguibili dalla legge, approvata alla Camera e ora all’esame della commissione Giustizia al Senato».
È una calma incandescente quella di Marina Terragni, giornalista, scrittrice, femminista da decenni in prima linea nella difesa dei diritti delle donne. Che punta il dito sul meccanismo dell’inversione dell’onere della prova politicamente corretta: «Costringere chi si azzarda a criticare un testo pensato male e redatto peggio a discolparsi dall’accusa di essere omofoba e transofoba». (da La Verità)